Se Zelensky venisse a Roma per dire al Papa di voler rinunziare a rimpinzarsi di armi, compresi i missili a lunga gittata che il governo inglese ha cominciato a mandargli per lo scontro finale, e se in tal modo rimuovesse il veto che finora ha opposto al negoziato per inseguire invece una vittoria a qualsiasi prezzo, sarebbe un magnifico evento; e se venisse a confidare al Papa di aver capito che è stato un errore aver insistito, per una ragione di principio, a voler chiamare la NATO ad abbaiare sulla lunga frontiera con la Russia, fornendo così i motivi del suo intervento invasivo; e se riconoscesse che il fatto di aver convocato le armi di tutto l’Occidente sul suo territorio per combattere questa guerra ad oltranza fino alla riconquista della Crimea, ha paradossalmente confermato le ragioni dell’aggressione russa, farebbe un’operazione di verità, di quella verità che secondo il Vangelo ci fa liberi.
E' molto improbabile però che ciò accada, che Zelensky venga a questa Canossa.
È allora da chiedersi le ragioni della sua visita a Roma. Non per incontrare la Meloni, che era andata lei stessa a rendergli omaggio a Kiev. Nemmeno per far pressione sul Parlamento per fargli votare gli aiuti, perché questo lo aveva già fatto a suo tempo con la diretta televisiva in collegamento con Montecitorio. D’altra parte è inusuale che il Capo di un Paese in guerra faccia il giro delle Sette Chiese nelle capitali dei suoi alleati ed amici per averne conforto.
Dunque viene per il Papa. Egli sa che il Papa non può non riceverlo, dato che Francesco parla con tutti, obbedendo a san Paolo, e nel ritorno da Budapest ha detto che “la pace si fa sempre aprendo canali”, “invito tutti ad aprire rapporti, canali di amicizia”. Ma nell’impatto che l’avvenimento avrà nelle cancellerie e nell’opinione pubblica, senza che nello stesso tempo possa essere “udita l’altera pars”, inevitabilmente esso sarà percepito o speso come una rottura dell’imparzialità ed equidistanza del Papa tra i due belligeranti.
È vero che il pontefice ha già ricevuto il primo ministro ucraino, ma Zelensky è la star e il massimo simbolo di questa guerra. Il risultato che così Zelensky perseguirebbe sarebbe di invalidare l’unica grande risorsa di mediazione e riconciliazione che finora è stata messa in campo. Sarebbe così preso di mira l’unico grande Testimone di prestigio mondiale che fin dall’inizio ha rigettato le ragioni e la fatalità della guerra e instancabilmente ha cercato di costruire la pace fondandola sulla verità e sull’amore.
Certo in questo modo Zelensky, reduce dalla gratificazione del premio Carlo Magno conferito finora ai grandi benemeriti della Cristianità, e forte dell’idillio con Ursula Von Der Leyen, celebrerebbe il suo trionfo nella catastrofe del suo popolo martoriato; e così la guerra continuerà fino alla fine. Per i fedeli è un grande dolore.