La notizia più importante che campeggia sui media odierni riguarda l’escalation militare della guerra in Ucraina. Oramai sembrano schierati per lo scontro finale, che potrebbe avere un esito catastrofico, gli eserciti dell’oriente e dell’occidente.
Il viaggio di Biden in Europa ha dimostrato come tutti i Paesi che erano soggetti alla sovranità sovietica desiderano restare con l’occidente e vogliono essere difesi dalla Nato contro un attacco da parte della Russia.
Avevo affermato con forza che bisognava evitare la guerra con tutti i mezzi, perché la guerra non porta a nessuna soluzione che non sia la guerra stessa.
Oggi, dopo il primo anno di sangue e di rovine, siamo al punto di partenza: il dilemma è sempre quello guerra o pace. E se la pace non è raggiunta non resta che la guerra.
Insomma appare certo che, dopo l’invenzione della bomba atomica, capace di distruggere la vita sulla terra, non esiste altra via di risoluzione delle controversie internazionale se non la trattativa.
E ammettere la carneficina di giovani ucraini e russi, anche ad opera di mercenari senza coscienza, che prima di uccidere ricorrono alle torture, è inconcepibile e da evitare a qualsiasi costo.
Ripudio pertanto le soluzioni attuali e noto che non c’è più nessuno spiraglio per le trattative di pace.
Sul piano interno sono da registrare due fatti che dimostrano ancora una volta quanto sia stata dannosa e incoerente la svendita del patrimonio pubblico italiano, mediante le privatizzazioni e le liberalizzazioni.
L’Eni era un ente pubblico economico cioè parte integrante dello Stato italiano, che agiva sul mercato portando i profitti nel bilancio dello Stato. La maledetta privatizzazione effettuata con decreto legge n.333 dell’11 luglio del 1992 ha trasformato questo pezzo di amministrazione pubblica in una S.p.A., per cui i relativi profitti vanno soltanto a quest’ultima, alla quale il Ministero delle finanze partecipa per il 30%.
Quest’anno l’Eni ha guadagnato 13,8 miliardi di euro e di questi solo il 30% va allo Stato come dividendo, mentre il resto è suddiviso fra vari azionisti prevalentemente stranieri.
Altrettanto è da dire a proposito della costruenda rete unica per internet e telefonia, che è appetita dall’americana KKR, e che ora il governo vorrebbe che in parte appartenesse anche a Ferrovie dello Stato, che è una S.p.A. a totale capitale pubblico.
SI tratta di un settore delicatissimo che dovrebbe essere in proprietà pubblica dello Stato italiano e assolutamente non in proprietà o gestione di potentati economici stranieri.
Ma anche in questo campo domina l’idea sciagurata neoliberista delle privatizzazioni, per cui una fonte di produzione di ricchezza propria degli italiani viene ceduta ignobilmente a mano straniera.
Il fatto è che anche molti giuristi non sanno che, in base all’articolo 42, comma 1, primo alinea, della Costituzione: “la proprietà è pubblica o privata” e tutti hanno in mente soltanto la proprietà privata, ignorando l’evoluzione storica in campo proprietario della nostra gloriosa Costituzione repubblicana e democratica.