Le attività operative nella Regione di Kursk stanno sollevando nella opinione pubblica internazionale toni di grande rilevanza, per alcuni versi sproporzionata ai puri contenuti militari: “la prima invasione del suolo russo dalla fine del secondo conflitto mondiale”, declamano analisti occidentali, equiparando le azioni ucraine del Generale Syrsky a quelle del Feldmaresciallo tedesco Von Rundstedt che, nella stessa area (Kharkov e Rostov), nel 1941, distrussero nutrite schiere dell’ Armata Rossa.
Altri, soprattutto da parte russa, attribuiscono l’operazione alla volontà ucraina di minare le tenue trattative diplomatiche previste a Doha a fine mese di agosto, per un parziale cessate il fuoco che avrebbe interessato soprattutto la messa in sicurezza delle infrastrutture energetiche di entrambe le parti, così come rivelato dal Washington Post, il tutto categoricamente smentito da fonti ufficiali russe immediatamente.
E che dire del tentativo di screditare il mito della potenza nucleare russa e renderla “gestibile” da una nazione di rango nettamente inferiore quale quella Ucraina; ma se ciò corrisponde a vero, come continuare a temere la Russia come potenziale minaccia dell’Unione Europea, in grado di occupare i Baltici, e persino arrivare fino a Lisbona?
Sono tutte questioni che la grande stampa e il giornalismo di alta qualità divora e persegue con esaltazione, ma che tengono in poco conto i fattori militari della operazione.
Innanzitutto è bene identificare il tipo di azione militare che ha visto reparti ucraini avanzare dal 6 agosto in territorio russo, nell’Oblast di Kursk, ad iniziare dalla città ucraina di Sumy.
Si può parlare di una “Offensiva” in territorio russo? Assolutamente no, in quanto il termine “Offensiva” prevede il coinvolgimento di grandi masse di uomini e mezzi che qui mancano.
Si può porre questa operazione in connessione con quella in corso nel Donbass che vede i russi all'attacco? Ancora la risposta è no, perché in termini militari offensiva e controffensiva devono appartenere allo stesso territorio, per avere una valenza di compatibilità.
Quanto accaduto si può identificare solo come una “incursione offensiva” e la distinzione dei termini non è banale in quanto limita la portata dell’azione, nella misura in cui si dirà, in termini di risultati positivi per l’attaccante e effetti boomerang a suo danno.
Che l’incursione così definita abbia attuato il principio della “sorpresa” è innegabile. C’erano state in precedenza delle incursioni nella regione di Belgorod, ma erano state azioni di sabotaggio condotte da reparti non convenzionali, ed erano state contrastate da truppe russe antiguerriglia poste in allarme dalle guardie di frontiera, e per questa ragione il settore era praticamente privo di forze russe stanziali. In contrasto con tutto ciò, quella attuale è stata una vera e propria azione condotta da truppe regolari che agevolmente hanno passato il confine, sopraffatto facilmente le guardie confinarie e invaso larga parte dell territorio di Kursk; si è parlato di 1000 chilometri quadrati che comunque sono ben poca cosa se confrontati ai 130.000 chilometri quadrati che la Russia occupa in Ucraina meridionale.
Che il Presidente Zalensky vanti che le truppe di frontiera russe si siano arrese senza combattere è un puerile e a buon mercato tentativo per screditare l’avversario, il che è tipica propaganda bellica.
Nello stesso tempo l’azione è stata condotta in gran segretezza; si è potuto accertare che la stragrande maggioranza della truppa ucraina non sapesse cosa si accingeva a compiere; allo stesso modo fu condotta l’azione iniziale del 2022 in cui non tutti i militari russi erano consci della portata dell’“Operazione Speciale”.
Cosa dire della Mobilità delle truppe impiegate? L’incursione è stata condotta con grande mobilità da parte di forze ucraine meccanizzate e corazzate e appositamente selezionate, che per la prima volta si sono cimentate con un terreno privo di difesa, che ha consentito una rapida espansione in profondità.
Con riferimento agli scopi dell’azione occorre distinguere i fattori geostrategici e quelli tecnico militari.
In primo luogo tra quelli geostrategici occorre considerare perché tutto ciò avviene nella regione del Kursk, soprattutto, nell’area della città di Suzdha? la risposta immediata è quella che tiene conto che in quel territorio è attiva ancora “la via del Gas” che in un certo modo riprende vigore dopo la scoperta dei veri colpevoli della distruzione del Nord Stream 2 che, lo si ricordi bene, ha costituito da sempre la “bestia nera” dell’amministrazione americana; Vittoria Luland, massimo responsabile americana per le relazioni con l’UE che così si esprimeva in tema di risorse energetiche in una intercettazione telefonica con l’ambasciatore USA a Kiev, nel 2014: “fuck the EU”; ma anche il Presidente Biden che non esitò il 7 febbraio 2022, poco prima dell’invasione russa a dichiarare che “se la Russia invaderà l’Ucraina non vi sarà più Nord Stream 2, vi metteremo fine, e saremo in grado di farlo”
Si tratta insomma di un’area vitale per consentire all’Ucraina la ripresa del ricatto energetico all’Europa, mediante la funzione di “porta di transito”. Tutto ciò è essenziale per comprendere se e quanto quel territorio vorrà essere trattenuto dall’Ucraina nonostante ora affermi che “non è interessata ad alcuna occupazione”. In buona sostanza il gas ucraino, con tutti i contratti attivi tra Gasprom e vari interlocutori, costantemente aggiornati, con scadenza 2025 e oltre, costituisce una evidenza che la presenza ucraina in quel territorio non sarà né breve né facile.
Quanto ai fattori prettamente operativi, fin dall’estate del 2023 al tempo della cosiddetta “controffensiva ucraina”, in previsione di uno sfondamento, i Generali ucraini si erano espressi per una possibile acquisizione di territorio russo allo scopo di detenere un “tesoretto” da far valere in corso di trattativa futura come interscambio: “land (russa) for land (ucraina)”; e questo paradosso di acquisizione di terre oltre confine, veniva a dare corpo ad un decreto presidenziale in cui si presagiva una sorta di salvaguardia delle popolazioni ucraine di confine; tutto ciò era considerato un risultato stravagante dato che le terre da salvaguardare erano proprio quelle a maggioranza russa; insomma, al tempo nessuno capì di cosa si parlasse e l’incursione odierna sembra strettamente connessa a quelle “fantasie” che il precedente Capo di Stato Maggiore ucraino Zaluzhny fortemente contrastava. Avvisaglie di questa intenzionalità si erano anche palesate nel corso delle incursioni di sabotaggio di cui si è detto che sono state mal interpretate dai russi, come fini a se stesse.
Ciononostante e detto tutto ciò, questa incursione non potrà avere un valore illimitato nel tempo in quanto non è militarmente immaginabile che l’Ucraina possa detenere a lungo, con così poche forze, il controllo di un tale territorio, attorniato da russi; si consideri anche che queste forse ucraine sono sottratte al fronte principale dove i russi sono in costante progressione e acquisizione di terreno.
Accantonato per un momento il valore del fattore Gas rimangono da esaminare le altre funzioni che pregiudicano il pratico mantenimento dell’area, qualunque uso il Presidente Zalensky ne voglia fare; si è parlato di una zona cuscinetto per bilanciare quella che i russi intendono attuare nel sud Ucraina; il che è ridicolo!
Quanto all’occupazione, i Militari, come al solito, controllano un territorio nemico distruggendo e accaparrando quanto non è facile o possibile distruggere. E questo sta accadendo anche a Kursk dove, nonostante alcuni servizi giornalistici occidentali mostrino cittadini russi che affermano “sono gentili e ci trattano bene”, la verità è ben altra e il territorio diverrà con il tempo più e più ostile agli ucraini e assai meno gestibile di quanto essi possano pensare. A meno che i russi si siano trasformati in una razza aliena e imbelle; ma se così fosse la guerra si potrebbe considerare finita e sarebbe inutile parlarne oltre!
Ma l’aspetto più importante riguarda se e in che misura essa sia un’azione decisa dall’Ucraina in autonomia oppure vi sia la mano di altra nazione o gruppo di nazioni.
Politicamente è senz’altro operazione ucraina. Militarmente, invece, è da escludere qualunque forma di autonomia, anche se la soddisfazione maggiore dei Generali ucraini sarà quella di aver dimostrato a vari Paesi occidentali che pongono ostacolo all’uso in territorio russo delle armi concesse (vedi Italia), che sono in grado utilizzarle senza sottostare a “impedimento” di sorta.
Oltre a ciò chi ci sia dietro l’operazione è difficile da individuare; in ambito Nato esistono diverse linee di comportamento; alcune nazioni avanzano una chiara linea di distacco; altre approvano senza riserva; altre ancora tacciono, oppure negano di conoscere, il che è segnale ineccepibile di coinvolgimento: tra questi Usa e Gran Bretagna.
Gli Usa perché vale sempre il principio che nulla avviene senza l’avallo americano e le risorse essenziali di intelligence disposizione ( che poi, in realtà, sono quelle Nato); quanto alla Gran Bretagna, pur non dando alcun peso e fiducia ad intercettazioni russe che segnalano ufficiali ucraini intrattenersi tra loro discorrendo in nglese, la dinamica dell’intera operazione parla espressamente di una regia britannica, preparata con forze giuste e bilanciate, tempestiva nella esecuzione e finalizzata ad obiettivi individuati con pianificazione occidentale; il fatto che molti di questi target non siano raggiunti dipende dalla esecuzione ucraina e non dalla regìa britannica.
In ciò nasce spontaneo chiedersi se e quanto la Nato sia coinvolta complessivamente, anche perché la reazione russa la pone sul banco degli imputati. In altre parole e nel dettaglio, l’Italia, in quanto paese Nato, è responsabile delle azioni prese singolarmente da USA e UK in territorio russo?
La domanda più importante militarmente rimane quanto a lungo le forze ucraine possono permanere in territorio russo e perseguire gli obiettivi fissati.
Pur considerando la debole reazione russa fino ad ora, la durata di occupazione dipenderà non tanto dagli ucraini, ma dall’abilità dei russi nel circoscrivere la spinta ucraina e restringerla ad una “sacca” dalla quale sarà difficile uscire. In questo senso sarà opportuno che gli ucraini non allunghino eccessivamente il territorio occupato, ma lo espandano mantenendo il collegamento con la madrepatria, il tutto combinato con la pianificazione di quante truppe essi intendano convogliare nell’area di Kursk. Al momento è l’area di Sumy il polmone riserva dell’Ucraina; ma distogliere forze da quell’area significa compromettere la tenuta del fronte sud che è già in sofferenza di uomini e mezzi; ancora una volta pertanto si tratta di invocare aiuti all’occidente e, se possibile, ricorrere ad ulteriore reclutamento di giovani da immettere nei territori contesi.
In ultima analisi perché sta avvenendo tutto ciò? A che scopo invadere una porzione di territorio russo?
Lo scopo principale ucraino, fallito, era indurre la Russia a “dichiarare guerra” e procedere alla mobilitazione generale, con 2 milioni di russi da portare sotto le armi, il che avrebbe prodotto una frattura societaria di grandi dimensioni; il presidente Putin non è caduto nella trappola, non ha dichiarato alcuna guerra e conta, come per il passato, di procedere all’arruolamento di volontari, soprattutto provenienti dall’area asiatica della Federazione.