Partigiano, intellettuale, dirigente: il segno di Tortorella nel PCI e dopo il PCI

di aLFIERO gRANDI - strisciarossa.it - 08/02/2025
È morto Aldo Tortorella. A 98 anni ci ha lasciati dopo avere più volte nella vita schivato tornanti difficili della sua salute. Questa volta non ce l’ha fatta, proprio quando sembrava in grado di stupirci ancora una volta per la sua resilienza.

Aldo è stato un dirigente autorevole del Pci fino al suo scioglimento, dopo avere diretto l’Unità prima a Genova poi a Milano. Bisogna ricordare che il giovane Aldo allievo di Antonio Banfi era stato partigiano giovanissimo (Alessio) a Milano, poi inviato a Genova. Dopo la liberazione dal nazifascismo aveva dimostrato di saper scrivere e organizzare gli organi di stampa, per questo il Pci gli affidò l’Unità a Genova, che in quella lontana era tecnologica aveva bisogno di più edizioni nelle grandi città.

Coltivava l’impegno politico nel Pci dall’Unità, coltivando interessi culturali di rilievo e acquisendo una capacità di scrittura chiara e completa, senza gli eccessi propagandistici di altri.

Una vita tra Resistenza e politica

In tempi recenti ha rievocato il momento difficile della repressione della rivolta in Ungheria (1956) repressa dai carri armati sovietici e ha rivelato di essere stato tentato di lasciare, ma prevalse la consapevolezza che lo scontro politico e sociale in Italia e nel mondo aveva bisogno più che mai di chi non condivideva metodi autoritari e repressivi e quindi valeva la pena di continuare l’impegno politico nel Pci iniziato con la resistenza, con l’obiettivo del rinnovamento, riconoscendo gli errori e cercando di correggerli. Il tornante di Praga del 1968 fu affrontato diversamente dal Pci e Aldo contribuì alla critica severa di quanto stava accadendo come farsa dopo la tragedia ungherese e mantenne un canale di dialogo con chi esercitava una critica più dura, di rottura con l’involuzione del socialismo reale. Ricercare, riflettere, senza accontentarsi delle ovvietà, con il coraggio di mettere in discussione concetti che sembravano indiscutibili.

Eletto alla Camera, entrò nella segreteria di Enrico Berlinguer di cui fu uno strettissimo collaboratore e come responsabile della cultura agì per aprire il partito a nuove culture, ad esempio quella femminista, l’ambiente, le innovazioni e verso l’esterno attraverso un dialogo forte con settori intellettuali del nostro paese, senza pregiudizi e senza subalternità.

La morte di Berlinguer segnò un cambio di passo nella vita del Pci, forse è ingeneroso parlare di involuzione, fino a quando fu abbattuto il muro di Berlino, che idealmente rappresentava la divisione della guerra fredda. Dopo il crollo del muro nel Pci prevalse una maggioranza per cambiare il nome e tanto altro.

Tortorella e tanti altri non furono d’accordo (anch’io) temendo che il cambio del nome, in sé possibile, nascondesse in realtà un cambiamento di sostanza del partito senza ammetterlo apertamente e senza attivare gli anticorpi teorici e pratici per evitare di disperdere un grande patrimonio politico delle classi lavoratrici e subalterne e in fondo di tutto il nostro paese.

Del resto basta ascoltare il rimpianto di altre culture politiche per comprendere che se oggi i partiti sono così malmessi e con scarsa credibilità lo si deve anche alla scomparsa del Pci, avvenuta sottovalutando che la transizione necessaria doveva essere guidata con attenzione e lungimiranza per non buttare insieme il bambino e l’acqua sporca.

La fine del Pci e la battaglia per una sinistra rinnovata

La battaglia politica fu dura dentro il Pci, che subì una prima scissione, confermando che sia nel Si che nel No c’erano accenti molto diversi. Chi restò nel Pds, il partito che prese il posto del Pci, malgrado avesse contrastato il cambio del nome – per quello che avrebbe comportato nella sostanza delle posizioni politiche e nella vita del partito – si collocò in una funzione critica, di minoranza contribuendo a dare vita ad una corrente che nella storia del Pci era sempre stata un’eresia ma nella nuova situazione era l’unico modo per fare pesare una posizione di minoranza.

Tortorella chiese al gruppo dirigente del Pds la testata di Critica Marxista che ha diretto insieme ad Aldo Zanardo fino ad oggi, sottolineando in questo modo l’assillo di un lavoro di ricerca intellettuale sociale e politica in grado di aiutare la sinistra a rinnovarsi. Aldo fondò con Giuseppe Chiarante l’Associazione per il rinnovamento della sinistra con l’idea di dare vita ad uno strumento di confronto unitario per contribuire alla ricerca di punti di convergenza.

Nel 2011 dopo i referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare mi propose di assumere la Presidenza dell’Ars di cui da alcuni anni era Presidente onorario lasciando ad altri il compito di costruirne l’attività. Nel 2015 in vista del referendum sulla controriforma costituzionale di Renzi lasciai la Presidenza nelle ottime mani di Vincenzo Vita. L’Ars era tra i promotori dell’iniziativa referendaria per il No ma c’era bisogno di costruire uno strumento unitario di direzione per la campagna per il No (che vinse con il 94%) e per questo si è costituito il Coordinamento per la Democrazia costituzionale, che tuttora lavora in difesa e per l’attuazione della Costituzione.

Le sinistre come anticorpo alla tecnocrazia: l’eredità culturale di Tortorella

Ricordo Aldo citando un suo recente articolo su Critica marxista: “Questa rivista ha cercato di contribuire perché le sinistre anziché praticare la loro omologazione al modello liberista oppure, all’opposto, a vivere le parole d’ordine di un mondo che non c’è più, lavorassero per compiere una analisi il più precisa possibile della realtà mutata in modo da poter ridefinire il proprio stesso essere e le proprie finalità evitando di perdere la propria anima o di apparire come zombie”.

Il nodo tuttora da affrontare e non ancora risolto è proprio questo e per come ho conosciuto Aldo sono convinto che la sua curiosità intellettuale si sarebbe esercitata per aiutarci a capire come gestire a fini sociali l’intelligenza artificiale e quale alternativa sia possibile ad un gruppo arrogante di multimiliardari proprietari di tecnologie fondamentali per il futuro, che incidono molto sull’opinione pubblica, e che vogliono prendere direttamente nelle loro mani anche il potere politico in palese contrasto con la democrazia che abbiamo conosciuto.

Dovremo fare da soli, ma la curiosità intellettuale che Aldo ci ha insegnato ci aiuterà.

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