La guerra, lo sappiamo tutti, è scoppiata quando le armi hanno iniziato ad intonare il loro lugubre canto, il 24 febbraio 2022. Nessuna guerra scoppia all’improvviso come un fulmine a ciel sereno. Specialmente questa guerra che è stata preceduta da una lunga incubazione e da un conflitto odioso che si trascinava dal 2014. Se la guerra è iniziata il 24 febbraio, la pace ha cominciato ad estinguersi molto tempo prima. Noi sappiamo quando inizia la guerra, ma dobbiamo chiederci – come fa Cassandra di Christa Wolf – quando è iniziata la vigilia della guerra?
Quando ha iniziato ad oscurarsi quell’orizzonte luminoso, balenato con la demolizione del muro di Berlino e lo smantellamento dello strumentario della guerra fredda?
Il processo di degradazione delle relazioni internazionali e di costruzione del nemico di norma avviene per fasi, però ci sono dei passaggi salienti. Le vere scelte che cambiano il clima geopolitico del 1989 vengono effettuate nel corso del 1997 dall’amministrazione Clinton che, stracciando gli impegni assunti con Gorbaciov, decide di estendere la NATO ad est, cominciando ad inglobare Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Si trattava della scelta politicamente più impegnativa che sia stata fatta dall’Amministrazione USA, dopo quella del contenimento dell’URSS, che ha dato origine alla prima guerra fredda. Contro questa scelta insorsero proprio coloro che la guerra fredda l’avevano teorizzata e praticata. In un articolo sul New York Times del 7 febbraio 1997 il diplomatico americano George Kennan, uno dei teorici della guerra fredda, lanciò un grido d’allarme, osservando:
“ la decisione di espandere la NATO sarebbe il più grave errore dell’epoca del dopo guerra fredda. Una simile decisione avrebbe l’effetto di infiammare le tendenze nazionalistiche antioccidentali e militariste nell’opinione pubblica russa, pregiudicherebbe lo sviluppo della democrazia in Russia, restaurerebbe l’atmosfera della guerra fredda nelle relazioni est ovest, spingerebbe la politica estera russa in direzioni a noi decisamente non favorevoli.”
Se vogliamo individuare una circostanza precisa in cui è stato formalmente deciso di avviare la costruzione del nemico, identificando la Russia, non più come un partener con il quale collaborare ma come un avversario da stringere d’assedio, questa è il summit che si svolse a Madrid l’8 e il 9 luglio 1997, dove la NATO assunse la decisione di estendersi ad est, cominciando ad includere Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, che furono formalmente ammesse nel 1999.
E’ dal 9 luglio 1997 che si è verificata la svolta nella storia: è stato programmato l’avvio di una nuova guerra fredda. Una guerra fredda di cui l’opinione pubblica è stata tenuta rigorosamente all’oscuro. Infatti nessun dibattito politico è stato aperto sulla scelta di allargamento della NATO, che è passata, senza ostacoli o ripensamenti, come se fosse un’operazione banale, non degna di nota. All’epoca non si poteva prevedere la guerra che sarebbe scoppiata 25 anni dopo, però non era difficile comprendere che la nuova guerra fredda che si stava impiantando sarebbe stata molto più pericolosa della prima perché avrebbe attizzato derive nazionalistiche molto più irrazionali del confronto ideologico che animava, ma frenava anche, la prima guerra fredda. Tuttavia, una scelta, così densa di incognite, è passata inosservata, la politica si è voltata dall’altra parte e nessuno si è accorto che si stava impiantando nel cuore dell’Europa una nuova cortina di ferro.
Il passo successivo è stato quello di cambiare la missione della NATO, che ha “superato” la sua natura di patto difensivo e si è trasformata in un formidabile strumento militare del tutto svincolato dal rispetto della Carta dell’ONU. Questa nuova missione è stata sperimentata con l’aggressione alla Jugoslavia: settantotto giorni di bombardamenti ininterrotti, volti a smembrare l’integrità territoriale della Jugoslavia con la separazione del Kosovo. Nel summit per il cinquantenario della NATO a Washington il 23 e 24 aprile 1999, la NATO legittimava questo suo nuovo volto, dichiarandosi competente a compiere operazioni militari al di fuori dell’art. 5 del Patto Atlantico, cioè si riappropriava del diritto di guerra. Nel disinteresse generale è proseguita l’espansione della NATO ad est, che ha inglobato nel 2004 anche quelle Repubbliche che una volta facevano parte dell’Unione Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania). L’allargamento della NATO ha comportato il dispiegamento di un dispositivo militare ostile ai confini della Russia e come tale è stato percepito.
Un ulteriore passo che ha aggravato la tensione è stato il ritiro degli USA dal Trattato ABM. A seguito di ciò gli USA hanno impiantato una base ABM in Polonia e in Romania. Il sistema ABM utilizza lanciamissili “Aegis”, che possono utilizzare diverse varietà di missili fra cui il missile da crociera con testata nucleare Tomahawk, con una gittata di 2.400 km.
Nel 2008, da un dispaccio dell’ex ambasciatore USA a Mosca, Burns, pubblicato da Wikileaks, intitolato “Niet significa niet” emergeva che non solo Putin, ma l’intera classe politica russa era assolutamente contraria all’allargamento della Nato a Est.
E’ tuttavia, proprio nel 2008, la NATO lanciava un altro guanto di sfida alla Russia. Nel summit svoltosi a Bucarest il 2 aprile 2008, il Consiglio Atlantico stabiliva il “principio della porta aperta” per l’ingresso di Ucraina e Georgia nella NATO.
Gli eventi politici successivi, con il golpe di Maidan del 2014, hanno comportato la definitiva inclusione dell’Ucraina nella sfera d’influenza degli USA e l’esplosione di un gravissimo conflitto politico fra la Russia e l’Ucraina, collegato all’annessione della Crimea alla Federazione russa ed alla secessione del Donbass, che ha dato luogo ad una sanguinosa guerra civile che gli accordi di Minsk non sono riusciti ad arginare.
Attraverso questo lungo percorso nell’orizzonte internazionale la Pace si è progressivamente degradata, è cresciuta l’ostilità fra l’Occidente e la Russia, di pari passo con l’accresciuta minaccia militare.
Siamo così arrivati alla vigilia dello scoppio della guerra. Nell’inverno del 2021, la pressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina si era fortemente accresciuta, dal canto suo la NATO aveva rafforzato il suo dispositivo militare e aveva mostrato i muscoli con diverse esercitazioni militari. In particolare in Estonia, nel 2020 aveva condotto un esercitazione a fuoco vivo a 110 km del confine russo e sempre in Estonia nel 2021 aveva lanciato 24 razzi per simulare un attacco contro obiettivi di difesa aerea all’interno della Russia.
In altre parole l’ostilità ed il confronto fra due blocchi politico-militari era arrivato ad un punto di tensione tale che mai si era verificato durante la prima guerra fredda, se si esclude la crisi dei missili a Cuba nel 1962.
Nel dicembre del 2021 vi erano solo due alternative: o si aprivano delle trattative per ridurre la pressione militare ed il confronto fra i due blocchi contrapposti, oppure bisognava rassegnarsi alla guerra, che sarebbe iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La Russia ha deciso di dare una chance alla pace e di riannodare i fili del dialogo e della cooperazione sul tema della sicurezza reciproca. Il 15 dicembre ha pubblicato sul sito del Ministero degli esteri in russo ed in inglese una bozza di trattato da siglare con la NATO ed un’altra bozza da siglare con gli USA. Al centro delle proposte russe c’era l’impegno dei paesi occidentali a non espandere ulteriormente la NATO ad est e la richiesta di ridimensionare la pressione militare della NATO, annullando la dislocazione di basi missilistiche e ritirando le armi nucleari USA dislocate sul territorio di Stati non nucleari (come l’Italia e la Germania). Non si trattava di un diktat, ma di una proposta di negoziato che puntava ad arrestare la corsa agli armamenti e a depotenziare il confronto strategico politico-militare. Qualche giorno fa, il 7 settembre 2023 il Segretario generale della NATO ha confessato dinanzi alla Commissione esteri del Parlamento europeo che la Russia voleva trattare per evitare lo scoppio della guerra e si è vantato di aver chiuso la porta in faccia ad ogni dialogo. In pratica Stoltenberg ha riconosciuto che la vera causa della guerra, e il motivo per cui si continua a combattere, è la spinta incessante degli Usa ad allargare la Nato all’Ucraina. Ecco le parole rivelatrici del segretario Nato:
“Sullo sfondo c’era la dichiarazione del presidente Putin dell’autunno del 2021, che in realtà aveva già inviato una bozza di trattato che voleva far firmare alla Nato, in cui ci chiedeva di promettere di non allargare ulteriormente l’Alleanza. Era una condizione preliminare per non invadere l’Ucraina. Naturalmente noi non abbiamo firmato, anzi è successo l’opposto. Putin voleva che firmassimo l’impegno a non allargare mai la Nato e voleva che smobilitassimo le nostre infrastrutture militari atlantiche in tutti i Paesi entrati a far parte dell’Alleanza dopo il 1997. Si trattava di metà della Nato, voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la Nato da tutta l’Europa centrale e orientale, introducendo una sorta di adesione di serie B. Abbiamo respinto questa richiesta. Perciò Putin è entrato in guerra, per evitare che ci fosse più Nato ai suoi confini e ha ottenuto l’esatto opposto”
Riflettiamo su queste parole, Stoltenberg ha riconosciuto che il blocco di ogni ulteriore allargamento della NATO “Era una condizione preliminare per non invadere l’Ucraina.”
Stoltenberg e Biden hanno preferito la guerra, pur di non rinunziare al loro progetto di piantare la bandierina della NATO in Ucraina.
Il 16 dicembre 2021 Stoltenberg nel corso di una conferenza stampa congiunta con Zelensky, respinse orgogliosamente al mittente le proposte russe.
Quel giorno è finita la pace in Europa.
(testo dell’intervento al convegno Il Coraggio della pace, Firenze, 23 settembre 2023)