Mentre la crisi climatica è divenuta realtà quotidiana, rendendo l’emergenza ambientale la priorità presente e futura di ogni comunità territoriale, il Movimento 5 Stelle si appresta a compiere l’ultima giravolta, abbandonando la battaglia per l’acqua pubblica agli interessi delle lobby finanziarie.
Non erano bastate le clamorose inversioni di rotta sulle grandi opere (dal Tav al Tap) sulle trivellazioni nel mare e, da ultima, sull’ex-Ilva di Taranto; per rendere definitiva la completa omologazione di chi, partito per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, è finito nei panni di quest’ultimo, mancava un ultimo tassello: la legge sull’acqua pubblica.
E’ il Sole 24ore di domenica 1 dicembre a salutare entusiasticamente la svolta, con tanto di interviste ai protagonisti: l’On. Daga (5stelle, prima firmataria della legge voluta dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, ancora formalmente in discussione alla Commissione Ambiente della Camera), l’On. Braga (Pd, che porta a casa bottino pieno) e il dr. Guerrini (ARERA, l’ente regolatore che, fin da subito, ha sabotato il referendum).
Il tema dell’articolo riguarda l’accordo sulla gestione idrica del Mezzogiorno -unico territorio ancora libero dalla “banda dei quattro” (ACEA, IREN, A2A, HERA)- con l’annunciata costituzione di una mega-utility pubblico/privato, che consegnerà ai capitali finanziari l’acquedotto più grande d’Europa e il relativo e ricchissimo patrimonio idrico. Un grande business che completerà il quadro della finanziarizzazione del servizio idrico e la sua sottrazione al controllo delle comunità locali.
Esattamente il contrario di quanto votato a maggioranza assoluta dal popolo italiano, con 27 milioni di elettori che si erano pronunciati per l’acqua bene comune, la sua sottrazione alle leggi del mercato e la sua gestione territoriale e partecipativa.
Ciò che viene annunciato per il Mezzogiorno è ovviamente prodromico alla nuova legge sulla gestione del servizio idrico, rispetto alla quale, essendo da sempre immutata la posizione del Pd, è evidente come l’accordo significhi la totale resa del Movimento 5Stelle, pronto ad abbandonare anche la foglia di “Fico” dei continui rinvii della discussione sulla legge voluta dai movimenti, per passare, armi e bagagli, agli interessi delle lobby finanziarie.
Con questo ulteriore e gravissimo passo il cerchio si chiude e, mentre le piazze si riempiono di sardine, il Movimento 5stelle si appresta a trasformare in tonni i suoi 330 parlamentari.
La battaglia dell’acqua e la straordinaria vittoria referendaria del 2011 hanno detto con chiarezza che l’acqua è un bene comune, indisponibile ai profitti e al mercato. Oggi, le donne e gli uomini che hanno partecipato con generosità a quella battaglia devono scendere in campo per impedire l’ennesimo furto di beni comuni e diritto al futuro.
Perché, oggi come allora, si scrive acqua e si legge democrazia.