Gaza: impedire che la guerra continui dopo la guerra

di Domenico Gallo - domenicogallo.it - 19/11/2023
A Gaza è calato l’inferno sopra una popolazione di oltre due milioni di individui. Di fronte a una situazione così orribile, scompaiono le ragioni e i torti di una parte o dell’altra. Questa realtà è inaccettabile, la comunità internazionale, tutti gli Stati hanno il dovere di agire per fermare il massacro e ristabilire la pace.

Secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Sanità di Gaza (controllato da Hamas), l’attacco israeliano alla Striscia ha provocato la morte di 11.470 persone, tra cui 4.707 bambini, 3.155 donne e 668 anziani, mentre 29.000 sono rimasti feriti. Tra i morti ci sono 203 operatori sanitari e 36 della protezione civile, mentre più di 210 operatori sanitari sono rimasti feriti. Nello stesso periodo, in Cisgiordania, 197 palestinesi sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco dell’esercito israeliano e 2.750 sono rimasti feriti. I numeri sono impressionanti, ma non danno conto della dimensione reale del dramma, non riescono a descrivere l’inferno dei feriti lasciati morire per l’impossibilità di essere curati, il fetore di morte per i cadaveri rimasti sotto le macerie e per quelli accumulati nei pressi degli ospedali, l’orrore delle fosse comuni dove vengono frettolosamente seppelliti, l’angoscia delle partorienti sotto le bombe, la fame e la sete degli sfollati rimasti senza tetto, acqua e cibo.

A Gaza è calato l’inferno sopra una popolazione di oltre due milioni di individui. Di fronte a una situazione così orribile, scompaiono le ragioni e i torti di una parte o dell’altra. Questa realtà è inaccettabile, la comunità internazionale, tutti gli Stati hanno il dovere di agire per fermare il massacro e ristabilire la pace. Invece non solo non vengono applicate sanzioni di alcun tipo per fermare Israele, ma non si ha nemmeno il coraggio di invocare il cessate il fuoco per non disturbare i piani del governo israeliano. L’Italia e l’Unione europea balbettano di tregua umanitaria, di far passare i convogli con i generi di prima necessità, di aumentare gli aiuti a Gaza. Ma a cosa serve una tregua se poi i combattimenti sono destinati a riprendere?

Il silenzio della politica ci rende complici. Quando ogni 10 minuti muore un bambino a Gaza, il fattore tempo è essenziale. Dobbiamo pretendere che il nostro Paese e le Istituzioni europee di cui facciamo parte chiedano a voce alta il cessate il fuoco ed esercitino su Israele pressioni non inferiori a quelle operate sulla Russia per ottenere lo stop di ogni massacro. Il cessate il fuoco interrompe la fase cruenta della guerra, può favorire il rilascio degli ostaggi ma non assicura la pace. Netanyahu ha comunicato l’intenzione di rioccupare Gaza per garantire la sicurezza di Israele. Questo sarebbe il modo migliore per rendere il conflitto permanente. Come si può pensare che dopo aver seminato lutti in tutte le famiglie, dopo aver trasformato in sfollati oltre un milione di persone, dopo aver distrutto il 50% delle abitazioni e gli impianti indispensabili per la vita civile, l’esercito israeliano possa amministrare il territorio e tenere sotto controllo la popolazione superstite di Gaza?

Dopo i disastri che ha combinato non può essere consentito a Israele di restare arbitro della vita e della morte degli abitanti di Gaza, né si può consentire a Hamas di ritornare al governo di Gaza. Contestualmente al cessate il fuoco occorre progettare un intervento immediato per gestire la situazione nella Striscia. A questo punto deve intervenire la Comunità internazionale attraverso l’Onu per definire lo status giuridico di Gaza, almeno con una soluzione transitoria. La Striscia deve essere sottratta al controllo di Israele con una risoluzione del Consiglio di sicurezza, come in passato avvenne per il Kosovo, che fu distaccato dalla Serbia e sottoposto a una amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in virtù della Risoluzione 1.244 del 10 giugno 1999. Un’amministrazione civile e militare dell’Onu dovrebbe liberare gli ostaggi, se ancora sequestrati, e procedere al disarmo di Hamas e della Jihad islamica, che potrebbero restare attivi come partiti politici assieme ad altri, impedire che dal territorio della Striscia possano partire atti di ostilità contro Israele, affrontare tutte le emergenze causate dalla guerra, rimettere in funzione le strutture sanitarie, ripristinare le telecomunicazioni, i collegamenti aerei e marittimi della Striscia con il resto del mondo, avviare la ricostruzione e ogni altro programma indispensabile per consentire alla popolazione civile di superare i traumi prodotti dai massacri e dalle privazioni causate dall’assedio a cui sono stati sottoposti.

L’amministrazione dell’Onu dovrebbe promuovere la creazione, in attesa di una soluzione definitiva, di una sostanziale autonomia e autoamministrazione della Striscia di Gaza. Non sarebbe un libro dei sogni. Anche gli Stati Uniti si sono detti contrari alla rioccupazione di Gaza da parte di Israele. Su questo principio non dovrebbe essere difficile realizzare una convergenza dei Paesi titolari del diritto di veto al Consiglio di Sicurezza. Quando questa follia sarà finita, bisognerà fare tutto il possibile per impedire che la guerra continui dopo la guerra. (articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 19 novembre 2023 con il titolo: Palestina come il Kosovo: l’ONU porti pace e libertà)

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