Non avere cambiato la legge elettorale in tempo prima delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre obbliga tutti a fare i conti con quella in vigore.
In ogni situazione i soggetti politici debbono fare i conti con la situazione reale, altrimenti si è destinati a gravi insuccessi.
In questa tornata elettorale, a causa della ritrovata compattezza delle forze di destra e della scomposizione dell’aggregato politico e sociale realizzato dai 5 Stelle nel 2018, massimo è il rischio che nel maggioritario il centro-destra possa fare cappotto assicurandosi gran parte dei 147 seggi della Camera e dei 74 del Senato.
L’esperienza delle elezioni in Sicilia del 2001 dove il centrosinistra perse per 61 a 0 ci insegna che è sempre possibile che un solo soggetto conquisti il 100% dei seggi nel maggioritario.
Gli effetti negativi di questa pessima legge elettorale, per di più, sono esaltati dal taglio di un terzo dei parlamentari, visto che in due anni non sono state approvate le modifiche della Costituzione ritenute indispensabili per arginare la compressione del pluralismo nella elezione del Senato.
Il 25 settembre ci sarà un voto unico per il maggioritario e per la circoscrizione proporzionale con liste bloccate. Se all’unico candidato della destra, si contrapporranno più candidati di altre forze politiche, l’esito sarà scontato.
A farne le spese sarebbe la Costituzione perché una rappresentanza politica, gonfiata molto a di là della volontà espressa dal corpo elettorale, avrebbe la forza necessaria per calpestare la Costituzione formale e modificarla radicalmente, introducendo il modello ungherese o polacco della “democrazia illiberale”, che tanto attrae i leader della destra, o smembrando la Repubblica tramite l’autonomia differenziata, tanto cara ai governatori leghisti.
Per di più, ove la coalizione di destra conquistasse i 2/3 dei seggi, non sarebbe possibile bloccare stravolgimenti costituzionali illiberali attraverso il referendum.
Quanti ritengono che nessuna maggioranza possa cambiare da sola la Costituzione, compresi quanti in passato hanno commesso questo errore, debbono bloccare questa possibile deriva.
Il solo modo è raggiungere un accordo per le candidature nell’uninominale maggioritario fra tutte le forze politiche che hanno a cuore i valori della Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza.
Un accordo tra quanti vogliono contrastare questa destra dovrebbe avere questo punto programmatico comune: la difesa e l’attuazione della Costituzione.
E’ indispensabile ed urgente dare vita ad una coalizione d’emergenza senza preclusioni per nessuno. La diversità verrà misurata nel proporzionale, dove ciascun soggetto politico si presenterà con il proprio programma specifico, e senza dubbio in questa sede torneranno centrali le grandi questioni della pace e del disarmo, della lotta al cambiamento climatico, centrata sulle fonti rinnovabili, del contrasto alla crescita delle disuguaglianze e dell’urgenza di interventi sul lavoro sulla sua tutela. Nel proporzionale ciascuna lista o coalizione verificherà i consensi sulle sue posizioni.
All’interno di questa coalizione le forze che hanno maggiore omogeneità politica possono concordare un programma di governo, attivando nel proporzionale una competizione con le altre forze nella chiarezza dei fini e degli obiettivi programmatici.
La crisi del governo Draghi non può essere un alibi per non fare questa scelta di coalizione nel maggioritario, che deve comprendere anche il M5Stelle e le nuove aggregazioni a sinistra.
Se in gioco c’è il futuro del nostro paese e la stessa democrazia regolata dalla nostra Costituzione la risposta deve superare di slancio pregiudiziali e diversità, avendo di mira soltanto il bene supremo della Repubblica.
Pietro Adami, Mario Agostinelli, Gaetano Azzariti, Francesco Baicchi, Anna Falcone, Antonio Floridia, Raniero La Valle, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, Silvia Manderino, Francesco Pallante, Livio Pepino, Antonio Pileggi, Maria Ricciardi Giannoni, Massimo Serafini, Massimo Scalia, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Mauro Volpi