Battere sempre lo stesso tasto è indice di cocciutaggine, ma quando si parla di economia, di impiego delle risorse pubbliche, di sviluppo di un Paese può non essere un difetto. Soprattutto quando si tiene il punto di un approccio diverso, rispettoso dei bisogni dei territori, attento all’ambiente e a ridurre, se non colmare, le diseguaglianze sociali che invece aumentano da decenni senza che vi si metta mano con determinazione. Altrimenti non suonerebbero così attuali, profetiche, le elaborazioni degli scienziati ed economisti del Club di Roma, raccolte nel libro I limiti dello sviluppo datato 1972, in base alle quali fu riconosciuto che l’aumento delle diseguaglianze nel mondo e un sistema basato sulla crescita del Pil senza attenzione all’ecologia avrebbe portato a un a carenza globale di risorse vitali a cavallo del 2050. Quelle analisi profetiche furono lasciate senza gambe, come inutili cassandre, e forse soltanto adesso, con il tempo che stringe, la grande cecità si sta un po’ diradando, come dimostrano le mobilitazioni per il clima del movimento Fridays for Future.
In Italia la campagna Sbilanciamoci! elabora da vent’anni una “controfinanziaria”, una proposta articolata e di dettaglio di ciò che il governo del Paese potrebbe mettere in atto senza aumentare indiscriminatamente le tasse e rispettando i vincoli europei che pure – si ripete – devono essere cambiati, investendo sui piccoli progetti di riassetto del territorio, sulla cultura, sull’istruzione, sulla sanità e il welfare inclusivo, diminuendo le spese per gli armamenti, le grandi opere inutili – a partire dal Tav -, i sussidi alle industrie inquinanti, le rendite finanziarie. Non si tratta sempre della stessa ricetta, anche se gli ingredienti di base si riferiscono a una economia sostenibile, basata su indici di benessere più complessi rispetto alla mera rincorsa del Pil a prescindere dai livelli di sofferenza delle popolazioni. Non è un libro dei sogni ma uno strumento politico e di analisi economica delle tendenze in atto.
Quest’anno per la prima volta la Campagna Sbilanciamoci! offre una sintesi dell’indagine sul quadro macroeconomico in cui ci troviamo e delle proposte principali delle oltre 40 associazioni che la compongono in anticipo di qualche giorno sull’inizio della discussione sulla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, una sorta di “Contro-Nadef”.
Si tratta delle linee guida per l’uscita dell’Italia dal suo attuale declino non solo in termini di Pil, un progetto che si vuole iscritto nell’orizzonte di un Green New Deal da 500 miliardi di euro ancora da varare a livello europeo che vada oltre la logica del cosiddetto Piano Juncker e sia realmente guidato dagli obiettivi della decarbonizzazione dell’economia, dagli interventi per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e nella prospettiva di trovare lo stock per questo gigantesco piano di investimenti attraverso l’emissione di eurobond per un valore di 1.000 miliardi di euro, procedendo a passi spediti, entro due anni, all’armonizzazione fiscale nell’Unione onde evitare i nefasti effetti della concorrenza fiscale tra Paesi con i costi sociali, salariali e lavorativi delle delocalizzazioni industriali che stiamo ancora subendo.
Ci sono tutte le ragioni per cogliere l’opportunità di una svolta – sia internazionali, con il rallentamento dell’economia mondiale e la crisi della globalizzazione scatenata dalla guerra dei dazi Usa-Cina, sia europee e italiane, visto il fallimento conclamato delle politiche di austerità. Perciò la campagna Sbilanciamoci! chiede al nuovo governo di invertire la tendenza che negli ultimi anni ha visto drammaticamente calare gli investimenti pubblici, fino a mettere in campo risorse aggiuntive pari a un punto di Pil. Le voci su cui investire sono declinate in 15 proposte.
La manovra quindi per Sbilanciamoci! dovrebbe muovere 44,6 miliardi di euro, inclusi i 23 miliardi destinati a sterilizzare anche quest’anno le clausole di salvaguardia e quindi gli aumenti dell’Iva. Resterebbero dunque 14,6 miliardi di euro da destinare al Green New Deal, all’istruzione, alla sanità, alla cultura, all’assistenza delle persone non autosufficienti, all’accoglienza e all’inclusione dei migranti, alla cooperazione internazionale, con 4 miliardi da impiegare in riduzione delle tasse per i primi due scaglioni di reddito e 3 miliardi di spese indifferibili. Si propone tra l’altro di non toccare Quota 100 e il cosiddetto reddito di cittadinanza, che si auspica vengano anzi rifinanziati e migliorati in provvedimenti più organici.
Per l’appunto non essendo il libro dei sogni, le risorse per questi interventi vengono individuate e elencate partendo dall’auspicio che un piano tanto ambizioso di ripartenza dell’Italia valga per l’Unione europea la concessione di 12 miliardi di euro di flessibilità sul rapporto deficit-Pil, un leggero ritocco in più rispetto alle previsioni su cui il governo Conte sta elaborando il Nadef*.
(*)NADEF: cos’è? Significato e definizione
Il significato di NADEF è letteralmente quello di Nota di Aggiornamento del DEF. Quest’ultimo invece è il Documento di Economia e Finanza, fondamentale per la stesura della nuova Legge di Bilancio.
Per definizione, il NADEF è dunque un testo che l’esecutivo deve presentare alla Camera e al Senato entro e non oltre il 27 settembre di ogni anno.