E’ arrivato in settimana il via libera del Consiglio dell’Ue alle modifiche apportate all’Italia ai target per la richiesta della quarta rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per la quale potrà essere ora formulata la richiesta di pagamento.
La richiesta di modifica era stata inoltrata dal governo Meloni l’11 luglio scorso e riguarda dieci dei 27 obiettivi originariamente associati alla quarta rata del Pnrr. Le modifiche ovviamente non vanno a incidere sul costo totale del Pnrr, che rimane invariato e pari a 191,5 miliardi di euro, 68,8 dei quali sotto forma di sovvenzioni condizionate e 122,7 sotto forma di prestiti, altrettanto condizionati alla realizzazione di riforme e obiettivi decisi in sede Ue.
Dove vanno a incidere le modifiche apportate dal governo Meloni e accettate dal Consiglio dell’Ue? Sui Comuni, naturalmente, i quali, oltre ad essere stati il bersaglio di tutte le misure di austerità degli ultimi decenni fino a pregiudicarne la funzione pubblica e sociale, si troveranno privati di altri 13,5 miliardi dei quaranta originariamente destinati a loro (-33%). Il governo ha garantito la ricerca di fonti alternative di finanziamento per i progetti esclusi: quali, come addirittura certifica il Servizio Studi Camera e Senato, non è dato sapere, essendo lo stesso governo già in estrema difficoltà nella predisposizione della prossima legge di bilancio.
In valori assoluti, il territorio maggiormente penalizzato dalla revisione del PNRR sarà quello di Napoli (824,8 milioni in meno), seguito da Roma (718,3 ml) e Torino (493,6 ml). Considerando invece la percentuale dei fondi sottratti rispetto a quanto inizialmente previsto, il danno più importante lo registrano le province di Pistoia (-67,7%), di Biella (-66,7%) e Alessandria (-65,1%).
Ma sono tutte le comunità territoriale del Paese a subire ancora una volta decisioni che vanno in diretto contrasto con ciò che servirebbe. Entrando nel merito delle misure definanziate con le ultime modifiche, c’è infatti da rimanere senza parole. Mentre siamo quotidianamente immersi dentro una crisi climatica e sociale senza precedenti, il governo Meloni decide di togliere finanziamenti ai progetti comunali per la salvaguardia del territorio e per l’efficienza energetica; ai progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e di degrado sociale; ai piani urbani integrati per la riqualificazione delle periferie; ai progetti sociali sui beni confiscati alle mafie; ai piani di sviluppo delle aree interne del Paese.
Scelte pesantissime che rivelano, ancora una volta, il vero significato dell’acronimo PNRR, dove per “ripresa” va intesa la prosecuzione, a dispetto delle plurime crisi, su un’idea di società fondata sull’economia del profitto e sulla priorità del benessere delle imprese; e “resilienza” va tradotta come rassegnazione, richiesta alle persone e alle comunità territoriali di fronte all’impatto sociale ed ecologico di questo modello.
Sono scelte che richiedono uno scatto da parte dei Comuni e delle comunità territoriali, luoghi primari per la costruzione di un altro modello sociale, ecologico e relazionale che metta in discussione radicalmente l’economia del profitto e della rendita e apra la strada a comunità territoriali capaci di cura e di trasformazione. La campagna Riprendiamoci il Comune, nonostante il negativo esito della raccolta di firme per due leggi d’iniziativa popolare, trova nuove conferme sulla centralità dei contenuti proposti. La rete di realtà territoriali che la compongono ne discuterà nei prossimi giorni (per contatti: info@riprendiamociilcomune.it).
Immagine: Banchetti a Roma per la campagna Riprendiamoci il Comune