Più che un messaggio per il 2 giugno, festa della Repubblica, della premier Meloni, sembra esso un vero e proprio manifesto politico. Quella che ostinatamente, anzi fascisticamente, non ricorda il sacrificio dei tanti per conquistare democrazia e dignità di popolo dopo la dittatura fascista e la rovinosa guerra attraverso la lotta di liberazione, è, senza ombra di dubbio lei, presidente del Consiglio.
Lei, che a capo di uno stato che poggia le sue radici sull’antifascismo, proprio non riesce a pronunciare questa parola, per gravi pregiudizi ideologici. Solo pronunciandola, potrebbe dare senso alla parola “patria”, da lei abusata con riferimento ad altra patria e ad altra ideologia all’insegna di disvalori estranei alla democrazia.
Pretendendo in tal modo di dare lezioni di etica a chi la pensa diversamente e per niente intenzionato a seguirla nella sua deriva populista e reazionaria. Che significa “Noi abbiamo un dovere: o ci mettiamo a lavorare tutti insieme, tutti dalla stessa parte o nessuno che sia da solo può uscire da una crisi”.
Apprendiamo con sorpresa che siamo in “crisi”, al di là della cavalcata trionfante, ricordando che la Meloni, allorché era all’opposizione, non ha mai attuato simile nobile proponimento. Quindi, “tutti insieme appassionatamente”, tutti dalla stessa parte. Non un auspicio, ma latente minaccia.
Ciò è inquietante detto da una postfascista, tra l’altro presidenzialista, cosa che istintivamente fa venire cattivissimi pensieri.
Lino D’Antonio Napoli