Pochi giorni fa si è svolta ad Aviano – e in molti altri luoghi d'Italia – Steadfast Noon, una massiccia esercitazione nucleare NATO. In un momento in cui la tensione a livello globale sta raggiungendo picchi allarmanti, questo evento ha sottolineato ancora una volta le criticità e le gravi discrepanze fra la normativa – dai trattati internazionali alla stessa costituzione italiana – e la condotta delle forze armate.
Pordenone, Friuli Venezia Giulia - È iniziata lunedì 16 ottobre nella base aerea di Aviano, in provincia di Pordenone, l’edizione 2023 di “Steadfast Noon”, l’esercitazione che la NATO organizza annualmente per addestrare le aeronautiche militari dei paesi membri all’impiego in un conflitto di armi nucleari. La maxi-esercitazione ha interessato fino al 26 ottobre buona parte dell’Italia, in particolare le regioni centro-settentrionali, la Puglia, la Sardegna, il basso Tirreno, il mar Adriatico e la vicina Croazia.
Le aree dei “war games” sono state interdette alla navigazione aerea; inoltre sono stati predisposti corridoi di transito per far raggiungere ai velivoli con e senza pilota le aree operative sul Tirreno dalle basi di Aviano e Ghedi (BS) – entrambe ospitano le testate nucleari ammodernate B-12-61 di US Air Force –, Amendola (FG), Gioia del Colle (BA) e Trapani-Birgi. All’esercitazione hanno partecipato tredici paesi NATO con una sessantina di cacciabombardieri predisposti all’impiego di armi nucleari.
LA PACE, LE ARMI NUCLEARI E IL FRIULI VENEZIA GIULIA
Mentre la guerra mondiale “a pezzi” si amplia dall’Ucraina alla Palestina e 22 attivisti denunciano alla Procura la presenza illegale di armi di distruzione di massa a Ghedi e Aviano, arriva in Friuli Venezia Giulia il test di guerra atomica per le nuove bombe B61-12, teleguidate e a potenza variabile a mezzo del wargame Nato “Steadfast Noon”, che si è svolto nei nostri cieli dal 16 al 26 ottobre 2023).
La Tavola per la Pace del Friuli Venezia Giulia si è fatta interprete della legittima preoccupazione della gente in proposito. Da un anno ormai ha chiesto ai Prefetti di Trieste e Pordenone notizie dei piani di emergenza in caso d’incidente nucleare previsti per il porto triestino e la base aerea friulana. Ma di questi piani non si è saputo ancora nulla. In Italia è certezza che vi siano 100 armi nucleari nella base di Aviano e di Ghedi. È talmente certo che ne scrivono tranquillamente anche i quotidiani nazionali, come Il Sole 24 Ore.
L’Italia ha ratificato il 24 aprile 1975 il Trattato di Non Proliferazione (TNP): il documento si basa sul principio che gli Stati in possesso di armi nucleari si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi, mentre questi ultimi – Italia compresa – si obbligano a non ricevere e acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari.
L’IMPIEGO DI ARMI NUCLEARI
Nell’ambito di questo programma, gli Stati Uniti mantengono la custodia e il controllo assoluto delle armi nucleari presenti sul territorio italiano. Ad oggi le bombe nucleari B61 mod 3 e mod 4 sono custodite in due località, 50 presso la base aerea di Aviano e le altre nella base di Ghedi. Gli F-16 Fighting Falcon facenti parte della 31ª Fighter Wing statunitense hanno sede presso la base di Aviano, mentre i Panavia Tornado del 6º Stormo Alfredo Fusco hanno sede a Ghedi.
L’Italia dal canto suo non ha firmato e ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato il 7 luglio 2017 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Anche in assenza di questa sottoscrizione, che esplicitamente ed automaticamente qualificherebbe come illegale la detenzione di ordigni nucleari, la denuncia presentata a carico di ciò che sta avvenendo a Ghedi sostiene la tesi dell’illegalità.
E infine, sempre stando alla denuncia, mancherebbero le licenze e/o autorizzazioni all’importazione di armi visto che l’accertata presenza sul territorio presuppone necessariamente un loro passaggio attraverso il confine. Qualsiasi autorizzazione peraltro – si legge nella denuncia – confliggerebbe con l’articolo 1 della legge 185/90 che recita: “L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale di armamento nonché́ la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
C’è da chiedersi come sia possibile che a fronte dell’art. 11 della Costituzione – qui siamo nell’ambito dei principi fondamentali – sia possibile la presenza di armi nucleari nel nostro territorio. O la Costituzione non vale niente ed è uno straccio per darci l’illusione di essere uno Stato civile oppure – se vale come dovrebbe, se davvero contiene principi condivisi, voluti e reali – non si capisce come mai nessun giudice si pronunci contro la presenza di armi nucleari sul nostro territorio.
Per tenere se non altro la memoria allenata, riporto qui di seguito il testo dell’art. 11 Costituzione Italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.Alex Zanotelli
IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Nella situazione tesissima per la guerra in Ucraina e Palestina, gravi preoccupazioni ha sollevato l’esercitazione con sottomarini e missili intercontinentali delle forze nucleari russe, contrapposta all’esercitazione nucleare Nato “Steadfast Noon” con le atomiche USA ad Aviano e al porto nucleare di Trieste. L’Europa è in posizione assai delicata, con le esercitazioni che si svolgono mentre i fronti di guerra si allargano, rischiando di coinvolgere nuovamente Kosovo Serbia e Bosnia-Erzegovina. La Comunità internazionale deve lavorare per garantire la fine dei conflitti, tanto più se nucleari.
Il Friuli Venezia Giulia aveva inserito nello Statuto non ratificato dal Parlamento nazionale la contrarietà alle armi di distruzione di massa. Deve ora fare la propria parte, bandendo prese di posizione manichee e costruendo una diplomazia di Pace con le Regioni dell’Alpe Adria, anche per mezzo di una nuova Legge regionale per la Pace.
Nei giorni delle esercitazioni, al Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare ha avuto luogo il Pugwash Council Meeting per un mondo libero dalle armi nucleari. Il Pugwash, organismo composto da fisici da tutto il mondo che ha ricevuto il premio Nobel per la Pace, ha fornito supporto scientifico al dialogo fra Stati per conseguire i trattati di controllo sulle armi nucleari, stracciati ora a causa della guerra in corso.
C’è da chiedersi come sia possibile che a fronte dell’art. 11 della Costituzione – qui siamo nell’ambito dei principi fondamentali – sia possibile la presenza di armi nucleari nel nostro territorio
LE RISPOSTE DEI MOVIMENTI DELLA PACE
Negli stessi giorni delle esercitazioni nucleari e del meeting, i movimenti per la pace si sono attivati con le Prefetture per l’ottenimento dei piani di emergenza in caso di incidente, attentato o atto bellico alle basi di Ghedi, Aviano e al porto di Trieste. Piani che se esistono sono secretati o risalgono a vent’anni or sono, mentre le nuova direttiva europea e la legge nazionale ne impongono riscrittura e divulgazione.
Anche il missionario comboniano Alex Zanotelli è intervenuto sulla recente esercitazione Nato che si è conclusa con un pericoloso colpo di scena. Putin ha infatti organizzato una immediata controesercitazione simulando un lancio di missili nucleari di risposta a un attacco nucleare Nato.
Alex Zanotelli ha criticato anche Putin per aver risposto alla Nato con una controsimulazione nucleare in grande stile: «È incredibile che la Russia abbia risposto con un’esercitazione sempre in chiave nucleare, tra l’altro supervisionata dallo stesso Putin, il cui obiettivo è quello principale è proprio quello di testare la prontezza delle forze nucleari nel rispondere a un attacco. È pazzia collettiva la nostra in un momento in cui si rischia davvero una guerra nucleare sia nel contesto dell’Ucraina sia nel contesto del Medio Oriente e della Palestina».