Contro le misure economiche del governo Draghi, i licenziamenti, le privatizzazioni, le delocalizzazioni e il carovita. Per la giustizia climatica e sociale. Cortei regionali nelle principali città. La libertà di manifestare è un diritto democratico non negoziabile. Sabato 4 dicembre No Draghi Day
La Legge di Bilancio prodotta dal governo Draghi conferma il nuovo e pesante attacco alle condizioni di vita dei settori sociali più deboli del paese mentre stanzia ulteriori risorse per le grandi imprese e le rendite finanziarie.
Si conferma la linea politica dell’aumento delle disuguaglianze, anziché invertire rotta.
Gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia provocano un rincaro delle bollette e del caro vita che colpiscono lavoratori e lavoratrici, che hanno salari bloccati da contratti non rinnovati, pensionati e ancor peggio gli strati più poveri della popolazione, come i pensionati al minimo o i percettori del reddito di cittadinanza.
Sulle pensioni si mantiene il famigerato impianto della Fornero, quindi un rialzo dell’età pensionabile, anche se per ammorbidire si propone quota 102 per il prossimo anno, sempre molto al disotto delle aspettative anche per garantire un necessario ricambio generazionale.
Sul Reddito di Cittadinanza si introducono misure per restringerne la platea e per forzare i percettori ad accettare qualsiasi lavoro: part time, a tempo determinato e a grande distanza dalla residenza. Sul fisco si preannuncia l’abolizione dell’IRAP, cioè dell’unica tassa ineludibile per le imprese, mentre le riduzioni per i lavoratori verranno indirizzate verso i redditi medio-alti (tra i 28 e i 55mila euro).
In una fase in cui è ormai operativo lo sblocco totale dei licenziamenti, crescono i morti sul lavoro e sono ancora visibili gli effetti pesantissimi della crisi pandemica, la manovra economica concentra le risorse sulle grandi imprese, esattamente con la stessa logica con cui si è elaborato il PNRR, e non si pone il problema drammatico della riduzione delle fortissime disuguaglianze sociali attraverso la redistribuzione del reddito.
Quasi inesistenti gli investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale, come sanità, scuola e trasporti urbani, fondamentali anche per contrastare, oltre ai necessari vaccini, la diffusione della pandemia. Non ci sono né sono previsti interventi per rialzare i salari in un paese dove è in forte crescita il lavoro povero.
Viene inoltre riesumato il pericolosissimo progetto di autonomia differenziata, destinato ad aumentare le differenze territoriali e sociali.
E ancora una volta non ci sono interventi sulla drammatica questione abitativa per incrementare l’offerta di alloggi popolari, né ci sono risposte al dramma degli sfratti.
A completare il piano di Draghi c’è invece il disegno di legge del governo sulla concorrenza che prepara una privatizzazione selvaggia di tutto ciò che resta ancora di pubblico nel nostro paese: dai trasporti locali all’energia, dall’acqua all’igiene ambientale, dai porti fino alla liberalizzazione dei taxi e ad un rilancio in grande stile della sanità privata.
È l’apertura liberista definitiva alla ferrea legge del mercato, in spregio a qualsiasi preoccupazione per i diritti sociali, la salvaguardia dei beni comuni, il riequilibrio e la giustizia sociale.
Una conferma della vuota retorica governativa in materia di salvaguardia dell’ambiente e di lotta al cambiamento climatico poiché mettere i beni comuni, a cominciare dalle risorse idriche ed energetiche, nelle mani delle grandi società private non potrà che favorire nuovi disastri ambientali ed abbassare ulteriormente le tutele in materia di salute e sicurezza di lavoratori e cittadini.
Con la legge di bilancio e il disegno di legge sulla concorrenza Draghi sta realizzando i diktat dell’Unione Europea e soddisfacendo tutte le richieste di Confindustria, senza incontrare alcuna vera opposizione sul piano politico e con il silenzio complice di Cgil, Cisl, Uil.
Forte del sostegno che ha da parte dell’intero arco parlamentare questo governo marcia compatto nella direzione di ridurre i diritti della classe lavoratrice, utilizzando le tecniche repressive del decreto Salvini e dando copertura alle azioni illegali da parte del padronato quando utilizza le squadracce pagate per picchiare lavoratori e lavoratrici in sciopero.
Il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, promosso da tutto il sindacalismo conflittuale e di base, con la sua piattaforma di lotta ha individuato con precisione i temi sui quali proseguire la mobilitazione.
No ai licenziamenti e alle privatizzazioni. Lotta per il salario e il reddito garantito. Cancellazione della Legge Fornero, contrasto al carovita e ai diktat dell’Unione Europea. Rinnovi contrattuali e lotta alla precarietà per la piena occupazione. Forti investimenti per scuola, sanità, trasporti e previdenza pubblica, contro le spese militari e le missioni all’estero, a favore di una necessaria spesa sociale. Per un fisco equo che aggredisca le rendite e riduca le disuguaglianze sociali.
Il programma di lotta dell’11 ottobre oggi esce rafforzato dai nuovi provvedimenti presentati da Draghi, che ne confermano l’indirizzo fortemente antipopolare.
È dunque urgente la costruzione di un vasto movimento popolare che contrasti con la mobilitazione e la lotta questo disegno autoritario destinato ad approfondire le disuguaglianze e ad aumentare la povertà.
ADL COBAS, CLAP, COBAS CONFEDERAZIONE, COBAS SARDEGNA, CUB, FUORI MERCATO, ORSA, SGB, SIAL COBAS, UNICOBAS, USB, USI-CIT