Sul referendum costituzionale ci sono novità importanti. Anzitutto è stato costituito il Comitato della società civile per il No presieduto da Giovanni Bachelet, che si affiancherà a quello dei magistrati dell’Anm e si raccorderà con i partiti che hanno promosso il referendum contro la legge Nordio che arriva a modificare la Costituzione pur di intaccare l’indipendenza della magistratura.
Il Comitato presentato il 19 dicembre alla stampa ha convocato un importante appuntamento: un’assemblea nazionale il 10 gennaio, che sarà sia l’occasione per presentare le ragioni del No che per allargare il nucleo promotore del Comitato a tutte le associazioni che aderiranno e a personalità ed esperti disposti ad impegnarsi nel convincere elettrici ed elettori che la sfida del referendum è cruciale e non riguarda solo i magistrati ma tutti i cittadini, il futuro stesso della Costituzione e della nostra democrazia.
È evidente che l’assemblea del 10 gennaio deve registrare un successo se si vuole che la campagna per il No prenda la forza necessaria. Quindi, tutti dobbiamo contribuire per raggiungere un risultato significativo.
Inoltre la presentazione in Cassazione di un nuovo quesito referendario da parte di un gruppo di cittadini per il referendum sulla legge Nordio offre un’opportunità che va colta. La presentazione di una nuova richiesta di referendum costituzionale blocca anzitutto il tentativo del governo di fare un blitz per anticipare il più possibile la data del voto (ne ha parlato Nordio) perché ora si dovrà attendere il 30 gennaio per fissare la data del voto, come del resto prevede la legge.
Va quindi sostenuta la raccolta delle firme, non tanto per ottenere il referendum, che come sappiamo è già stato chiesto dai parlamentari, ma per contribuire alla campagna elettorale per il No, per fare valere le ragioni contro la riforma Nordio e per invitare alla partecipazione attiva, fino al voto.
Esautorato il Parlamento, il governo all’attacco
La partecipazione attiva è una chiave fondamentale per ottenere il risultato di fermare la legge e nelle prossime settimane va fatto tutto il possibile, e anche di più, per mobilitare e convincere elettrici ed elettori a partecipare al voto, a non astenersi, perché il risultato in un referendum costituzionale come questo dipende direttamente da chi avrà più voti in quanto non esiste quorum di validità: chi ha la maggioranza dei voti vince il referendum. Dobbiamo usare questo argomento in tempi di astensione crescente e di distacco dei cittadini dalla partecipazione attiva insistendo sul fatto che chi va a votare decide il risultato.
Del resto il governo ha talmente voluto la legge Nordio da imporla al Parlamento impedendo qualunque modifica nei 4 passaggi previsti per l’approvazione di modifiche della Costituzione. In questo modo ha compiuto una scelta grave che in pratica riduce il Parlamento a un ruolo di mera ratifica delle decisioni del governo per di più su una materia costituzionale che richiederebbe un consenso più largo della maggioranza. Insomma, il centrodestra ha approfittato del premio di maggioranza del 59% regalato dalla legge elettorale a una coalizione che ha ottenuto solo il 44% dei voti.
I tre obiettivi della destra per stravolgere la Costituzione
Per tutte queste ragioni sarebbe un grave errore sottovalutare questo appuntamento referendario. La maggioranza di destra ha tre obiettivi di fondo tra loro collegati, ciascuno sostenuto da ogni settore della destra. Ora è in campo l’attacco al ruolo della magistratura, ma è evidente che se il governo verrà sconfitto avrà difficoltà anche sul premierato, cioè sull’elezione diretta del capo (di qui “capocrazia”) che accentrerebbe i poteri nella figura del presidente del Consiglio. La discussione che è iniziata sulla legge elettorale conferma che il governo vuole ottenere una maggioranza di parlamentari anche senza averne una nelle urne e per di più vorrebbe indicare il capo del governo sulla scheda. Una sorta di antipasto del premierato che però cozza con la Costituzione e i poteri che essa assegna al presidente della Repubblica a cui spetta il compito di nominare il presidente del Consiglio. Il premierato infatti riduce drasticamente il ruolo del Parlamento e toglie poteri al presidente della Repubblica.
A questo si aggiunge l’autonomia regionale differenziata che è stata duramente sanzionata dalle sentenze della Corte costituzionale ma che il ministro Calderoli, su delega di Giorgia Meloni, sta cercando di aggirare. Ad esempio i preaccordi con 4 regioni (governate dalla destra) sono identici facendo venire meno 2 requisiti pretesi dalla Corte: la dimostrazione che le funzioni richieste hanno vere motivazioni nella singola regione e che non siano messi in discussione i diritti dei cittadini delle altre regioni, ma appunto i protocolli sono identici. Anche la protervia del governo nell’insistere perfino contro le sentenze della Corte costituzionale conferma che occorre che vengano tenuti presenti anche gli altri obiettivi del governo nel momento in cui si andrà alle urne sul referendum sulla magistratura.
In sostanza le destre confermano che vogliono stravolgere la Costituzione democratica ed antifascista per riscrivere le regole su punti fondamentali. Questo potrebbe essere solo l’inizio di una deriva accentratrice ed autocratica della nostra democrazia che assomiglierebbe così all’America di Trump e all’Ungheria.
L’intolleranza di Meloni per i contrappesi istituzionali
Perché questo attacco all’indipendenza della magistratura? Perché il governo ha un’evidente vocazione a forzare la mano, ha un’intolleranza nei confronti del dissenso e ancora di più per i contrappesi istituzionali e per questo tenta di interpretare le leggi in modo distorto. Ogni volta che i magistrati intervengono per difendere diritti fondamentali delle persone il governo, a partire da Giorgia Meloni, grida che c’è un’invasione di campo nella politica. Emerge una concezione delle regole che non porta al loro rispetto ma al loro stravolgimento.
Questo è avvenuto sul ponte Messina-Reggio Calabria tentando di non rispettare regole nazionali ed europee, anche se alla fine il governo ha dovuto piegarsi alle ragioni dei magistrati contabili della Corte dei Conti. È avvenuto sui migranti negando il rispetto dei diritti delle persone e ostacolando i salvataggi in mare, con lo spreco e l’assurdità dei centri in Albania. E avviene in tanti altri campi in cui la magistratura ha il dovere di intervenire per svolgere il suo ruolo. Questo infastidisce il governo Meloni che vuole avere le mani libere per decidere quello che vuole senza controlli e condizionamenti.
L’attacco del governo alla magistratura punta a indebolirla a renderla subalterna per ottenere mano libera nelle decisioni. È una grave manomissione della Costituzione. Con veri e propri atti di bullismo istituzionale verso la magistratura il governo attacca direttamente l’equilibrio dei poteri della nostra democrazia come è stata disegnata dalla nostra Costituzione antifascista.
Csm, un sorteggio che è un caso unico
Il vero oggetto del referendum è in parte nascosto e incomprensibile, il quesito costruito sul titolo dato da Nordio alla legge è oscuro. Ad esempio la separazione delle funzioni è ormai in essere visto che i passaggi da giudice a pm e viceversa possono avvenire una sola volta durante la carriera e oltretutto ogni anno sono 20/30 su 9000 i magistrati che chiedono di poterlo fare. E allora: che senso ha amplificare al punto da voler cambiare la Costituzione? Il vero obiettivo dell’attacco è ridurre drasticamente il ruolo del Csm come rappresentanza di tutti i magistrati per dividerlo in 3 parti: un Csm dei pm, uno dei giudici e una nuova Commissione disciplinare che per di più riguarderebbe tutti i magistrati ordinari e nemmeno prevede la possibilità di ricorso sulle sue decisioni, unico caso in tutto l’ordinamento costituzionale.
Particolarmente grave è il sorteggio dei soli componenti della magistratura dei 2 Csm, in modo da ridurre drasticamente la loro capacità di auto rappresentanza. Questa non è una riforma della magistratura, è uno stravolgimento del ruolo dei magistrati che devono poter svolgere il loro lavoro in modo pienamente indipendente, senza condizionamenti del governo.
Nei prossimi mesi occorre fare crescere una forte iniziativa per contattare elettrici ed elettori, per fare conoscere, per mobilitare le persone su questi temi. L’esito del referendum, infatti, sarà dirimente per il futuro della nostra democrazia. Si tratta di una battaglia non facile ma è possibile vincerla. Altrimenti l’Italia futura sarà molto peggio.



