Oltre la narrazione di guerra. La scrittura e l’analisi introspettiva per la pace

di Laura Tussi - 14/12/2024
Siamo tutti figli delle stelle come sostenevano Giordano Bruno e, a distanza di secoli e spazio e tempo, ma non in diversità di pensiero, anche Margherita Hack e molti di noi

Al di là del racconto orale per sviluppare contesti creativi di nonviolenza e al fine di rinascere da uno stato con-fusionale e dal cosmos primigenio a istanze terrene e planetarie e internazionali e altermondialiste di pace nei contesti umani e negli spazi cosmici.

Le potenzialità dell’autobiografia e del racconto di sé sono sviluppate quando la narrazione diviene scrittura, che stimola consuetudini introspettive e autoconsapevoli, suscitando il ripiegamento riflessivo sul proprio sé interiore tra singolarità mnestiche e pluralità nonviolente e pluralismi dialettici.

Le dinamiche introspettive che volgono dall’interiorità a processi di nonviolenza e a percorsi di pace nella quotidianità di ogni essere umano: dell’umanità intera nel pluriverso cosmico.

La scrittura della personale storia di formazione e trans-formazione, della propria vita e esistenza, apre la psiche al mondo esterno e all’io interiore, stimolando processi di autoriflessione, per cui la rielaborazione delle dinamiche riflessive permette al narratore sempre nuove evoluzioni psichiche nella pace interioristica, riassorbendo e trasformando pensieri, sentimenti, sensazioni e stati d’animo volti al bene della pace, in un processo naturale di esperienze vissute e intuizioni, salvaguardando tutta la ricchezza della comunicazione interpersonale in modalità di pace e nonviolenza. 

La scrittura dei più grandi intellettuali e pensatori nel corso della storia planetaria ha condotto il genere umano oltre che a percorsi introspettivi alla creazione di spazi e ambiti e contesti e modalità di pace internazionale e tra popoli e genti e minoranze e persone e a livello mondiale.

La scrittura della propria interiorità offre al narratore la potenzialità di un processo di rielaborazione per tradurre le riflessioni e il pensiero autoreferenziale e eteroreferenziale di pluralismi ignoti alla psiche. Questo permetterà di trascrivere percorsi, trame di significato, tracce di pensiero interiori per una più acuta capacità di analisi e consapevolezza di sé. Attraverso la scrittura è possibile attuare un approccio ermeneutico e maieutico tramite la stessa attenzione richiesta dalla comprensione testuale, in un circolo virtuoso nell’ambito dei rimandi vicendevoli tra scrittura e pensiero autobiografico e analisi pacifista. 

I momenti di transizione. Siamo tutti figli delle stelle come sostenevano Giordano Bruno e, a distanza di secoli e spazio e tempo, ma non in diversità di pensiero, anche Margherita Hack e molti di noi. Deriviamo da un equilibrio cosmico basato su processi di caos che vanno dallo stato con-fusionale e trans-formativo a istanze di pace.

Lo spazio potenziale sviluppa un sé differenziato dalla matrice ultima, ossia una più matura istanza psichica interiore, facente parte della realtà esterna, che si emancipa così dal rapporto con-fusionale con l’origine, il cosmos, ossia madre terra e le realtà universali di galassie infinite e molteplicità di pianeti e immense pluralità di costellazioni astrali, tra pace cosmica e horror vacui.

L’angoscia di separazione dall’origine e dal cosmos, la madre primigenia, si evolve e si trans-forma in momenti e vissuti di catarsi maieutica che creano un forte e responsabile pensiero di pace nel soggetto, nell’essere umano che si propaga nelle relazioni con gli altri e con il volto dell’atroper ricomporre l’infranto, dalla memoria al futuro e per donare pace all’anelito umano.

Nello spazio tra fusionalità e mondo oggettivo esterno si colloca l’area transizionale al cui interno si impara a controllare e sopportare l’angoscia di separazione ed individuazione dalla terra madre e dal cosmo. Per superare una realtà dove l’etica è disumanizzata e ormai coincide con il falso e la menzogna e non sussiste più la verità e nemmeno la certezza in un futuro stabile e sostenibile e equilibrato basato su principi di pace e di nonviolenza disarmista. 

Con la maturazione si passa oltre il fenomeno transizionale e di trans-form-azione, attraverso esperienze culturali, creative, ludiche o religiose e proprio in tali ambiti si sviluppano e si collocano le produzioni di diari e di autobiografie volte al bene della molteplicità universale e cosmopolita.

L’esperienza della scrittura rappresenta un’area di confine che crea una dialettica tra vita privata e mondo esterno.

Scrivere un diario è dunque un’esperienza transizionale imperniata di creatività, tramite cui si coglie e si avvia l’importanza della scrittura di sé nella realizzazione della personalità creatrice e portatrice di equilibrio nel cosmos per approntare istanze di pace tra tutti i componenti dell’umanità e per azzerare le manovre verticistiche e di comando spesso criminali in condizione di militarizzazione estrema e di guerra.

La presunta rimozione della morte e delle guerre attualmente in atto tra Ucraina e Russia e Stati Uniti e Nato e il dirompente e criminale genocidio in Palestina e a Gaza e in Cisgiordania e in Libano ha la macabra volontà di ricostruire il regno di dio, con la distruzione e l’annientamento totale: un ossimoro incredibile e inaccettabile e tanto più assolutamente criminale.

Gli scritti autobiografici attaccano la morte e il principio di annientamento delle persone con le manovre militari e le guerre e i genocidi in atto. Come distruzione della memoria e del ricordo nell’oblio della violenza e dell’odio atavico, in quanto subentra in essi il riferimento alla paura della morte e della guerra nella trasposizione scritta che diviene tentativo di contrastare la scomparsa assoluta, perennizzando artificialmente la vita, per esorcizzare la morte come avviene nei riti apotropaici e taumaturgici delle ancestrali popolazioni autoctone e tribù indigene di varie parti del pianeta e della storia.

La scrittura auto e eterobiografica, come nelle lettere dei partigiani antifascisti condannati alla pena di morte e dei tanti disertori e renitenti e obiettori alla guerra che ripudiano l’odio e la violenza e si rifiutano di uccidere e di impugnare le armi, diventa un antidoto, una strategia per rubare alla morte la sua aura spaventosa, nella paura di essere dimenticati, nel timore dell’oblio che non lascia più niente di sé.

L’esigenza di essere ricordati trova espressione nell’autobiografia o nel diario quali documenti permanenti della propria interiorità, come testimonianza ineluttabile e indelebile della propria esistenza e dei propri principi di pace e solidarietà e fraternità  universali, per gli ideali e i valori di un mondo e di un’umanità nella pace, senza armi e di disarmo universale, prolungando così la presenza del proprio ricordo oltre i limiti della vita terrena, in una sorta di immortalità, legata al tema terrificante dell’oblio, in quanto si scrive non solo per essere ricordati, ma anche per ricordarsi del proprio io, della propria personalità ed esistenza, per fissare i ricordi affinché non vengano eliminati dall’inesorabile trascorrere del tempo.

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