Mentre scriviamo queste note è in pieno svolgimento la reazione militare cinese alla visita a Taiwan di Nancy Pelosi, speaker della Camera dei Deputati del Congresso USA. Sono le più imponenti manovre militari che si siano mai svolte intorno a Taiwan. Si tratta di manovre a fuoco vivo che interessano sei o sette aree nella quali è stata interdetta la navigazione marittima ed aerea fino al 7 agosto. Si tratta di aree che sconfinano nelle acque territoriali e interne di Taiwan, oltre che nella zona economica esclusiva del Giappone, dove sono caduti alcuni dei missili balistici Dongfeng lanciati sino ad ora. I porti e gli aeroporti di Taiwan in pratica sono rimasti bloccati, mentre le autorità locali invitavano i cittadini a scaricare l’app per i rifugi antiaerei. Il rischio di un “incidente” con le forze militari di Taiwan è altissimo.
Come altissimo è il rischio di un coinvolgimento diretto della AUKUS (la NATO del Pacifico formata da Australia, Gran Bretagna e USA) in uno scontro diretto con la Cina. Nel frattempo la guerra fra l’Ucraina (armata e diretta dalla NATO) e la Russia ha superato il 160mo giorno e all’orizzonte non si intravede alcuna possibilità di porre termine ai combattimenti con un accordo di pace. La guerra, le tensioni geostrategiche e la conseguente corsa al riarmo stanno rendendo ancora più acuta la crisi ecologica prodotta dal riscaldamento del pianeta.
Le timide misure per la riconversione dell’economia con la riduzione delle emissioni da fonti fossili si stanno trasformando nel loro contrario con la programmata riapertura delle centrali a carbone. La siccità e la crisi energetica prodotta dalla guerra stanno provocando un’impennata dell’inflazione ed una penuria di beni essenziali, destinata ad incidere profondamente sulla vita di milioni di persone. Dal 1945 gli orizzonti non sono mai stati così cupi.
Durante la guerra fredda, anche nei periodi di maggiore tensione, sono sempre entrati in vigore dei meccanismi di raffreddamento, sono scattati dei freni d’emergenza che adesso non ci sono più. In quel periodo la speranza della distensione non è mai venuta meno, è stata sostenuta da robusti movimenti popolari di massa ed ha consentito a paesi di frontiera come l’Austria, la Svezia e la Finlandia di prosperare mantenendosi indipendenti dai blocchi militari contrapposti.
Adesso quello che ci prospettano gli architetti dell’ordine mondiale è un futuro spaventoso, fatto di riarmo, di disastri climatici ed economici, di sfide continue in fondo alle quali l’unica via d’uscita è una nuova guerra mondiale. Se guardiamo ai primi passi della campagna elettorale, sembra che l’Italia, sia un paese collocato su Marte, indifferente ai problemi reali della vita sulla Terra. Evidentemente i leader dei principali partiti sono convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili e sfoggiano l’ottimismo di Pangloss, il precettore del giovane Candido di Voltaire.
Quello che colpisce questa settimana è il patto di alleanza fra Letta e Calenda. Secondo questo duo, le prossime elezioni segneranno una scelta di campo che dovrà decidere se l’Italia rimane fra i grandi paesi europei o diventerà alleata di Putin. Di conseguenza PD e Azione “si impegnano a promuovere, l’interesse nazionale nel quadro di un solido ancoraggio all’Europa e nel rispetto degli impegni internazionali dell’Italia e del sistema di alleanze così come venutosi a determinare a partire dal secondo dopoguerra – ed aggiungono – in questa cornice le parti riconoscono l’importanza di proseguire nelle linee guida di politica estera e di difesa del governo Draghi con riferimento in particolare alla crisi ucraina e al contrasto al regime di Putin.” Per costoro è evidente che viviamo nel migliore dei mondi possibili, che la nuova guerra fredda è cosa buona e giusta, che nessuno ha fatto degli errori per non aver prevenuto questa guerra, che la cosa migliore è che la guerra prosegua (tanto muoiono solo russi e ucraini) e che dopo la Russia si devono fare i conti anche con la Cina. Quindi l’unico problema che abbiamo è di restare profondamente aderenti al mondo dei buoni e di sostenerne le scelte strategiche.
Peccato che non si capisce su cosa saranno chiamati a decidere gli elettori, visto che su questo terreno c’è una convergenza totale col polo avversario, guidato dalla Meloni, che non fa altro che sbracciarsi in dichiarazioni di fedeltà atlantica. Il paradosso è che i due poli si affronteranno nella campagna elettorale lanciandosi accuse reciproche di putinismo e rivendicando ciascuno per sé i galloni della fedeltà atlantica. E’ alla luce di questa fede di “fondamentalismo atlantico” che si spiega la scelta di Letta di escludere dal patto elettorale i 5stelle, incurante dell’evidente disastro elettorale a cui avrebbe condannato il PD. Malgrado tutte le loro contraddizioni, i 5Stelle a guida Conte rappresentavano una sorta di “coscienza infelice” del nostro sistema politico: dubitavano della necessità di continuare a rifornire di armi l’Ucraina e quindi della necessità di continuare la guerra, dubitavano della necessità di procedere ad una politica di riarmo e di riduzione della spesa sociale. In altre parole dubitavano della infallibilità del blocco occidentale e del suo vate Stoltenberg/Stranamore. Uno scandalo così andava messo a tacere e andavano oscurate anche le reali ragioni che hanno portato all’esclusione dei 5 Stelle. E’ meglio agli italiani non far sapere …