Stragi d’Italia: come avere verità e giustizia nel 2023?

di Laura Tussi - 15/09/2023
La situazione politica attuale ci impone di riaprire una delle pagine più buie della storia italiana, quella delle stragi. Troppe verità ancora nascoste e troppe vittime senza giustizia richiedono un intenso lavoro di ricerca e indagine, come quello che ha svolto il giornalista Daniele Biacchessi nel suo ultimo libro Stragi d'Italia, da cui è stato tratto l'omonimo film che verrà proiettato per la prima volta sabato 23 settembre.

Stragi d’Italia, pagine oscure della nostra storia. Oscure non solo perché ancora oggi – dopo decine di anni – c’è la necessità di gettare luce su fatti avvolti dal segreto, ma anche perché esse rappresentano uno dei punti più bassi della storia repubblicana, il momento in cui interessi politici ed economici e ideologie che si credeva superate hanno creato un sodalizio di sangue che è costato la vita a centinaia di innocenti.

Oggi è il momento di voltare pagina. Fra gli strumenti che stringiamo nelle mani vi sono anche la musica e ogni forma d’arte per evitare l’oblio e la banalità del male. E l’informazione, per combattere la pericolosa deriva dei depistaggi. Informazione come quella fatta dal giornalista d’inchiesta Daniele Biacchessi, autore di Stragi d’Italia, con cui abbiamo cercato appunto di puntare un faro nell’oscurità dell’epoca stragista. 

Dal libro, uscito nelle librerie la scorsa primavera, è stato tratto il film omonimo, finanziato grazie a una campagna crowdfunding a cui hanno partecipato centinaia di cittadini e associazioni. Illustrato da Giulio Peranzoni, la pellicola si ispira alle vicende narrate e analizzate nel libro. Sabato 23 settembre, presso il Teatro della Cooperativa di Milano, si terrà la prima nazionale.

A suo avviso la P2 rappresenta ancora oggi un pericolo per la democrazia del Paese?

Nell’ultima sentenza sui mandanti della strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 c’è una verità inoppugnabile, anche se di primo grado. La sentenza cui si riferiscono le motivazioni è quella che ha comportato l’ergastolo per Paolo Bellini, in ipotesi commessa in concorso con Licio Gelli e Umberto Ortolani della P2, Federico Umberto D’Amato dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno e Mario Tedeschi, tutti deceduti.

“Possiamo ritenere fondata l’idea – e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo – che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”.

Le cose sono cambiate dagli anni della strategia della tensione, ma i pericoli per la democrazia sono ancora molti. Oggi non c’è bisogno di una strage in una banca, in una stazione, sopra un treno. E se vanno in porto leggi come il presidenzialismo e l’autonomia differenziata, senza un sistema di pesi e contrappesi istituzionale, la nostra Costituzione è carta straccia.

Che ruolo svolge la NATO in questo ordine stragista di morte?

Faccio un solo esempio tra i tanti. Carlo Digilio era l’armiere di Ordine Nuovo in Veneto, cioè era l’uomo a cui si rivolgevano i neofascisti durante i piani di organizzazione delle stragi di piazza Fontana e Brescia. Digilio era anche il collegamento tra il gruppo degli stragisti e alcuni ufficiali americani delle basi della F.T.A.S.E di stanza Verona, in pratica la centrale operativa e logistica del Patto Atlantico per il Sud Europa. Questo è stato accertato dalle indagini dei magistrati. I processi hanno sfiorato questi ufficiali, ma non si sono trovate prove sufficienti per giungere alla condanna.

Come Carlo Digilio operava anche Marcello Soffiati. Racconta infatti Digilio all’allora giudice istruttore Guido Salvini durante gli interrogatori del 9.10.93 e 6.4.94: “Ribadisco con assoluta sicurezza che Soffiati lavorava per la C.I.A. e per gli americani di stanza in Veneto. La posizione di Soffiati, che ha svolto la mia stessa attività di informazione, era diversa dalla mia. Infatti egli era in effetti un membro di Ordine Nuovo di Verona e quindi la sua attività e la sua ideologia politica non coincideva sempre con l’attività che aveva accettato di svolgere essendo un conflitto fra i suoi ideali radicali e l’impegno di carattere atlantico. Per quanto mi concerneva non vivevo questo conflitto non essendo di idee ordinoviste”.

Sente che la sinistra ha fatto tutto quanto era possibile per evitare l’oblio rispetto alla strategia della tensione o è mancata?

La sinistra e il sindacato hanno reagito alle bombe fasciste soprattutto negli anni della strategia della tensione. Penso ai grandi scioperi successivi alle stragi di piazza Fontana di Milano, degli eccidi di piazza della Loggia di Brescia, del treno Italicus, della stazione di Bologna. Un grande movimento ha chiesto per lungo tempo verità e giustizia nelle piazze, nei tribunali, poi, a parte qualche raro caso, è prevalsa la realpolitik.

Restano grandi mobilitazioni a Brescia, Milano e Bologna nei giorni degli anniversari, convegni ed eventi promossi dalle associazioni dei familiari delle vittime, ma manca un interesse vero e duraturo da parte dei rappresentanti politici della sinistra e del centrosinistra. La legge che inserisce il reato di depistaggio nel codice penale è stata promossa da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione 2 agosto, negli anni della sua attività di deputato. La richiesta di verità e giustizia è stata portata avanti da Daria Bonfietti per la strage di Ustica, ma doveva essere una battaglia di tutti, non solo dei familiari delle vittime.

Cosa vorrebbe dire ai giovani che si dichiarano apertamente fascisti, forse senza neanche comprendere pienamente il significato del termine?

Il fascismo non ha fatto cose buone per il nostro Paese. I treni non partivano in  orario. I Tribunali speciali fascisti emisero sentenze contro oppositori al fascismo per migliaia di anni di carcere. Le isole di Ponza, Ustica, Ventotene erano stipate di centinaia di confinati. Il fascismo ci portò alle guerre, tutte perse, in Russia, Grecia, Albania, Etiopia, in Europa al fianco della Germania nazista.

Il fascismo emanò le legge razziali contro gli ebrei nel 1938, contribuendo a far nascere un clima di odio e discriminazione, culminato nella creazione di campi di concentramento e di sterminio di oltre sei milioni di persone. Durante il fascismo non c’erano elezioni libere, giornali liberi, associazioni e sindacati liberi. Pur nella fragilità teniamoci stretta questa democrazia conquistata dopo milioni di morti.

Quanto è importante il ruolo delle arti e della musica per commemorare gli eventi ed evitare che diventino solo mere celebrazioni?

Le arti non cambiano le sorti del mondo, ma contribuiscono a far nascere una coscienza civile. Partiamo da qui. Non c’è un valore salvifico in tutto quello che produciamo, non ci sono i professionisti della memoria. Basterebbe l’impegno successivo di un solo ragazzo, tra i partecipanti ad un nostro spettacolo o alla visione di un nostro film, a rendere il nostro lavoro uno strumento necessario. Ho scritto volutamente tre volte il termine “nostro”, perché ognuno di noi in realtà è diviso, cura troppo spesso progetti individuali, dove il concetto di bene comune è un mero optional. Se si unissero tutti questi progetti in una visione comune probabilmente ci sentiremmo meno soli davanti al nuovo fascismo 4.0.

Le cose sono cambiate dagli anni della strategia della tensione, ma i pericoli per la democrazia sono ancora molti. Oggi non c’è bisogno di una strage

Ritiene che il passato politico di alcuni esponenti di questo Governo possa costituire un elemento di criticità nel tentativo di fare luce sulle stragi della storia italiana?

La premier Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno 2022, rivendicando la storia del Msi aveva affermato: “Oggi alcuni esponenti del Governo, delle massime cariche dello Stato vengono da quell’esperienza. Ci sono arrivati con un voto democratico. Vuol dire che la maggioranza degli italiani non considerava quella storia impresentabile, e penso che anche questo si debba rispettare”.

Ritiene che il passato politico di alcuni esponenti di questo Governo possa costituire un elemento di criticità nel tentativo di fare luce sulle stragi della storia italiana?

La premier Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di fine anno 2022, rivendicando la storia del Msi aveva affermato: “Oggi alcuni esponenti del Governo, delle massime cariche dello Stato vengono da quell’esperienza. Ci sono arrivati con un voto democratico. Vuol dire che la maggioranza degli italiani non considerava quella storia impresentabile, e penso che anche questo si debba rispettare”.

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