In Italia il 5% della popolazione possiede una ricchezza maggiore rispetto all’80% più povero. L’1% ha una ricchezza 84 volte superiore a quella complessiva del 20% più povero. Dall’inizio della pandemia fino a novembre 2023 il numero dei miliardari è aumentato di 27 unità (da 36 a 63) e il valore dei loro patrimoni cresciuto in termini reali di oltre 68 miliardi di euro (totale 217,6: +46%). Nel 2023 è lievitato anche il numero dei multimilionari, passati da 80.880 a 92.710, come i loro patrimoni, aumentati complessivamente di 178 miliardi. I 50 mila italiani più ricchi (0,1% popolazione) hanno visto la quota di ricchezza passare da 5,5 a 9,4%. Mentre la quota del top 0,01% ha più che raddoppiato la concentrazione patrimoniale.
Sono alcuni dati dell’ultimo report “Disuguitalia” presentato da Oxfam per denunciare le persistenti disuguaglianze nel nostro Paese. E sarebbe andata peggio se nel 2021 non ci fossero stati i trasferimenti pubblici di cui ha beneficiato il 15% delle famiglie. Senza il reddito di cittadinanza e gli altri interventi come il sostegno agli affitti o il bonus energia, l’incidenza della povertà assoluta che oggi colpisce 5,6 milioni di italiani sarebbe stata maggiore dello 0,7% rispetto all’attuale 8,3%.
L’Italia è ai primi posti tra i Paesi Ocse per le disuguaglianze di reddito disponibile. Così come per la povertà «intergenerazionale», più intensa che in qualsiasi altro Paese europeo. Anche l’inflazione da noi si è trasformata in una vera e propria tassa sui poveri. Senza che ciò spinga a ripensare le politiche industriali, diminuire la dipendenza dai fossili e introdurre misure di regolamentazione dei prezzi per non essere ostaggi di oligopoli.
Il governo Meloni ha scelto, invece, per sua natura, di rimanere ancorato al vecchio modello di crescita, caratterizzato da scarsa sostenibilità ambientale, bassa intensità di lavoro e alto consumo di energia, difendendo le vecchie rendite di posizione. Nei prossimi mesi, secondo Oxfam, subiremo un ulteriore aumento delle disuguaglianze, conseguenza dell’impatto degli ultimi provvedimenti governativi: cancellazione dell’RdC, tagli alle politiche sociali, ddl Lavoro e riforma fiscale. Diminuiscono le risorse per i poveri, trattati in modo diverso in situazioni simili; il lavoro diventa ancora più povero e ricattabile, mentre si riducono i prelievi di alcune categorie privilegiate, violando il criterio di progressività stabilito dall’articolo 53 della Costituzione.
Siamo in una policrisi. Non si tratta di una congiuntura, ma del risultato dell’accumulazione di problemi negati o affrontati con soluzioni temporanee o inadeguate, preferite all’indispensabile e urgente ripensamento sistemico dell’esistente. Non siamo tutti sulla stessa barca, se alcuni sono su transatlantici, mentre molti muoiono affogati. Le disuguaglianze minano la coesione sociale, l’aumento della marginalità accentua la distanza dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni, alimentando populismi e politici che hanno costruito carriere sulla paura. Con il rischio di derive autoritarie, ormai dietro l’angolo viste le scelte di bilancio e l’attacco frontale ai valori della Repubblica portati avanti dal governo Meloni con la secessione dei ricchi (Autonomia differenziata) e con il tentativo di accentramento dei poteri (premierato).
È dovere di tutti e tutte impedirlo, se non vogliamo un’era di incontrollata supremazia oligarchica. La lotta contro le disuguaglianze oggi più che mai è lotta per la democrazia. Facciamo Eco!