Della vita di Giorgio Almirante si conoscono tante cose: il suo lavoro di segretario di redazione del giornale La difesa della razza; il suo incarico di capogabinetto del Ministero della Cultura popolare della Repubblica di Salò; il suo ruolo di guida, in età repubblicana, di un partito ostinatamente fascista. Troppo spesso però nel racconto della sua biografia si dimentica o omette un particolare di non poco conto: per quattro mesi il ruolo di Giorgio Almirante nella Repubblica di Salò fu quello di Capitano delle Brigate Nere [1]. Non è una notizia inedita, lo raccontò lui stesso [2], è però un’informazione che passa troppo spesso inosservata.
Fu arruolato nel settembre del 1944 e rimase in servizio fino a gennaio 1945 presso il II° battaglione della cosiddetta “brigata ministeriale”, entro la quale erano inquadrati i funzionari della Repubblica Sociale [3]. Come brigatista nero Almirante fu impegnato nella provincia di Novara e in Val d’Ossola [4] e, a detta sua, non vide mai un partigiano. La sua attività però, come più in generale quella della brigata nera ministeriale, è ancora avvolta da un velo di mistero.
Squadristi della VI Brigata Nera “A. Cristina” di Novara, una delle meglio organizzate del Piemonte, tanto da disporre di armi pesanti come le mitragliatrici impiegate durante azioni contro i partigiani in Val Grande, nell’autunno 1944
Quella delle brigate nere è una delle pagine meno studiate dell’Rsi e, tra le varie, l’attività di quella ministeriale è in assoluto la meno documentata. Le poche informazioni reperibili sono incomplete e frammentate, e buona parte di ciò che sappiamo lo dobbiamo ai racconti di Almirante stesso (che a livello di attendibilità è come chiedere all’oste se il vino è buono). Giorgio Almirante, al momento della partenza per l’esperienza di squadrista, questo era il nome che l’Rsi dava ai membri delle brigate nere, ricopriva da quattro mesi, dal 5 maggio 1944, il delicato incarico di Capo di gabinetto del Ministero della Cultura popolare della Repubblica di Salò.
Un manifesto di propaganda delle Brigate Nere
In questa veste continuava a coordinare e organizzare la propaganda del governo di Salò nei territori che ricadevano sotto la propria giurisdizione. Già dal novembre 1943, infatti, dopo un’altra (breve) militanza nelle formazioni militari e poliziesche della Rsi, si arruolò volontariamente nella Guardia Nazionale Repubblicana, Almirante era responsabile di un nucleo di propaganda appositamente creato e posto alle sue dirette dipendenze [5]. Esso si occupava di assicurare che tutto il materiale proveniente dal Ministero della Cultura popolare – manifesti murali, volantini, opuscoli, cartoline, giornali – arrivasse regolarmente ai territori e venisse correttamente esposto e utilizzato. Tra i vari, il delicatissimo compito di assicurare ai quotidiani la carta per le pubblicazioni [6]. Tutto questo non senza inconvenienti, difficoltà, ritardi e sprechi [7].
Reparti della Gnr giurano. La Guardia Nazionale Repubblicana fu la più importante formazione militare e poliziesca della Repubblica Sociale Italiana, venne istituita nel novembre 1943 “con compiti di polizia interna e militare”
Durante quei mesi scriveva inoltre su diverse testate giornalistiche. Il 14 febbraio 1944 pubblica sul quotidiano Il Secolo-La Sera l’articolo “Le trame del Grande Oriente Universale per abbattere il Fascismo e asservire l’Italia”, nel quale dà una propria lettura dell’arresto del 25 luglio 1943 di Mussolini, motivandolo come una vittoria della massoneria e del suo braccio armato, l’ebraismo, su un fascismo stanco e addormentato [8].
Sarebbe un errore credere che Giorgio Almirante ebbe a Salò un ruolo eminentemente amministrativo, tecnico o organizzativo. Infatti lui, convinto fascista sin dalla prima ora, pur essendo stato inquadrato – con un decreto legge varato ad hoc [9] – tra i funzionari dell’amministrazione pubblica dell’Rsi, si occupò di questioni politiche.
Benito Mussolini passa in rassegna la Brigata Nera Leonessa, 1944
Oltre all’attività del suo ufficio, il brigatista nero Giorgio Almirante partecipava, quando il Ministro Mezzasoma era impedito, alle riunioni di governo [10] e veniva ricevuto da Mussolini [11]. Ebbe varie conversazioni telefoniche con il duce, che almeno tre volte gli telefonò personalmente [12]. Almirante fu uno dei funzionari a cui affidarono il delicato compito di richiamare all’ordine il direttore de “La Stampa”, Concetto Pettinato, che si era espresso in modo non perfettamente conforme alla linea politica di Salò [13].
Processo di Verona contro i firmatari dell’odg Grandi (25 lunglio 1943). Alessandro Pavolini legge il messaggio di Mussolini
Di più. Il ruolo politico di Giorgio Almirante fu di vertice in uno dei ministeri più delicati e importanti dell’Rsi. L’attività del ministero della propaganda, o della “Cultura popolare”, secondo la dicitura dell’Rsi, era improntata quasi esclusivamente al procurare al governo, tramite bandi di mobilitazione e arruolamento, soldati per la guerra [14]. Era chiaro a tutti, infatti, che in quel momento la vita della Repubblica Sociale Italiana dipendesse, per usare le parole di Mussolini, dalla “lotta contro il comune nemico: gli eserciti alleati e gli avversari interni del fascismo” [15]. Non a caso Alessandro Pavolini, segretario del partito fascista repubblicano, operò per trasformare il partito unico della Repubblica Sociale da organizzazione politica a organizzazione militare [16].
Nacquero così i bandi di reclutamento e gli ultimatum ai partigiani [17], il cui successo doveva fornire, tramite gli arruolamenti, linfa vitale all’Rsi. I bandi e tutte le attività di propaganda dipendevano dal Ministero della Cultura popolare [18]. Il ruolo politico di Almirante a Salò fu indiscutibile. Biografie indulgenti del repubblichino Almirante tendono a scaricare da lui la responsabilità della scelta dell’arruolamento, affermando che per i funzionari dell’Rsi la militanza nella brigata nera ministeriale era un ordine, e che quindi Almirante non ebbe possibilità di scelta e di sottrarsi.
Questa ricostruzione, pur partendo da un’informazione storicamente corretta, è smentita da Almirante stesso nella sua autobiografia, in cui racconta di aver orgogliosamente scelto di arruolarsi. Secondo lui andò così: “Era giunto dal partito l’ordine di inquadrare tutti i funzionari iscritti in una brigata nera di formazione ministeriale. (…) Mi pareva indecoroso, e immorale, trasmettere un ordine siffatto senza dare io stesso l’esempio. Il ministro non era d’accordo, pensando che l’esempio lo dessi abbastanza col lavoro che stavo svolgendo. La vinsi io”.
Lo squadrista Giorgio Almirante racconta di aver scelto, contro il parere del suo superiore, di aderire e arruolarsi nelle Brigate Nere, e cioè in quel corpo volontario, formato dai fanatici del fascismo in cerca di riscatto e vendetta per l’armistizio, impiegato principalmente in funzione antipartigiana e tristemente noto per la ferocia dimostrata durante rastrellamenti, torture e stragi. Attualmente nell’Atlante delle Stragi nazifasciste sono censite 24.457 vittime in 5.894 episodi di violenza. Le Brigate Nere spesso non furono solamente corresponsabili, ma addirittura artefici e protagonisti delle più efferate violenze contro partigiani e popolazione civile. Giorgio Almirante, che scrisse di non essere mai giunto a scontri con i partigiani, è stato – a prescindere da quale attività operativa vi abbia prestato, questo lo diranno gli storici – un membro delle brigate nere.
Questo è l’individuo al quale oggi si intitolano strade in Italia.
Gabriele Bartolini
NOTE
[1] La militanza di Giorgio Almirante nel corpo delle Brigate Nere è storicamente accertata. Essendo tuttavia presenti poche informazioni a riguardo ci sono voci discordanti sul grado che vi ebbe. Secondo Carlo Ricchini nel libro L’avrai, camerata Almirante ne fu capitano. Secondo Maso Notarianni in un articolo pubblicato il 30 Giugno 2014 sul Blog de ilfattoquotidiano.it ebbe il grado di tenente. Secondo la sua biografia curata dalla fondazione Giorgio Almirante fu “tenente comandante” della brigata nera ministeriale, impegnata “nella campagna antipartigiana in Val d’Ossola”.
[2] G. Almirante, Autobiografia di un “fucilatore”, cit., pp.111-112. Almirante, Dottrina Fascista, 23 marzo 1945, Anno I, n.1.
[3] A. Grandi, Almirante, biografia di un fascista, (p.131). (II battaglione, solo n.67, Wikipedia, “Brigate nere”).
[4] Gli storici non sono concordi sul luogo in cui la brigata nera ministeriale operò. Giorgio Almirante in autobiografia di un “fucilatore” racconta che la brigata nera ministeriale doveva operare in Val d’Ossola e che lui prestò servizio nelle zone di Brescia prima e di Novara poi; secondo la ricostruzione di Aldo Grandi in Almirante, biografia di un fascista operò in provincia di Novara, nei pressi di Intra, Vogogna e Borea di Macugnaga. Davide Conti in Fascisti contro la democrazia scrive che le brigate nere in cui militò Almirante operarono tra la Val d’Ossola e la provincia di Grosseto.
[5] A. Grandi, Almirante, biografia di un fascista, (p. 133).
[6] Libro La stampa nella Repubblica Sociale Italiana
[7] A. Grandi, Almirante, biografia di un fascista, (p. 133).
[8] A. Grandi, Almirante, biografia di un fascista, (p. 136).
[9] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante, (p.29)
[10] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante, (p.29)
[11] Silvio Bertoldi, Salò, vita e morte della Repubblica Sociale Italiana
[12] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante. Intervista ad Almirante
[13] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante
[14] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante§[15] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante
[16] La militarizzazione del partito fascista repubblicano e la trasformazione di tutte le federazioni fasciste in reparti armati inquadrati nelle Brigate Nere (decreto n. 446 del 21 giugno 1944) è ben raccontata in Salò, vita e morte della Repubblica Sociale Italiana di S. Bertoldi, p. 269 e sgg.
[17] Il 18 aprile 1944 fu promulgato il bando che è all’origine del noto “Manifesto della Morte”. Un manifesto murario che apparse nella primavera del 1944 sui muri della zona del Grossetano, allora sotto il controllo dell’RSI, e che, a firma del capo di Gabinetto Giorgio Almirante, intimava ai partigiani di consegnarsi, pena la fucilazione.
[18] Carlo Ricchini, L’avrai, camerata Almirante
COMMENTO di Lino D'Antonio
L’albero genealogico di “Fratelli d’Italia” da Salò ad oggi: la peggiore e più vergognosa storia d’Italia. Chi contesta questo dato , non può smentire che gran parte della dirigenza di “Fratelli d’Italia” proviene dal “Movimento Sociale” di Almirante e molti di essi, nel contiguo passato, sono stati conclamati mazzieri fascisti. E la fiamma ancora arde.
Lino D’Antonio