La Cgil – Area Stato Sociale e Diritti ha redatto e diffuso, in occasione della manifestazione nazionale del 7 ottobre scorso, un documento dal titolo “Salute e Sanità – Verso la legge di Bilancio” (https://volerelaluna.it/materiali/2023/10/11/salute-e-sanita-verso-la-legge-di-bilancio/), frutto della convergenza con centinaia di associazioni di scopo (una per tutte, in ambito sanitario, Medicina Democratica). È un documento basato su robuste fonti documentali, con importantissime analisi e proposte, qua e là, a mio parere, “perfettibili”, ma sempre condivisibili per “direzione” politica e sindacale.
Tra le cose “perfettibili”, c’è la questione della entità del finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale. La richiesta di «aumentare il finanziamento pubblico, oltre a quanto già previsto, di almeno 5 miliardi l’anno, per i prossimi 10 anni» avanzata nel documento CGIL, pur politicamente significativa e positiva, è insufficiente a coprire le necessità minime per il mantenimento in vita del Servizio Sanitario Nazionale. Solo per l’insieme degli incrementi di personale e dei rinnovi contrattuali di tutte le professionalità necessari per dare dignità retributiva e rispetto dei diritti contrattuali – e quindi fermare l’esodo verso il privato e verso l’estero – il fabbisogno è superiore ai 4-5 miliardi (come segnala C. Palermo, Presidente Anaao su Fanpage.it.), e lo è – segnalo – col sistema organizzativo quali-quantitativo del Servizio Sanitario attuale, che eroga direttamente solo attorno al 60% delle prestazioni per acuti e meno del 25% delle prestazioni per lungo-assistenza e riabilitazione (Istat 2022). Non è certo un Servizio Sanitario che garantisca la “copertura universale” (come pure è nella sua mission, per il combinato disposto della Costituzione e della legge n. 833/1978) e che lo faccia secondo i modelli organizzativi più recenti, all’insegna delle tre integrazioni Ospedale-Territorio, Sanità-Sociale, Assistenza-Ricerca (Universitaria e del SSN).
Per gli amanti delle percentuali segnalo che l’incremento dei 134,734 miliardi del 2023 con (insufficienti) 5 miliardi per il 2024, porterebbe la dotazione 2024 a 139,734 miliardi e la spesa sanitaria dal 6,2% al 6,5% del Pil 2024. Con l’aumento invece di 10 miliardi, come alcuni hanno proposto, si arriverebbe a 144,734 miliardi e al 6,7% del Pil. In entrambi casi si sarebbe sotto la soglia del 7% del Fondo Sanitario Nazionale, da molti indicata opportuna sino a pochi anni fa, con la quale si arriverebbe per il 2024 a poco oltre i 150,005 miliardi, con un incremento, di poco oltre i 17 miliardi. Tali incrementi sarebbero comunque inferiori a quello di circa 27 miliardi di euro in più all’anno per raggiungere il livello della spesa media dell’Eurozona (a parità di potere d’acquisto), e agli 80 miliardi necessari per raggiungere la spesa pro-capite della Germania, stimati da Cgil!
Senza adeguati investimenti non ci si può sottrarre allo sfascio del Servizio Sanitario Nazionale a fronte dello sofferenze di milioni di persone (Istat 2023) e al contemporaneo espandersi in Italia del mercato sanitario e socioassistenziale, caratterizzato dallo shopping e dagli investimenti della finanza francese (Korian), della finanza araba (Gruppo San Donato) di quella americana (Cinven) delle banche e delle assicurazioni italiane, di De Benedetti e dei capitali del Bahrain (KOS), di Unipol (S. Agostino), degli Elkan/Agnelli (Exor Lifenet) e di quant’altre espressioni del private equity, senza contare i ricatti di Big Pharma sui farmaci e la privatizzazione multinazionale delle farmacie (cfr. Emilia Romagna), con la bufala del loro essere in collegamento (spoke) con i presidi della medicina territoriale nel contesto della collaborazione pubblico-privato. Non si può lasciare che “i buoi scappino dalla stalla “, e poi piangere sull’impotenza dello Stato italiano ad arginare la pressione sul Pil della spesa sanitaria privatizzata e finanziarizzata (giunta, in Usa, al 18% del Pil: Ocse 2023) e quella sulle istituzioni democratiche della “privatocrazia”.
Di fronte a queste esigenze, lo scorso 3 ottobre a Torino, al “Festival delle Regioni e delle Province autonome”, il ministro Giorgetti è stato autorizzato a procedere con i tagli in bilancio 2024 dalla presidente G. Meloni che è ricorsa, con la consueta irridente retorica, a un argomento sino a qualche tempo fa di moda anche in ambito medico: «Un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti, però sarebbe miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Bisogna avere un approccio più profondo anche su come vengono spese. Non basta necessariamente spendere di più per risolvere i problemi se poi i fondi vengono usati in modo inefficiente». Se si aggiunge l’ulteriore dichiarazione, anch’essa irridente ed eversiva della realtà del Serzizio Sanitario regionalizzato secondo cui «l’autonomia regionale proseguirà senza stop: è l’occasione per costruire un’Italia più unita», ce n’è a sufficienza per uno sciopero generale: per ottenere ben più di ulteriori 5 miliardi, per idonee politiche fiscali e di bilancio (altroché flat tax, esenzioni dei superprofitti delle banche, delle multinazionali anche sanitarie e della finanza e 2% per la spesa militare) e contro l’autonomia regionale differenziata.