Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese.
Questa operazione militare ha prodotto in meno di due mesi oltre 15.523 mortз e 1.900.000 sfollatз (UNRWA, 04/12/23), perpetrando crimini di guerra tra i quali colpire intenzionalmente strutture civili, stampa, scuole e ospedali. Ne è scaturita un’ondata di indignazione internazionale, seguita da storiche mobilitazioni globali in solidarietà con la Palestina e il suo popolo che non possono essere ignorate.
Invitiamo i soggetti singoli, i collettivi, le realtà indipendenti e le istituzioni che costituiscono il settore artistico e culturale italiano, a sottoscrivere con noi questa lettera, impegnandosi rispetto alle istanze che seguono:
1.
Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo palestinese e il nostro sostegno alla sua lotta per la giustizia, la liberazione e l’auto-determinazione, riconoscendo che a essere negato da Israele è il suo stesso diritto di esistere.
2.
Denunciamo le politiche nazionali che, a partire dall’astensione durante la votazione all’Assemblea Generale dell’ONU in merito alla risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza (27/10/23) a oggi, hanno dimostrato una grave combinazione di indifferenza e complicità nei confronti del genocidio in atto, e un’inaccettabile difesa delle politiche militariste e coloniali di Israele.
3.
Riconosciamo che il massacro in corso è solo l’ultima tappa di una più ampia strategia di pulizia etnica, promossa dalle politiche sioniste e sviluppata nel corso dei 75 anni di occupazione coloniale, privando il popolo palestinese dei suoi diritti, sotto un regime di vero e proprio apartheid (Amnesty International, 2022), con ripetute e impunite violazioni delle leggi internazionali e delle risoluzioni ONU.
4.
Rifiutiamo il doppio standard e l’empatia selettiva con cui le istituzioni politiche e i media mainstream stanno rendendo invisibile, di fatto negandolo, il genocidio della popolazione palestinese e sopprimendo ogni critica alla brutalità del governo israeliano.
5.
Rifiutiamo l’accusa di antisemitismo a ogni prospettiva critica nei confronti del progetto coloniale israeliano. Denunciamo ogni forma di antisemitismo, islamofobia, insieme a ogni altra forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa e culturale.
6.
Negli ultimi anni il nostro settore ha visto crescere discorsi, pratiche e programmazioni dedicati alle forme di oppressione sistemica, sull’antirazzismo, sull’anticolonialismo, sul transfemminismo, sui diritti umani e sulla trasformazione sociale. Rivendichiamo questo processo di coscientizzazione come la base etica e politica da cui partire per esprimere il nostro impegno. Richiediamo l’assunzione di responsabilità da parte di chi ha beneficiato di questo processo, capitalizzando su soggettività, identità e corpi oppressi e marginalizzati, affinché prenda posizione sulla situazione in atto. Non esistono teorie politiche senza pratiche politiche e assunzione di responsabilità pubblica. Ci impegniamo da oggi a monitorare le posizioni adottate in risposta al genocidio in corso e alla dominazione coloniale di Israele, così come di tutte le altre.
7.
Prendiamo parola con una prospettiva dichiaratamente intersezionale, rifiutando la strumentalizzazione di un gruppo di soggetti marginalizzati allo scopo di legittimare l’oppressione di un altro. Denunciamo la retorica di Israele come “unica democrazia del Medio Oriente”, che giustifica il suo progetto coloniale strumentalizzando le politiche di integrazione rivolte alle comunità LGBTQI+ come segno di democrazia. I sistemi di oppressione sono interconnessi, nessunə è liberə finché non siamo tuttз liberз. Riconosciamo inoltre la strategia di soft power svolta negli anni dai governi di Israele nel promuovere e finanziare istituzioni artistiche e culturali. Non può esserci cultura critica e arte indipendente in un contesto di occupazione.
8.
Chiediamo ai soggetti singoli, ai collettivi, alle realtà indipendenti e alle istituzioni culturali (nelle figure dellз loro presidenti e/o direttorз) di unirsi a noi nel prendere posizione per esigere un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza; l’ingresso di aiuti umanitari; la fine dell’occupazione israeliana sul territorio palestinese come richiesto dallз espertз indipendenti dell’ONU (16/11/23).
9.
Invitiamo a supportare i movimenti di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni allo Stato di Israele e a boicottare, secondo le proprie possibilità, le aziende e le organizzazioni che supportano il suo progetto coloniale, incluse le istituzioni culturali, a cui chiediamo trasparenza rispetto ai rapporti che intrattengono con Israele.
Aumentano, nel sistema artistico occidentale, azioni di stigmatizzazione, intimidazione e censura nei confronti di lavoratorз culturali e organizzazioni che si sono espresse contro le atrocità perpetrate dal governo israeliano. Allз lavoratorз dell’arte, solidali con la causa palestinese e desiderosз di prendere posizione pubblicamente, ma intimoritз dalle possibili ripercussioni sulla loro vita e sul loro lavoro, diciamo: non siete solз. AWI – Art Workers Italia e il Campo Innocente si impegnano, con i mezzi di monitoraggio e pressione politica a nostra disposizione, a supportare lз lavoratorз nella tutela della loro autonomia di pensiero ed espressione. Parallelamente, AWI sta lavorando per identificare un punto di riferimento in Italia per supportarlз dal punto di vista legale. Nel mentre, segnaliamo l’European Legal Support Center, organizzazione che difende legalmente chi subisce censura e intimidazioni.
Leggeremo, pubblicheremo, diffonderemo questa lettera in ogni modo e in ogni occasione pubblica che ci vedrà coinvoltз.