Abbiamo ascoltato le dichiarazioni del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in una bella puntata di Otto e Mezzo su La7 con Lilli Gruber.
Devo dire che ancora una volta non ho potuto provare una dolorosa indignazione nell’ascoltare da lui metafore calcistiche (la prossima vittoria di Kiev come quella del Liverpool contro il Milan in Champions League), quasi che la guerra fosse un gioco e non implicasse la sofferenza di un popolo, il massacro di un’intera generazione di ucraini.
Il ministro parte da assunti fideistici, come se non fossimo nel 2023, ma ancora nel Medioevo quando si combattevano guerre di religione. È del resto confortato dalla propaganda occidentale. La storia recente è abolita. L’“ingiustificata e non provocata” aggressione russa costituirebbe una minaccia di invasione da parte del nuovo zar imperialista che vorrebbe dominare sull’Europa tutta, “fino a Lisbona” come ha ripetuto un ascoltato e simpatico giornalista. Quindi è giusto che gli ucraini muoiano e soffrano per la loro libertà e per la libertà dell’Europa. Strano. Se il ministro fosse veramente convinto di quel che afferma, avrebbe molte armi per convincere i membri della Nato a scendere in guerra “stivali nel campo”. Se tenesse al suo popolo e al suo Paese, potrebbe far valere una comprensibile posizione: l’esercito ucraino non è disposto a morire per la libertà dell’Europa se i membri della Ue e della Nato non fronteggiano insieme a quelli di Kiev il comune pericolo.
Purtroppo egli sa bene che non c’è alcuna minaccia all’Europa e che non ci sarebbe stata invasione dell’Ucraina se il suo governo avesse difeso un percorso a vantaggio del suo popolo che poteva essere facilmente negoziato con Russia e Stati Uniti. L’Ucraina si sarebbe salvata se: 1) avesse imposto il proprio avvicinamento all’Europa grazie a liberi investimenti occidentali, apertura commerciale e serie riforme di una democrazia debolissima, dominata da oligarchi e da forze nazionaliste radicali, bisognosa di riforme dell’amministrazione, dell’Istruzione e della Sanità; 2) avesse negoziato una neutralità protetta da forti garanzie internazionali; 3) avesse applicato gli accordi di Minsk e concesso l’autonomia linguistica e uno status egualitario (si possono ancora recuperare i discorsi dei presidenti ucraini che minacciano di togliere scuole e pensioni agli abitanti del Donbass) alle regioni divenute poi separatiste; 4) avesse evitato sul proprio territorio una penetrazione militare anglosassone che non poteva non avere conseguenze sulla minaccia recepita da Mosca, che mai è stata ambigua sulle esigenze che considera esistenziali per la propria sicurezza e ha stabilito linee rosse sin dal discorso di Putin nel 2007.
Se avesse avuto statisti che hanno a cuore le sorti del loro Paese, l’Ucraina oggi non sarebbe quello che è sotto gli occhi di tutti: un Paese in bancarotta, tenuto artificialmente in vita dall’Occidente, distrutto nelle sue belle città e infrastrutture, che ha mandato a morte 250.000 giovanissimi (arrotondo per difetto) e sta per farne massacrare altri, assecondando la volontà della Nato. Washington e purtroppo l’Europa tutta stanno utilizzando Kiev per realizzare una strategia pericolosa e demenziale, con cui perseguono la sconfitta della Russia e l’indebolimento del regime di Putin. L’obiettivo finale è il recupero nei confronti della Cina e sulla scena internazionale di un potere egemonico dell’Occidente che il mondo multipolare sta mettendo in discussione.
Avvicinamento economico all’Europa, neutralità, referendum nel Donbass e autonomia linguistica erano i capisaldi di una proposta russa circolata poche settimane dopo l’invasione. Ricordo che fu pubblicizzata dal programma Di Martedì(La7) e non perché se la fosse inventata il conduttore Giovanni Floris. Era pervenuta alle istanze occidentali e destinata a essere ripresa dall’unico piano di pace occidentale: quello circolato grazie alla diplomazia italiana e in particolare alla direzione degli Affari politici della Farnesina, che prevedeva anche i capisaldi di una nuova architettura di sicurezza europea.
È stato triste, ma utile lo show del nazionalismo ucraino: la vittoria come in una partita di calcio sarebbe l’unico obiettivo perseguibile insieme allo smembramento della Russia “imperiale”, le cui risorse energetiche e minerarie devono essere spartite dall’Occidente, come è cosa buona e giusta. Non amo l’élite ucraina. Amo il popolo ucraino. Gli Usa e le classi dirigenti europee stanno sacrificando bambini, ragazzi, donne e gli altri cittadini fingendo di assecondare la volontà di libertà del loro governo. Che ridicola ipocrisia! Kiev è in vita grazie all’Occidente e si vorrebbe far credere che è l’Ucraina a decidere e non Washington?