La Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione è stata progettata quasi trent’anni fa per far fronte a un aumento di traffici definito insostenibile e rivelatosi, poi, in costante calo. Da allora tutto è cambiato (sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, della situazione economica, delle politiche dei trasporti, delle prospettive dello sviluppo) e oggi essa viene confermata con motivazioni ancora più inconsistenti, sostenuta con slogan tanto suggestivi quanto impropri, imposta senza tenere in alcun conto la volontà e i diritti delle popolazioni interessate.
Ridotta di fatto al solo tunnel di 57 chilometri sotto il Moncenisio, la Torino-Lione non aprirebbe nuovi orizzonti continentali di traffico, ma sostituirebbe semplicemente l’attuale collegamento tra Italia e Francia, utilizzato per meno di un quarto delle sue potenzialità. Non migliorerebbe la situazione ambientale ma, con uno scavo ventennale in una montagna a forte presenza di amianto e con i connessi ingenti consumi energetici produrrebbe un inquinamento certo, a fronte di un recupero successivo del tutto incerto (mentre gli obiettivi internazionali per contenere il mutamento climatico globale richiedono una drastica riduzione delle emissioni nell’immediato).
Inciderebbe in maniera ridotta, date le brevi percorrenze dei traffici commerciali tra Italia e Francia, sulla riduzione dei tir in autostrada, che si otterrebbe invece, in tempi brevi e a costo pubblico zero, con politiche tariffarie mirate a incentivare lo spostamento su rotaia e a penalizzare quello su strada. Creerebbe lavoro in misura modesta dato che le grandi opere sono investimenti ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di mano d’opera (con pochi posti di lavoro per miliardo investito e per un tempo limitato) mentre gli interventi diffusi di riqualificazione del territorio e di aumento dell’efficienza energetica – di cui il Paese ha un disperato bisogno – producono un’alta intensità di manodopera a fronte di una relativamente bassa intensità di capitale (con creazione di più posti di lavoro per miliardo investito e per durata indeterminata).
La realizzazione della nuova linea avrebbe costi ingenti (per la costruzione di 10 metri occorrono 1.587.120 euro, oltre un milione e mezzo) che graverebbero sulla collettività a scapito del soddisfacimento di bisogni fondamentali (scuole, ospedali, welfare, trasporti pubblici efficienti e così via). Inoltre i lavori del tunnel sotto il Moncenisio non sono ancora iniziati (a differenza di quanto sostenuto da una martellante campagna di stampa che confonde il tunnel con opere geognostiche finalizzate ad analizzare le caratteristiche della montagna eventualmente da scavare) e, in caso di rinuncia all’opera, non sono previste penali (come hanno infine riconosciuto gli stessi promotori).
Torino e il Paese hanno bisogno di ben altro per risollevarsi dal declino e della crisi in atto (una crisi che, a Torino, ha distrutto per insipienza e incapacità, un quarto della struttura industriale e della connessa occupazione). Hanno bisogno di una accurata messa in sicurezza del territorio, di una rete di trasporti pubblici efficienti, di un rilancio produttivo in settori strategici e mirati, consapevole che il progresso non si identifica con macchine, cemento, velocità, ponti e gallerie. Hanno bisogno di sostituire il sistema che ha prodotto il declino (e che propone, per uscirne, le stesse ricette che lo hanno determinato) con una stagione fondata sull’innovazione, sulla creatività, sull’impegno di operatori capaci di investire sul futuro e sulle proprie capacità invece di pietire eventi e opere quali che siano purché alimentino flussi di denaro concessi da Roma o dall’Europa.
Le risorse non sono illimitate e occorre scegliere. Il progetto sottostante al Tav Torino-Lione è parte della crisi, non la sua soluzione. Dire di no alla sua realizzazione significa tutelare l’ambiente e la salute e, insieme, aprire un nuovo capitolo di ripresa sobria, sostenibile e duratura. Per questo aderiamo alla manifestazione No Tav di Torino dell’8 dicembre.
Alessandra Algostino (costituzionalista, Università di Torino), Linda Cottino (giornalista), Elisabetta Grande (giurista, Università del Piemonte orientale), Edi Lazzi (segretario provinciale Fiom Torino), Luca Mercalli (climatologo e giornalista scientifico), Salvatore Settis (archeologo e storico dell’arte), Valentina Pazè (docente di Filosofia politica, Università di Torino), Livio Pepino (già magistrato, direttore Edizioni Gruppo Abele), Teresa Piergiovanni (studentessa, presidente del Consiglio degli studenti, Università di Torino), Marco Revelli (storico e politologo), Ugo Zamburru (psichiatra, Caffè Basaglia, Torino), Elio Germano (attore), Jacopo Fo (scrittore, attore e regista), Tomaso Montanari (storico dell’arte, presidente Libertà e giustizia), Sandra Bonsanti (giornalista e scrittrice) e altri cento.