Dopo la “sbronza” mediatica seguita all’attentato subito dal candidato alla Presidenza americana Donald Trump, in cui si è detto tutto e il contrario di tutto su un evento che rimane eccezionale e che probabilmente inciderà marcatamente sulla nomina del nuovo Presidente degli Stati Uniti, sembrava che si fosse persa traccia delle determinazioni del Summit di Washington che i leader dei 32 paesi associati, con qualche eccezione, avevano definito “pietre miliari” del percorso di protagonismo dell’Alleanza sulla scena mondiale. Tra queste non figura la “donazione” di 43 miliardi all’Ucraina; si trattava di un sostegno ampiamente annunciato: sembra che il Presidente Zelensky abbia una capacità di procacciare denaro davvero invidiabile per cui ovunque vada riceve soldi in dono, beato lui!
Sembrerà strano, ma il primo a riprendere la narrazione post Summit e ad accorgersi del cambiamento, è stato il Presidente Zelensky stesso che, da una posizione di assoluta soddisfazione per i risultati, non solo ha affermato la disponibilità a “colloquiare” con il nuovo Presidente USA, con buona dose di arroganza, ha addirittura espresso l’auspicio che alla prossima “conferenza di pace” che avverrà in novembre a Kiev, partecipi una delegazione russa; qualcuno dovrebbe dirgli che le “conferenze di pace” non si organizzano in questo modo!
Ma prima di valutare queste molteplici “pietre miliari” va segnalato che il Summit si prefiggeva essenzialmente lo scopo di precostituire un “tesoretto di risorse” pro Ucraina al riparo da azioni di diverso tenore attivate dalla possibile elezione di Trump alla Presidenza! Molti commentatori, illuminati dalle “gaffe” di Biden, avevano sorvolato sulla reale possibilità di attuare quanto deciso; ma poi è intervenuto l’attentato a Trump e tutto è cambiato!
Ma veniamo alle citate “pietre miliari” del Summit.
Prima di tutto va esaminata la dichiarata “irreversibilità” del processo di adesione dell’Ucraina alla Nato, a mio parere vera e propria minaccia alla sicurezza globale e alla stessa sopravvivenza della Nato; si tratta di un concetto che costituisce dichiarazione di guerra alla Russia, che ha le basi nella Dichiarazione del Summit Nato di Bucarest dell’aprile 2008, nel quale si affermò la volontà di accogliere nell’Alleanza la Giorgia e l’Ucraina, che poi passò in un dimenticatoio temporale, contrassegnato dalla guerra tra Giorgia e Russia per il possedimento dell’Ossezia del Nord; al tempo gli americani decisero di non andare oltre il semplice rifornimento di armi e materiali alla Giorgia e la Nato non fu coinvolta. Ma lo scenario bellico presagiva quello che si sviluppò poi in Ucraina
Affermare oggi che l’adesione dell’Ucraina è di natura irreversibile significa dichiarare che le 32 nazioni che formano l’alleanza voteranno concordemente la dichiarazione di guerra alla Russia. Ma questa concordanza tra i popoli europei sembra che non esista! E non si tratta di ribadire chi sia l’aggressore e chi l’aggredito, ma stabilire semplicemente chi vuole entrare il guerra contro la Russia e chi no. In altre parole, accettare la “irreversibilità” significa accettare la guerra con la Russia.
L’America forse vuole quella guerra, dato che avviene in Europa, ma non credo si possa affermare lo stesso per gli europei. Sarebbe interessante conoscere chi ha avuto l’idea nella confezione della parola “irreversibile”: quel geniale di Stoltenberg oppure si tratta di un suggerimento inglese, che in queste cose sono bravissimi e fantasiosi?
La seconda pietra miliare consiste nella definizione del sistema con cui verranno gestiti gli aiuti nazionali all’Ucraina.
La Nato assumerà il coordinamento delle operazioni nazionali; ciascuno Stato avrà il dovere di indicare quali e quante risorse porre a disposizione che saranno gestite da un Nucleo specifico alleato in accordo con l’Ucraina che deciderà cosa vuole fare e, di conseguenza, quali aiuti debbano essere predisposti e inviati .
Anche se le incognite sembrano tante, ci sarà un ombrello di pianificazione concertato con l’utilizzatore che potrà godere di un flusso costante di mezzi e materiali in accordo con le operazioni previste.
Nessuno potrà nascondere che si tratta di una manovra “anti Trump” nel caso che questi voglia incidere e variare il flusso di aiuti; rimane il fatto che il Presidente americano potrà certamente ridurre le immissioni Usa, lasciando che i pianificatori Nato gestiscano solo quelle delle nazioni europee che sarebbero chiamati a colmare i mancati arrivi americani con incremento delle proprie immissioni. D’altra parte è ben nota la posizione di Trump secondo cui: “la guerra è europea e siano gli europei a pagarla e, nel caso, combatterla”.
Non va sottovalutato che se questo sistema entrasse in vigore, sarebbe ben difficile che l’Italia possa mantenere il segreto di stato sui quantitativi di armi inviati; sarebbe un segreto che in ambito Nato molti conoscerebbero.
Sempre in tema di decisioni prese di difficile realizzazione pratica, il Segretario di Stato Usa Antony Blinken ha spiegato che già nell’estate in corso cominceranno a “volare” sui cieli d’Ucraina i 43 caccia F-16 che Olanda e Danimarca hanno concordato di trasferire a Kiev. Altri 16 velivoli verranno forniti dalla Norvegia.
Giustamente Blinken ha parlato di “volare” dato che la permanenza di questi velivoli su suolo ucraino sarebbe incauto; gli F 16 dovranno quindi stazionare fuori del territorio, in Polonia forse, per essere trasferiti in un brevissimo periodo in aeroporto ucraino, il tempo di consentire ai piloti di decollare, fare la missione, tornare alla base, far scendere il pilota ucraino, caricare a bordo il pilota Nato per far ritorno in Polonia; mi chiedo se tutto ciò sia efficace stante il numero limitato di piloti ucraini e la necessità di attivare le manutenzioni. E che lo scambio di piloti debba avvenire sembra indiscutibile dato che la missione non può iniziare da Paese Nato con un pilota ucraino.
Senza contare che solo F 16 di nuova generazione (Fighting Falcon Fighter) sarebbero in grado di affrontare i moderni Jet russi Sukoy SU 57, studiati per contrastare gli americani F35.
Ad ogni modo e considerato che fino ad ora il dominio dell’aria non è stato un vincolo dominante per ambedue i contendenti, sarebbe opportuno che gli ucraini non attivassero una campagna aerea di tal genere, che li vedrebbe (per ora) battuti, a meno che essi non ricevano un numero cospicuo di F 16 di moderna concezione.
Esistono altre due pietre miliari, emerse dal Summit che, pur non essendo propriamente di valenza atlantica avranno grande risonanza in ambito Nato; missili americani da dislocare in Germania e il richiamo alla azione cinese.
Quanto alla prima questione, essa è intervenuta a margine del Summit con un comunicato congiunto tra amministrazione Biden e governo tedesco guidato da Olaf Scholz in cui si annuncia che gli Stati Uniti avvieranno a partire dal 2026 il dispiegamento di missili a lungo raggio Tomahawk, Sm-6 e vettori ipersonici (ancora in fase di sviluppo) sul territorio della Germania. La misura, recita il comunicato, certifica «il contributo degli Stati Uniti alla deterrenza integrata». Si tratta di un giro di parole che ha il senso di ripristinare una pericolosa e rinnovata corsa agli armamenti che, ovviamente, avrà una risposta di simile fattura da parte russa.
Lo schieramento di missili in questione va a potenziare lo scudo statunitense composto da sistemi Mk-41 installati in Polonia e Romania, in grado di lanciare sia intercettori che missili da crociera armati di testata convenzionale o nucleare.
Con riferimento alala Cina, è la prima volta che i Paesi membri della Nato sottoscrivono una denuncia di Washington in merito all’appoggio militare cinese alla Russia, nonostante sul campo di battaglia non sia finora comparso alcun sistema d’arma o proiettile cinese. Nel testo si specifica per di più che la Cina sarà chiamata a pagare un prezzo in termini di «reputazione e interessi» per la sua collaborazione de facto alla campagna militare russa.
Da evidenziare che questa critica alla Cina è stata sostanzialmente sottoscritta dai rappresentanti di Giappone, Corea del Sud, Australia e nuova Zelanda presenti al Summit, che entrano nella piattaforma di sicurezza a guida statunitense denominata Aukus. Il fatto che mentre ciò si discuteva 60 Jet cinesi volavano intorno Taiwan non è per nulla incidentale.
Quanto alla situazione di combattimento in Ucraina si registrano sempre piccoli avanzamenti russi, piccoli villaggi e aree rurali senza particolare rilevanza operativa (progressi “catastali”), specie nel settore orientale; sembra ormai accertato che la linea ufficiale russa sia di non puntare alle città e al guadagno di territorio, ma al logorio dell’avversario sempre più carente di uomini (e munizioni); obiettivo sembra essere divenuto il “fronte interno” dove si sollevano per la prima volta chiari segni di allarme sociale che non possono essere compensati dai rifornimenti occidentali che non arrivano alla popolazione, ormai dimezzata, in cui i giovani fuggono o si nascondono per non essere arruolati tanto che è stata approvata una legge in cui si offre la libertà ai detenuti che decidano di entrare nell’esercito.
Un’ultima notazione riguarda la richiesta italiana di nominare un rappresentante Nato per il settore sud dell’Alleanza.
Si sta discutendo chi possa essere e a quale nazione debba appartenere (mi raccomando, non sia finlandese!), mentre forse sarebbe più utile chiarire cosa debba fare, quale sia la sua competenza e come si collega questa figura al Comando Nato Sud che, a quanto sembra, manterrà tutte le sue funzioni