Quos Deus perdere vult, dementat prius (quelli che Dio vuole perdere, per prima cosa li rende dementi).
Questa locuzione fu usata da Lev Tolstoj in Guerra e Pace per descrivere Napoleone Bonaparte che ordina l’avanzata in territorio russo nel 1812. La catastrofe della guerra in Russia indubbiamente fu frutto del delirio di potenza che aveva oscurato la mente di Napoleone. Oggi ci troviamo di fronte alla programmazione di una nuova e più catastrofica campagna di Russia perseguita con stolido accanimento dalle élite politiche europee, sorde e cieche ad ogni criterio di responsabilità. Lasciamo perdere la NATO che, come struttura militare per esistere e prosperare, ha bisogno di un nemico contro il quale prepararsi a combattere. Per questo non possiamo stupirci delle dichiarazioni dall’Ammiraglio olandese Rob Bauer, Presidente del Comitato militare della NATO che il 18 gennaio ha dichiarato: “”Vivere in pace non è un dato di fatto. Ed è per questo che ci stiamo preparando per un conflitto con la Russia“, che potrebbe scoppiare entro “i prossimi 20 anni“. Neppure possiamo stupirci delle dichiarazioni del Segretario Generale della NATO, Stoltemberg/Stranamore, secondo cui “i membri della NATO devono prepararsi a un possibile scontro con la Russia che potrebbe durare decenni”. Il problema sono le scelte della politica. In questi giorni stiamo assistendo ad una nuova levata di scudi. Due anni di guerra catastrofica ed il fallimento in un mare di sangue della tanto invocata controffensiva ucraina, non hanno insegnato nulla sull’insensatezza dei massacri in corso alla frontiera orientale dell’Europa. In Europa si è formato un partito unico della guerra, in cui confluiscono tutte le forze politiche di centrodestra e di centrosinistra, nel quale i verdi ed i socialisti si contendono la prima fila con i popolari ed i conservatori.
E’ particolarmente inquietante che il Parlamento europeo, con l’ultima risoluzione del 29 febbraio, abbia continuato a istigare la costruzione di nuovi cimiteri di guerra in Ucraina e a percorrere la strada dell’escalation del conflitto.
Secondo il Parlamento europeo non bisogna lasciare nessuna scelta alla Russia, non ci deve essere nessun negoziato per porre fine alla guerra, nessuna mediazione fra gli interessi contrapposti. La guerra deve finire necessariamente con la “vittoria” dell’Ucraina e con la sconfitta della Russia. La vittoria consiste nel recupero manu militari da parte dell’Ucraina di tutti territori perduti a partire dal 2014, ivi compresa la Crimea. In particolare, il Parlamento Europeo: “ricorda l’importanza di liberare la penisola di Crimea, occupata dalla Russia da ormai un decennio – e allo scopo – sostiene gli sforzi dell’Ucraina volti a reintegrare la Crimea, in particolare la piattaforma per la Crimea”.
Per consentire all’Ucraina di conseguire una vittoria militare, che al momento appare impossibile, bisogna proseguire con la fornitura di aiuti militari all’Ucraina “per tutto il tempo necessario.” Il sostegno militare deve essere incrementato quanto bisogna: “per consentire all’Ucraina non solo di difendersi dagli attacchi russi, ma anche di riconquistare il pieno controllo di tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale”. Per questo non ci deve essere più alcuna restrizione alla fornitura di sistemi d’arma più performanti e a lungo raggio: “come i missili TAURUS, Storm Shadow/SCALP e altri –di cui l’Ucraina ha bisogno, assieme a– moderni aerei da combattimento, vari tipi di artiglieria e munizioni (in particolare da 155 mm), droni e armi per contrastarli.” Naturalmente tutto ciò ha un costo, per cui il Parlamento Europeo: “appoggia la proposta secondo la quale tutti gli Stati membri dell’UE e gli alleati della NATO dovrebbero sostenere militarmente l’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro PIL annuo.”
Il linguaggio della guerra si alimenta di miti (come lo scontro fra autoritarismo e democrazia) per offuscare la ragione collettiva e occultare la dimensione reale di sofferenza, distruzione e morte che tali scelte politiche producono. La nuova campagna di Russia lanciata dagli irresponsabili leader europei, sulla orme di Biden, è molto più disastrosa di quella di Napoleone perché all’epoca non esistevano le armi nucleari. Pretendere di disgregare la Russia, staccandone la Crimea, che dal 2014 costituisce una Repubblica autonoma inserita nella Federazione Russa, in virtù di una decisione assunta pacificamente dalla sua popolazione con un referendum, vuol dire puntare all’umiliazione del nemico ed escludere ogni possibilità di negoziato. Molto sangue sarà versato e non sarà solo sangue ucraino, destinato ad esaurirsi. Se si continua su questa strada, ce l’ha ricordato il miniNapoleone francese, sarà inevitabile l’invio di truppe di Stati europei. Se la Russia dovesse trovarsi con le spalle al muro, niente può escludere che metta mano al grilletto nucleare. Di fronte all’irresponsabilità delle élite europee, brilla la saggezza del Presidente John F. Kennedy che sessanta anni fa riuscì a scongiurare la guerra con l’Unione sovietica per effetto della crisi dei missili a Cuba, osservando che: “Le Potenze nucleari devono evitare un confronto che dia all’avversario la scelta fra ritirarsi umiliato o usare le armi nucleari. Sarebbe il fallimento della nostra politica e la morte collettiva”.