Droghe: come siamo messi?

di Roberto Sbrana, psicologo La Spezia (1) - 17/03/2019
Siamo messi male, molto male

Il fenomeno è in forte crescita, l’età di esordio si sta abbassando progressivamente (in alcuni casi a 12 anni), quella di uscita si sta alzando (ci sono tossicodipendenti di 70 anni), alle classiche droghe, tipo eroina, cocaina ed MDMA (ecstasy), si sono aggiunte nuove droghe, che altro non sono cocktail di molecole stupefacenti, rinnovate ed immesse nel mercato quasi quotidianamente, creando infinite difficoltà alle Forze dell’Ordine ad intervenire in modo efficace.

Il tutto, nel disinteresse generale: non se ne parla più come una volta, siamo rassegnati a pagare questo “costo sociale”, lasciamo soli chi ne fa uso e le loro famiglie. Un silenzio assordante, interrotto recentemente da facili slogan, purtroppo introdotti dal nostro fragile e semplificazionista Ministro dell’Interno (“Mettiamo in galera gli spacciatori e buttiamo via le chiavi”) che, ovviamente, ci auguriamo non sia mai ascoltato dalla maggioranza del nostro Parlamento.

Non ci siamo. Non ci siamo per niente.

Innanzitutto perché il problema è complesso, delicatissimo e riguarda decine di migliaia di persone e, da che mondo è mondo, non sono mai esistite soluzioni semplici e facili a problemi complessi. Poi, perché, al di là dei grossi trafficanti internazionali che se stanno felici e sereni al mare nelle isole tropicali al riparo delle leggi e della giustizia italiana, il grosso del mercato sulle strade e sulle piazze è in mano a pusher nostrani, il più delle volte tossicodipendenti; dividere chi usa solamente, da chi usa e spaccia, e da chi spaccia solo senza usare, è praticamente impossibile. Infine perché le nostre carceri di rieducativo hanno poco e nulla, alla faccia dell’art. 27 della nostra Costituzione.

Vogliamo parlare di numeri? In Italia, usano eroina circa 200.000 persone (http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=62657): se poi aggiungiamo chi usa cocaina, derivati dalla cannabis ed altre sostanze illecite, si oltrepassa tranquillamente il milione di consumatori. Chi usa ovviamente acquista e la modalità più in voga è rappresentata da chi acquista dieci dosi, ne vende cinque e le altre cinque dosi personali se le può permettere solo perché così non gli costano nulla. Stiamo parlando di spaccio. Vogliamo metterli tutti in galera?

Ma di cosa stiamo parlando?

Oltretutto, in galera già attualmente sono rinchiusi circa venti mila detenuti tossicodipendenti, arrestati e condannati per reati connessi. Non ci bastano?

La legislazione vigente non ha niente di permissivo, anzi, tutt’altro.

Dopo i Regi Decreti (!) la prima legge repubblicana in materia fu la numero 685 del 1985, in cui veniva applicato il principio della “modica quantità” per uso personale, con annesse Tabelle Differenziate per tipologia di droga. Erano i tempi della distinzione tra cosiddette droghe pesanti e leggere. Il principio ispiratore era rappresentato dalle cure per chi era tossicodipendente, attraverso i Sert delle ASL e galera per gli spacciatori non consumatori. Una buona Legge. Successivamente vide la luce il DPR 309/90, con interessanti e sensate novità, in particolar modo rivolte ai consumatori beccati dalle forze dell’ordine e non in contatto con i Sert, quindi a livello di invio per le cure e con sanzioni amministrative e non penali (timbro di non validità per l’espatrio sulla carta d’identità, periodi di sospensione della patente di guida dell’auto ed altre), dando vita ai NOT (Nuclei Operativi Tossicodipendenze) presso le Prefetture. Vale forse la pena mettere in evidenza il carattere amministrativo delle Prefetture, quali organi di Governo territoriali. Per capirci: Ministero dell’Interno. Nulla di Penale: le Procure, le Preture, i Tribunali e le Patrie Galere sono emanazioni del Ministero della Giustizia. Un buon DPR.

Successivamente, la tentazione delle scorciatoie e delle soluzioni facili ai problemi complessi, s’impossessò di due influenti uomini politici (Fini e Giovanardi), i quali decisero, ovviamente con la complicità della maggioranza del nostro Parlamento, di abolire le tabelle e “fare di tutta l’erba un fascio”, dando vita alla Legge numero 49 del 2006: nessuna distinzione tra pesanti e leggere, “tutte ugualmente droghe”, punto e basta. Peccato che di cannabinoidi non sia mai morto nessuno. Ma non importa. Il 12 febbraio del 2014 la Corte Costituzionale dichiarò illegittima tale legge, ma per otto lunghi anni fu purtroppo in vigore, portando in galera migliaia di consumatori di droghe, molti dei quali ancora in carcere, non si sa a cosa fare, se non soffrire e non potersi curare decentemente.

Vale infine la pena di evidenziare un mostro giuridico vigente: la cosiddetta “Detenzione ai Fini di Spaccio”. Cosa significa “detenzione ai fini di spaccio”?

Significa che quando ti trovo in possesso di qualunque sostanza stupefacente, te la peso e se è più di un certo quantitativo (praticamente ciò che serve per due giorni), mando gli atti alla Procura della Repubblica che ti processa, ti condanna e ti mette in galera. Perché già il solo possesso significa che hai intenzione di spacciar droga, anche se non l’hai spacciata. In buona sostanza, è una presunzione di spaccio, anche se solo la detenevi senza spacciarla. Per capirci, è l’unico reato che non necessita dell’atto.

Sinceramente, e per concludere, non si sentiva una gran necessità di “pugno duro” nell’approccio alle droghe ed il prezzo di tante sofferenze detentive dei nostri giovani non può essere motivato e giustificato da qualche centinaio di voti in più alla Lega di Salvini, dati da cittadini onesti che credono alle scorciatoie, a causa dell’abbandono culturale di chi ha governato precedentemente. Sia il Centro Destra che il Centro Sinistra si sono dimostrati, su questo tema, indifferenziati, banali, autoreferenti, distratti e lontani dalla gente.

L’unica necessità che si sente è di riprendere a parlarne, di dare ascolto agli operatori, sia del pubblico come del privato sociale: gente da quaranta anni in trincea, con grande esperienza e professionalità. Se non lo faremo, la partita è persa.

Uso di droghe

(1) Roberto Sbrana (1950) si è laureato in scienze sociali a Pisa ed in psicologia a Padova. Ha lavorato 31 anni presso il SERT dell’ASL di La Spezia ed ha diretto, sino al suo pensionamento, il SERT interno del Carcere di La Spezia. Ha insegnato Psicologia della Devianza e Psicologia di Comunità, Organizzazione e Territorio presso l’Università di Genova, Dipartimento Scienze della Formazione, con cui collabora tutt'oggi.

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