Quest’anno ricorre il centenario della nascita di don Milani e i trenta anni della scomparsa di don Tonino Bello. Queste fulgide figure della pace e della nonviolenza quanto hanno illuminato il tuo cammino di uomo dedito completamente al prossimo e al sostegno dell’umanità tutta, in ogni sua sfaccettatura e problematica?
Non è facile rispondere a questa domanda. Ambedue queste persone mi hanno profondamente influenzato. Don Milani non l’ho mai conosciuto personalmente, ma è stato una importante influenza nella mia vita e nel mio pensiero. Praticamente da quando sono diventato direttore di Nigrizia i suoi scritti mi hanno profondamente plasmato. La sua scelta degli ultimi, ma soprattutto le sue posizioni sulla guerra e sulle armi. E per me tutto questo è stato un grande insegnamento. E ho sempre ammirato il suo coraggio nell’affrontare la tempesta mediatica che ha subito per le sue posizioni. È stato veramente un uomo coerente. Per me è stata una persona, anche se non l’ ho mai conosciuto, che direi ha sempre camminato con me e mi ha aiutato nelle scelte che ho fatto nella vita. Invece per Tonino Bello, lui è stata una persona con la quale chiaramente ho camminato. Sono stato per un po’ di tempo anche a Lecce e andavo spesso nella sua diocesi. Non sapevo dell’esistenza di questo prete chiamato Don Tonino Bello. Il vescovo mi aveva invitato anche a fare i ritiri. E da allora per la prima volta ci siamo incontrati così direttamente. Mi ha detto: “Alex non hai l’idea di quante note prendevo quando tu parlavi”. Ma da quando ho fatto la scelta chiara sul problema delle armi e sono entrato in polemica con i potenti di allora e lì è saltato fuori subito l’appoggio di Don Tonino Bello. Veramente mi è stato molto vicino a tal punto che una volta quando sono stato silurato, lui mi ha poi sostituito portando avanti tutta questa vicenda. Appena è stato scelto come responsabile di Pax Christi Italia, mi ha chiesto di andare a fare una conferenza a Brescia. Era proprio il momento dei miei problemi per le questioni sulle armi e abbiamo tenuto una conferenza molto dura, attaccando e criticando pesantemente i costruttori di armi a Brescia. Immediatamente è scattata una inchiesta della procura di Brescia che per fortuna non è andata avanti perché dipendevo da Verona. Quindi è entrata la questura di Verona in tutto questo e, siccome mi conoscevano, mi è andata abbastanza bene. Incredibili sono state le investigazioni che hanno fatto. Sono andati nel paese dove sono nato, indagando quali erano le mie influenze politiche e così via. Ero sempre seguito, ovunque andavo a parlare, dalla digos, che prendeva nota di tutto quello che dicevo.
E’ stato Tonino Bello che ha avuto un coraggio incredibile a invitarmi a parlare a Brescia. Ho pagato, ma poi ha pagato anche lui perché ha preso lui su di sé quell’attacco sulla vendita di armi con tutto il problema del porto di Talomone e la triangolazione delle armi. Lui è andato avanti su questa strada e quando io ero a Korogocho, lui mi ha sempre seguito e accompagnato. Non dimenticherò mai la sua introduzione bellissima al mio primo libro “La Pasqua in agguato” titolo di questa prefazione straordinaria. E poi è stato lui quando ero a Korogocho a chiedermi di diventare direttore della rivista Mosaico di pace. Quando ho rifiutato, per ovvi motivi, mi disse che non poteva accettare il mio rifiuto. Perché, così mi ha detto: “Tu la tua vita l’hai spesa contro le armi, per la pace voglio che sia tu il direttore di Mosaico di pace”. E così sono rimasto tale come direttore della rivista Mosaico di pace. È stato un lungo percorso in cui abbiamo camminato assieme e mi ha molto influenzato a tal punto che, tanto per dire non è una questione religiosa o altro, ricordo che prima di partire per Korogocho, sono andato con l’editore a portargli il libro per cui aveva fatto la prefazione, tenendo presente che ero stato silurato dal Vaticano e lui come vescovo ha avuto molto coraggio. Sono rimasto colpito da Tonino Bello. Sono entrato in Episcopio: era tutto aperto. Vedevamo i Rom, i migranti dentro l’Episcopio che giravano tranquillamente. E che avevano stanze e dormivano lì. Siamo andati dal vescovo ero con l’editore e abbiamo fatto una importantissima conversazione. Alla fine ci siamo salutati. Siamo usciti e a un certo punto sentiamo una persona correre dietro di noi ed era Tonino Bello, con una cassetta piena di bottiglie di vino buono della Puglia. E l’editore che era un agnostico mi disse che se nel nostro governo ci fosse qualche ministro come Tonino Bello, forse avremmo un’Italia diversa. Ed è vero.
Eirenfest è giunto alla sua seconda edizione con decine di protagonisti, scrittori, giornalisti, attivisti e una ampia vetrina di libri, saggi, romanzi.
Cos’altro consigli e che suggerimenti puoi dare e un tuo augurio per il futuro a tutti gli organizzatori e relatori di questo importante festival del libro della pace e della nonviolenza?
Ho partecipato alla prima edizione di questo festival Eirenefest e parteciperò ancora.
Ringrazio prima di tutto coloro che lo organizzano e lo portano avanti. Secondo me è fondamentale divulgare e far passare e diffondere libri, testi, romanzi sui temi della pace e della nonviolenza. E continuare a fare passare messaggi: è fondamentale.
Ma è molto importante incominciare davvero a tradurre la nonviolenza in termini concreti.
Ho in mente i libri bellissimi e straordinari, la trilogia di Gene Sharp “Politica dell’Azione Nonviolenta”. Lui è uno scrittore americano che scrisse anche tra gli altri libri “Come abbattere un regime”.
Dovremmo avere piccoli libri divulgativi che aiutino le persone su azioni concrete di nonviolenza coerente.
Perché se il popolo comincia a muoversi e ragiona e comincia a usare tecniche nonviolente, diventano estremamente efficaci per mettere in discussione sistemi come il nostro che è fondato sulla violenza e sulle armi.
Poi un incoraggiamento ai gruppi che studiano la nonviolenza e la praticano concretamente.
È un messaggio che deve essere e è un passaggio che deve essere fatto e attivato.
Eirenefest percorre la via più lunga e difficile, quella del pacifismo finalistico, per convertire le coscienze. Un percorso di educazione alla pace.
Pensi che invece sia più urgente un pacifismo istituzionale che tenti di indirizzare le politiche degli Stati verso la fraternità tra i popoli?
La mia opinione è molto chiara a questo punto. Non vedo a livello istituzionale al momento possibilità di cambiare. Bisogna renderci conto che gli Stati sono prigionieri del complesso militare e industriale. Lo vedo non solo negli USA, ma dappertutto. È la maggior industria. Ma anche in Italia sono sempre le armi la maggiore industria.
I governi sono prigionieri delle armi e delle banche che chiaramente finanziano. È quasi inutile quel tentativo istituzionale. Mentre è necessario continuare con insistenza dal basso e in questo senso non riesco a capire la mia sofferenza e dolore di vedere che la nonviolenza attiva non viene da Gandhi oppure da Martin Luther King, ma da Gesù di Nazareth. Loro si sono sempre ispirati a Gesù di Nazareth. Quello che trovo assurdo è che proprio nelle comunità cristiane questo pensiero non passa. Bisognerebbe vedere nelle comunità cristiane se sono seguaci di Gesù. Gesù ha inventato la nonviolenza attiva. Allora siano le comunità cristiane le prime ad agire.
Noi tutti pacifisti e nonviolenti siamo i depositari del Premio Nobel per la pace a Ican per l’abolizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari e per il disarmo nucleare universale. Quale messaggio puoi donare a tutti noi attivisti e all’intera umanità coinvolta nelle brutali espressioni della violenza guerresca, militarista, bellicista?
Rimango dell’opinione che bisogna avere il coraggio di parlarsi chiaro. Il problema del nucleare è enorme e non è così semplice risolverlo. Penso che ci vuole molto coraggio da parte degli attivisti. Un grande resistente americano Daniel Berrigan, un gesuita, che ha sostenuto tutta la lotta contro la guerra in Vietnam. Berrigan ha fatto 44 mesi di carcere per tutte le varie azioni.
Veramente la polizia era terrorizzata dai due fratelli Berrigan. Daniel Berrigan diceva che fare la pace è altrettanto costoso di come fare la guerra. O ci metti la faccia e la pelle e hai il coraggio di sfidare anche andando in carcere, oppure è inutile.
Penso che abbiamo bisogno di questo tipo di azioni se vogliamo davvero sfondare il sistema.
Altrimenti facciamo solo proclami. Penso che ci vogliono azioni nonviolente serie che sono pagate con la galera e in tribunale. È necessario questo tipo di resistenza. Per affossare il sistema.
Davvero l’umanità intera si trova sul crinale del baratro nucleare?
Sì è vero. Siamo davanti a una guerra in Ucraina che diventa sempre più pericolosa. Teniamo presente che siamo davanti a due superpotenze nucleari. La Russia, la Nato e gli Stati Uniti. E non è uno scherzo. La Russia sempre con le armi nucleari e le ha spostate anche in Bielorussia. Altrettanto stanno facendo gli Stati Uniti. E apertamente tutto questo. E basta un niente per far saltare un qualcosa, un ingranaggio, un sistema informatico. Stiamo rischiando davvero molto. Perché la Russia deve essere condannata in tutti i termini possibili perché ha invaso un paese sovrano come l’Ucraina conducendo una guerra veramente assurda e criminale.
Ma questo non ci libera dai problemi. Noi occidentali siamo dentro altrettanto a questo meccanismo. Non prendiamoci in giro. Quando è caduto il muro di Berlino l’accordo tra Gorbaciov e Bush, accordo non scritto, ma orale tra i due, era che la Nato non doveva prendere il posto occupato dall’ex patto di Varsavia. Quindi i paesi dell’est. Invece abbiamo circondato la Russia. Putin è caduto nella trappola e ha fatto un errore enorme con questa invasione.
Il problema è che l’Occidente ha continuato dal 2014 fino all’inizio della guerra a inviare armi. Americani e inglesi hanno preparato l’esercito e adesso Biden ci dice che la guerra deve continuare: “per indebolire la Russia e per fronteggiare la Cina“. Ora nell’Indo Pacifico navi da guerra. Il comandante delle truppe statunitensi è stato nelle Filippine dove gli americani hanno moltissime basi e il comandante ha chiesto altre cinque nuove basi che verranno costruite ex novo nelle Filippine.
Gli Stati Uniti hanno già dato i sottomarini nucleari all’Australia. Qui siamo sul piede di guerra. Rischiamo la terza guerra mondiale e nucleare ed è la fine. Ecco perché è importante far capire alle persone la follia totale che stiamo vivendo e il pericolo enorme.
Basta un niente e può saltare tutto.
Nella foto: Alex Zanotelli durante la prima edizione di Eirenefest (Foto di Pressenza)