Democrazia pluralista , separazione dei poteri e stato di diritto, riconoscimento e attuazione dei diritti fondamentali e rispetto della dignità della persona e della sua libera autodeterminazione, libertà di manifestazione del pensiero, di coscienza e di religione e di non credere per tutti senza distinzioni alcune e discriminazioni legate al sesso o alle tendenze sessuali, alla cosiddetta razza, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, eguaglianza davanti alla legge di tutti gli esseri umani, individui e gruppi sociali, eguale libertà delle confessioni religiose in un quadro di laicità delle Istituzioni e della scuola, imparzialità dei poteri pubblici di fronte al fenomeno religioso, neutralità delle istituzioni civili nei confronti delle scelte individuali dei cittadini, rispetto della ragione e del diritto.
Su questi principi si proiettano le speranze universalistiche, dunque laiche, di realizzare in tutta Europa le condizioni di una piena laicità, in una fase politica caratterizzata da un sistema normativo ancora contraddittorio e incompiuto e dall’affacciarsi minaccioso sulla scena di forze politiche e movimenti irrazionali, nazionalisti e xenofobi, razzisti, sostanzialmente oppositori dei principi universalistici della grande Rivoluzione del 1789 “libertè, egalitè, fraternitè”.
Mentre incombe la minaccia fondamentalista anche dei diversi gruppi e individui presenti in Europa e in diversi Paesi stenta ad affermarsi un percorso di laicizzazione e di costruzione di una cittadinanza condivisa.
Con il rischio di pesanti arretramenti già in atto in molti Paesi in cui i cosiddetti sovranisti la fanno da padroni, come Ungheria e Polonia e i Paesi di Visegrad, attentando al fondamento stesso dello stato di diritto.
Le elezioni europeee del 26 maggio sono uno spartiacque, e come si gridava nei cortei del ’68: “continuons le combat!”
Non mancano timori e i dubbi, soprattutto se si considera che nel Trattato di Lisbona, pur non figurando alcun richiamo alle radici cristiane, è tuttavia prevista una disposizione, quella dell’articolo 52 che stabilendo che l’Unione rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le Chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri, sostanzialmente ribadisce anche i regimi concordatari vigenti in alcuni sistemi giuridici dell’Europa.
L’esistenza di costituzioni e istituzioni nazionali e anche sovranazionali basate sul principio di laicità rappresenta ancora obiettivo lontano, ma necessario.
Sovviene l’interrogativo speranzoso di Lelio Basso nell′ultimo suo discorso in Parlamento, 1978:
“È forse utopia lottare (…) per preparare un’umanità in cui essere cattolici o protestanti, cristiani od ebrei, musulmani o buddisti, credenti o atei non debba più costituire per nessuno nè motivo di persecuzione ne’ titolo di privilegio”.
“Dobbiamo o no fare una Costituzione democratica, che abbia alla sua base i diritti di libertà? Tra questi c’è il diritto di eguaglianza di tutti i cittadini, la libertà di religione, la libertà di coscienza”
questa la domanda di Calamandrei in un intervento all’Assemblea costituente, anno 1947. Ancora oggi, dopo 74 anni, in Italia e in Europa, la risposta è sì. In un percorso molto difficile e non scontato.
La situazione in Europa è peggiorata in specie nella più recente produzione normativa e nelle prassi amministrative che, a seguito di nuovi equilibri politici via via emergenti, hanno introdotto in molti Paesi restrizioni e divieti in tema di aborto, coppie di fatto, fecondazione assistita, matrimonio e adozione per coppie dello stesso sesso, testamento biologico, eutanasia e hanno previsto una sempre maggiore soggezione degli ordinamenti statali rispetto ai precetti religiosi.
E dunque ora, ancora più che in passato, occorre credere nella necessità di impegnarsi per la realizzazione di un ambizioso progetto di laicità e per i diritti individuali e collettivi, civili e sociali; solo un radicale e urgente mutamento di rotta nelle politiche europee potrà garantire la sopravvivenza dei capisaldi della civiltà europea, fondata sullo Stato di diritto, il rispetto della democrazia e le garanzie delle libertà individuali e collettive.
Una sfida e interrogativi che si estendono oggi all’intera Unione europea, tenendo come barra e stella polare le dichiarazioni di principi, sottoposte a un attacco frontale al quale occorre reagire con forza prima che l’edificio in lenta costruzione si sgretoli e che sia tardi.
Alcuni capisaldi:
“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare individualmente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti” (art. 18 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo).
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciute nella Convenzione medesima deve essere assicurato senza alcuna distinzione (nel testo inglese si usa invece l’espressione without discrimination di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale o sociale, fortuna o nascita, appartenenza a una minoranza (articolo 14 Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, 1950).
L’articolo 9 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (1950) recita:
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui”.
Il documento conclusivo della riunione di Vienna dei rappresentanti degli Stati partecipanti alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (1986-1989), all’articolo 16 prevede:
“Al fine di assicurare la libertà dell’individuo di professare e praticare una religione o una convinzione, gli Stati partecipanti, fra l’altro, 1. adotteranno misure efficaci per impedire ed eliminare ogni discriminazione per motivi di religione o convinzione nei confronti di individui o comunità per quanto riguarda il riconoscimento, l’esercizio e il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in tutti i settori della vita civile, politica, economica, sociale e culturale e assicureranno l’effettiva uguaglianza fra credenti e non credenti; 2. favoriranno un clima di reciproca tolleranza e rispetto fra credenti di comunità diverse nonché fra credenti e non credenti”.
Ancora: sia nell’ambito del Trattato di Amsterdam, sia in quello dell’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la Chiesa cattolica e quelle protestanti hanno richiesto uno specifico riconoscimento dell’importanza dei loro culti e del retaggio “religioso” europeo. La dichiarazione numero 11 adottata in allegato al Trattato di Amsterdam (1997) garantisce che
“l’Unione Europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri. L’Unione Europea rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali”.
In sostanza equiparando le associazioni dei non credenti alle Chiese. Processo questo molto problematico e non compiutamente attuato anche in Italia, come più volte denunciato da Associazioni laiche o laiciste.
L’articolo 10, comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza (2000) recita:
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti”.
“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra uomini e donne” (art. 1.2 del titolo I del Trattato che istituisce la costituzione per l’unione europea).
Quanto al rapporto tra Stato e Chiese e confessioni religiose, la questione della laicità è in Europa molto diversificata nei diversi Paesi e il quadro è molto difficoltoso, considerando la varietà di normative che riguardano i diritti di libertà e le dinamiche europee in materia religiosa.
Molti Paesi europei presentano una strutturazione concordataria: Albania, Austria, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Estonia, Alsazia-Mosella (regione della Francia nella quale è ancora in vigore un concordato del 1801, in quanto al momento dell’introduzione della legge sulla laicità del 1905 quelle terre appartenevano alla Germania), Germania, Italia, Lituania, Lettonia, Malta, Montenegro, Principato di Monaco, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di San Marino, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ungheria.
In Belgio la legge distingue tra culti riconosciuti e culti non riconosciuti. Lo Stato olandese negozia con un unico organismo che rappresenta tutte le confessioni religiose.
Si registra talora, anche se in misura ridotta, la presenza, con diverse modalità e tipologie, di una Chiesa di Stato in Regno Unito, Grecia, Malta, Danimarca, Finlandia e (fino al 2000) Svezia.
Soltanto la Francia prevede il principio costituzionale di laicità (pur in presenza di un sistema concordatario, nella regione dell’Alsazia-Mosella). Nei mesi che hanno preceduto l’approvazione della Carta di Nizza dei diritti del 15 dicembre 2000, vi fu un acceso dibattito riguardante la necessità o meno che nel preambolo della Costituzione, successivamente approvata il 19 giugno 2004, figurasse il richiamo alle radici giudaico-cristiane dell’Europa, fortemente sostenuto dalla chiesa di Roma e da alcune confessioni evangeliche.
Alternativa era l’opinione di chi all’opposto definiva cultura europea quella rinascimentale che sbocca nel liberalismo; secondo tale concezione l’uomo colto europeo è l’uomo liberale, tollerante, aperto a tutti i valori, l’uomo del dialogo, che ha convincimenti ma non dogmatismi, che ha una propria fede, non necessariamente religiosa, ma è rispettoso della diversa fede degli altri.
Laicità dell’Europa significa in conclusione impegnarsi a costruire una cittadinanza europea, quale modello e paradigma di convivenza planetario.
Un cosmo di principi e valori costituito da tolleranza, dialogo, integrazione, diritti che inevitabilmente conduce al riconoscimento della democrazia pluralista e partecipata come base e metodo di convivenza tra diversi, che, per dirla con Arturo Carlo Jemolo:
“Trova bello il mondo a condizione che accolga vari orientamenti, non uomini permeati tutti della stessa dottrina. Che respinge non solo l’idea di caste, ma quella di religioni o di culture nazionali, di tradizioni e in genere di ricchezze spirituali buone per un popolo, non trasmissibili ad altri”.
Costruire anche ciò che John Rawls ha definito il “consenso per sovrapposizione”, grazie al quale le diversità di opinioni non generano tensioni e lacerazioni sociali, ma sono accettate e reciprocamente comprese e rispettate sulla base di un confronto che fa uso della capacità di dialogo, attraverso la fornitura dei migliori argomenti.