La Zona di Segromigno (Lucca) , alla fine degli anni 60 comprendeva circa 100 aziende calzaturiere tra i 10 ed i 100 operai, (solo 3 di esse superavano 100 operai)) sparse tra i Paesi di Segromigno Monte e /Piano, Camigliano S. Colombano, Turchetto, Lammari, Marlia, Porcari, con circa 5.000 lavoratori occupati, la maggioranza di essi erano pendolari provenienti dalla Garfagnana (circa 50 Km di distanza) con pulmini messi a disposizioni (e ricattati) dalle aziende.
A Segromigno vi fu un forte sviluppo iniziato nel dopoguerra con la produzione degli zoccoli, e dopo negli anni 60 .si convertirono con la produzione di calzature di media e bassa qualità.
Lo sviluppo del settore calzaturiero avvenne in modo profondamente distorto basato sul massimo sfruttamento della manodopera, con i lavoratori che venivano assicurati per 20 ore settimanali quando l’orario di lavoro superava le 48 ore settimanali, ed andavano in pensioni con pochi soldi, le paghe, ad eccezione di una piccola minoranza locale professionalizzata, erano molto inferiori a quelle stabilite nei contratti Nazionali di lavoro, ed in busta paga le imprese al fine di pagare meno contributi, venivano segnate paghe ancora inferiori di quelle percepite. Inoltre le normative sulla malattia, sulle ferie , sull’inquadramento professionale, non venivano rispettate ed in molte aziende a Natale non veniva nemmeno data la 13^ mensilità ma solo un panettone ed una bottiglia di spumante.
Il lavoro si svolgeva quasi sempre senza accorgimenti tecnico di prevenzione (aspiratori) con molta polvere, rumori ed esalazioni da mastice, causando molti morti per malattie professionali (leucemie, Tumori polmoni, silicosi).
Il lavoro si svolgeva quasi sempre senza accorgimenti tecnico di prevenzione (aspiratori) con molta polvere, rumori ed esalazioni da mastice, causando molti morti per malattie professionali (leucemie, Tumori polmoni, silicosi).
All’età di 16 anni mi iscrissi alla FGCI (Federazione Giovanile Comunisti Italiani) ed entrai a lavorare in un calzaturificio di Segromigno di nome “Olando Chelini” con circa 100 dipendenti che produceva sandali per donna , un prodotto medio per il mercato USA. Quando entrai come apprendista , e dopo 18 mesi operaio, fui messo a bucare le soletta con una fustella a mano ed ad una macchina (tipo trapano) sempre per bucare le solette dove venivano inserite le tomaie. Imparai a svolgere il mio lavoro con una velocità che a dire del padrone era impressionate, producevo circa il doppio di quello ce facevano altri operai , per cui acquisii un certo potere di contrattazione individuale che mi portava periodicamente a richiedere incrementi salariali dicendo all’azienda che altrimenti m sarei licenziato e fatto assumere dal altri calzaturifici.
Lavorai in quell’azienda dal 1966 per uscirne nell’aprile del 1970 ed il quel peridodo ottenni ben 5 incrementi che mi portarono ad avere un salario di circa 50% superiore a quello percepito da altri ed ad essere assicurato per 30 re settimanali (anziché 20). Agli inizi del 1970 fui licenziato per aver organizzato scioperi, e dopo alcuni mesi di lavoro in un altro calzaturificio, entrai nella CGIL in qualità di Responsabile provinciale del settore Calzaturiero nonché di tutte le aziende tessili della Piana di Lucca.
Lavorai in quell’azienda dal 1966 per uscirne nell’aprile del 1970 ed il quel peridodo ottenni ben 5 incrementi che mi portarono ad avere un salario di circa 50% superiore a quello percepito da altri ed ad essere assicurato per 30 re settimanali (anziché 20). Agli inizi del 1970 fui licenziato per aver organizzato scioperi, e dopo alcuni mesi di lavoro in un altro calzaturificio, entrai nella CGIL in qualità di Responsabile provinciale del settore Calzaturiero nonché di tutte le aziende tessili della Piana di Lucca.
. Ma andiamo per ordine illustrando il contesto in cui nacque la mia esperienza SUL “68 E AUTUNNO CALDO A SEGROMIGNO”, che in quella zona mi vide impegnato fino alla fine del 1976 per fare applicare il CCNL con forti lotte in tre fasi, ed infine alla vittoria e cambiamento della realtà sociale nella zona calzaturiera di Segromigno Lucca.
PRIMA FASE : Il 1968, fu un anno di rivolta sociale in tutto il Mondo ed anche a Segromigno dove lavoravo. Un giorno vidi davanti la mia fabbrica degli studenti e dei sindacalisti provenienti da Lucca che distribuivano un volantino a firma “Stella Rossa” , dove si evidenziava i mali del capitalismo sfruttatore ed il bene del comunismo. Nel Volantino si invitavano lavoratori ad andare ad un riunione presso la Casa del popolo di Camigliano per discutere dei problemi degli operaia locali.
La sera andai alla casa del Popolo, ma prima di iniziare a discutere dei problemi degli operai, fu costituito un comitato di lotta formato da operai e studenti nel quale vi entrai pure io, il più giovane tra gli operai presenti, ma essendo un militante del PCI sentivo il dovere in entrarvi.
L’iniziativa alla quale partecipava anche la CGIL era stata indetta da un gruppo che si definiva extraparlamentare e rivoluzionario: “Stella Rossa” . Iniziò quindi l’assemblea con una introduzione di una studentessa universitaria a Pisa, la quale evidenziava la necessità di intraprendere la rivoluzione proletaria tradita dai “revisionisti” del Partito Comunista, dicendo che l’unico rivoluzionario del PCI era stato Bordiga mentre tutti gli altri compreso Togliatti, Gramsci, Longo, Paietta, ecc… avrebbero dovuto essere fucilati perché traditori.
Subito dopo parlò un sindacalista della CGIL di nome Riccardo , riportando la discussione sui problemi del lavoro locale , dicendo che c’era bisogno di aggregare gli operai su una piattaforma rivendicativa al fine di fare applicare alle imprese il contratto nazionale.
La battaglia non sarebbe stata semplice perché quelli più professionalizzati avevano paghe superiori, mentre la stragrande maggioranza avevano paghe molto basse sotto i minimi contrattuali ed assicurati per 20 ore settimanali anziché 48, ma erano ricattati dall’azienda che li andava a prendere con pulmini propri nei lontani Paesi della Garfagnana. Quindi per loro era quasi impossibile pensare di organizzarli sindacalmente e farli scioperare.
La discussione andò avanti per molto tempo, trovandoci per due giorni alla settimana alla casa del popolo ed a distribuire volantini davanti le aziende.
Dopo alcuni mesi , le persone che venivano all’assemblee della casa del Popolo erano tantissime, in gran pare operai del luogo ma anche studenti esterni.
Al culmine della discussione sulla realtà e su come affrontarla, la CGIL fece venire un sindacalista dal Nazionale. Quella sera fu proposta una piattaforma rivendicativa che abbandonava l’applicazione integrale del CCNL ma chiedeva più realisticamente un incremento dei salari di lire 70 orari per gli uomini e lire 50 per le donne.
Io ero molto “incazzato” per questa scelta, sostenevo che il contratto era solo un diritto dei lavoratori e non dovevamo transigere. Però fui messo in minoranza da atri operai ai quali appariva un obbiettivo troppo avanzato. Decisi comunque di impegnarmi nella lotta.
Furono proclamati molti scioperi ed io diffondevo i volantini, parlavo con gli altri operai della mia fabbrica per farli scioperare, facevo i picchetti con gli altri. Gli scioperi riuscivano solo in alcune aziende più significative compresa la mia.
Dopo cinque scioperi, le aziende calzaturiere furono fatte convocare dal Sindacato tramite l’Ufficio del lavoro d Lucca. Tra tutte le imprese più significative, si presentarono solo quattro aziende tra cui quella dove lavoravo io dicendo, che loro non avrebbero mai sottoscritto un accordo con il sindacato, ma cha a partire dal mese successivo avrebbero dato un aumento di 50 lire orarie ai propri dipendenti uomini e lire 30 orarie alle donne.
Il Riccardo della CGIL assieme ad una sindacalista di nome Matalda della CISL fecero un’assemblea di tutti i lavoratori alla casa del Popolo di Camigliano. Secondo il pensiero del sindacato quelle proposte erano un passo avanti ed avrebbero rotto il fronte padronale costringendo anche altre imprese a dare gli stessi soldi. Ci fu un gran dibattito ed anche questa volta rimasi in minoranza. La maggioranza degli operai presenti in assemblea, accettarono la proposta del Fratino di interrompere gli scioperi accettando quella cifra data solo da quattro aziende senza sottoscrivere nessuna accordo sindacale.
A mio parere fu fatto un altro errore… interrompere gli scioperi significava fare un grande favore alle aziende. Nei giorni successivi , la scelta di accettare la proposta del piccolo aumento senza accordo e soltanto in 4 aziende fu molto criticata da altri lavoratori che non prendevano niente ma che avevano scioperato.
Dopo cinque scioperi, le aziende calzaturiere furono fatte convocare dal Sindacato tramite l’Ufficio del lavoro d Lucca. Tra tutte le imprese più significative, si presentarono solo quattro aziende tra cui quella dove lavoravo io dicendo, che loro non avrebbero mai sottoscritto un accordo con il sindacato, ma cha a partire dal mese successivo avrebbero dato un aumento di 50 lire orarie ai propri dipendenti uomini e lire 30 orarie alle donne.
Il Riccardo della CGIL assieme ad una sindacalista di nome Matalda della CISL fecero un’assemblea di tutti i lavoratori alla casa del Popolo di Camigliano. Secondo il pensiero del sindacato quelle proposte erano un passo avanti ed avrebbero rotto il fronte padronale costringendo anche altre imprese a dare gli stessi soldi. Ci fu un gran dibattito ed anche questa volta rimasi in minoranza. La maggioranza degli operai presenti in assemblea, accettarono la proposta del Fratino di interrompere gli scioperi accettando quella cifra data solo da quattro aziende senza sottoscrivere nessuna accordo sindacale.
A mio parere fu fatto un altro errore… interrompere gli scioperi significava fare un grande favore alle aziende. Nei giorni successivi , la scelta di accettare la proposta del piccolo aumento senza accordo e soltanto in 4 aziende fu molto criticata da altri lavoratori che non prendevano niente ma che avevano scioperato.
Ripresi il mio lavoro ed il mese successivo tutti gli operai della mia fabbrica presero 40 lire di aumento se uomini e 25 se donne. Quindi meno di quello che era stato promesso, ma a me non fu data nemmeno una lira ed il padrone Chelini Olando mi chiamo in Ufficio e mi disse : “ tu prendevi già più di altri perché ha organizzato gli scioperi ? Gli risposi per dare gli stessi diritti a tutti facendo applicare il Contratto Nazionale di Lavoro” : Il padrone mi ispose : allora da doman stai a casa sei licenziato.
Speravo che gli operai da me guidati nella lotta rispondessero con uno sciopero al mio licenziamento , ma tutti gli operai ebbero paura di essere a loro volta licenziati e si guardarono bene dal farlo! Così va la vita…
Mi trovai un altro lavoro in un calzaturificio di Altopascio. Feci una vertenza individuale all’azienda dove mi ero licenziato, per ricuperare le paghe arretrate in quanto percepivo 400 lire orarie, ma in busta paga me ne segnavano 300 per 30 ore settimanali, pur lavorandone 48 . Concordai una cifra pari a 500.000 lire e detti un contributo alla CGIL di 40.000 lire. Mi restarono 460.000 lire che comunque corrispondevano all’incirca a 10.000 euro odierne. Quindi mi comprai una fiat 850 usata. Ma la lotta non era finita…
Speravo che gli operai da me guidati nella lotta rispondessero con uno sciopero al mio licenziamento , ma tutti gli operai ebbero paura di essere a loro volta licenziati e si guardarono bene dal farlo! Così va la vita…
Mi trovai un altro lavoro in un calzaturificio di Altopascio. Feci una vertenza individuale all’azienda dove mi ero licenziato, per ricuperare le paghe arretrate in quanto percepivo 400 lire orarie, ma in busta paga me ne segnavano 300 per 30 ore settimanali, pur lavorandone 48 . Concordai una cifra pari a 500.000 lire e detti un contributo alla CGIL di 40.000 lire. Mi restarono 460.000 lire che comunque corrispondevano all’incirca a 10.000 euro odierne. Quindi mi comprai una fiat 850 usata. Ma la lotta non era finita…
A cavallo tra il 68/69 ci furono i moti di Avola, dove la polizia sparò sui contadini ed intanto cresceva la contestazione globale da parte del Movimento Studentesco e cresceva anche la capacità del sindacato di organizzare i lavoratori delle fabbriche per rivendicare nuovi diritti, migliori condizioni economiche e di lavoro.
A Segromigno continuavamo ad incontrarci quasi tutte le sere come comitato di lotta composto da operai e studenti. Gli studenti occuparono molte scuole ed iniziarono ogni giorno a fare opera di volantinaggio davanti le fabbriche , soprattutto quelle calzaturiere e la Cucirini.
A Segromigno continuavamo ad incontrarci quasi tutte le sere come comitato di lotta composto da operai e studenti. Gli studenti occuparono molte scuole ed iniziarono ogni giorno a fare opera di volantinaggio davanti le fabbriche , soprattutto quelle calzaturiere e la Cucirini.
Il 1969, fu un anno di grande battaglie per rinnovare i contratti e per la riforma delle pensioni. Cominciarono a diffondersi gruppi di giovani studenti ed operai , piccoli partiti o movimenti extra parlamentari . ne sorsero un’infinità . a Lucca alla fine del 1969 c’èrano: Stella Rossa, Vivere il Comunismo, Avanguardia Comunista, Servire il Popolo, la Lega dei Comunisti, avanguardia operaia, Lotta Continua, il Partito Comunista Marxista Leninista. Quasi sempre nelle riunioni che facevamo, i compagni comunisti e quelli del Psiup, venivano attaccati e tacciati di revisionismo.
Una sera ci fu uno spettacolo della compagnia teatrale “La Comune” con Dario Fo e Franca Rame al teatro del Giglio a Lucca, sulla condizione operaia al lavoro in una filatura. Il riferimento era alla grande azienda Cucirini Cantoni Coates di Lucca dove il Sindacato stava portando avanti una dura battaglia per il riconoscimento del Consiglio di Fabbrica e per aumenti salariali.
Dopo la bella recita si aprì un dibattito ed io intervenni, per confermare come reali le cose dette nella recita, citando l’esperienza di mia madre e dicendo che andava sostenuta con forza la lotta dei lavoratori per ottenere il diritto ad avere un Consiglio di fabbrica che li rappresentasse contro i soprusi del padrone. Ma subito dopo di me intervenne uno studente universitario di un gruppo extra parlamentare di nome Avanguardia operaia dicendo: non ascoltate il Franchi è un Comunista revisionista iscritto al PCI, quindi tradisce il popolo, non è un rivoluzionario… Sapete chi era quel rivoluzionario che stava parlando? Era quello studente che era già stato iscritto al MSI e che due anni prima in una scuola superiore di Lucca, aveva raccolto tutti i giornali “Nuova Generazione” che io e u compagno di nome Porta Gianfranco, avevamo distribuito come FGCI, e gettati sulla nostra testa. Così va la vita…
Una sera ci fu uno spettacolo della compagnia teatrale “La Comune” con Dario Fo e Franca Rame al teatro del Giglio a Lucca, sulla condizione operaia al lavoro in una filatura. Il riferimento era alla grande azienda Cucirini Cantoni Coates di Lucca dove il Sindacato stava portando avanti una dura battaglia per il riconoscimento del Consiglio di Fabbrica e per aumenti salariali.
Dopo la bella recita si aprì un dibattito ed io intervenni, per confermare come reali le cose dette nella recita, citando l’esperienza di mia madre e dicendo che andava sostenuta con forza la lotta dei lavoratori per ottenere il diritto ad avere un Consiglio di fabbrica che li rappresentasse contro i soprusi del padrone. Ma subito dopo di me intervenne uno studente universitario di un gruppo extra parlamentare di nome Avanguardia operaia dicendo: non ascoltate il Franchi è un Comunista revisionista iscritto al PCI, quindi tradisce il popolo, non è un rivoluzionario… Sapete chi era quel rivoluzionario che stava parlando? Era quello studente che era già stato iscritto al MSI e che due anni prima in una scuola superiore di Lucca, aveva raccolto tutti i giornali “Nuova Generazione” che io e u compagno di nome Porta Gianfranco, avevamo distribuito come FGCI, e gettati sulla nostra testa. Così va la vita…
Ripresi la mia attività politica, con riunioni sia nella sezione del PCI di Porcari e nel Comitato Centrale del PCI di Lucca, che nel “comitato di Lotta” studenti/operai.
SECONDA FASE : Agli inizi del mese di aprile del 1970, durante una riunione del Comitato di Lotta, si avvicinò a me il Riccardo della CGIL chiedendomi se l’indomani andavo nel suo ufficio che mi voleva parlare a quattro occhi.
IL giorno dopo, allora convenuta mi recai nel suo ufficio e mi disse: Franchi tu sei iscritto al partito Comunista, hai già dato una mano alla CGIL nella lotta dell’anno scorso, anche se ti è costato il posto di lavoro. Ma a Segromigno c’è ancora bisogno di te e la CGIL ha bisogno di te. Ti propongo di entrare nel direttivo della Filtea CGIL e successivamente di farti eleggere in segreteria come Funzionario della CGIL a tempo pieno. Ne ho già parlato con il segretario della CGIL Bianchi ed è d’accordo. Dipende solo da te, sappi però che in CGIL non ci sono orari di lavoro e si guadagna poco. Chi fa il sindacalista lo fa perché odia le ingiustizie sociali e vuole combatte per una causa giusta. Quindi non è un mestiere, ma una missione. Lo stipendio mensile e di 96 mila lire, circa 10.000 lire in meno di quello che prendi in fabbrica dove lavori. Tu hai l’odio di classe , sei intelligente ed anche in fabbrica fai il tuo lavoro con coscienza, figurati quando sarai in CGIL.
A mio parere sei adatto a fare il Sindacalista. Pensaci ma dammi una risposta prima della fine del mese.
Gli risposi che ci avrei Pensato e gli avrei dato quanto prima una risposta… ma dentro di me ero molto lusingato della proposta e già non vedevo l’ora di iniziare a fare il sindacalista.
A partire dal mese di maggio del 1970 all’età di 20 anni, sono entrato in Segreteria dei tessili e calzaturieri, dipendente della CGIL e responsabile di tutto il Settore Calzaturiero e di altre aziende tessili della Piana di Lucca .
Nel mese di ottobre del 1970, con i mie vent’anni e pieno di “energia rivoluzionaria sessantottina”, andai a fare un corso lungo tre mesi per i giovani sindacalisti nella scuola Nazionale della CGIL di Genzano Roma. Fu una esperienza indimenticabile molto bella. Quello che ancora oggi mi è rimasto di quel corso, è l’analisi “scientifica” del meccanismo adottato dal sistema capitalistico per cercare di carpire il consenso al sistema, da parte dei cittadini divenuti inconsapevoli di essere una rotella del medesimo sistema.
Al ritorno, agli inizi del 1971, ripresi con forza la lotta nella Zona calzaturiera di Segromigno per fare applicare il Contratto di lavoro alle aziende calzaturiere della Zona, che mi vedrà per oltre un anno, condurre iniziative , riunioni, scioperi, picchettaggi “duri” coinvolgendo i lavoratori e gli studenti.
Ogni mattina prima delle 8, dalle 12 alle 14 e spesso anche all’uscita la sera andavo davanti le fabbriche a distribuire volantini ed utilizzando l’altoparlante per invitare i lavoratori ad effettuare gli scioperi promossi dal sindacato. Inoltre iniziai ad effettuare assemblee nelle fabbriche in base al nuovo Statuto dei Lavoratori.
Le aziende o si rifiutavano di fare svolgere le assemblee o intimidivano i lavoratori per non farli venire in assemblea dicendo loro che se andavano all’assemblea non li avrebbero più portati al lavoro con i propri pulmini. Tra il 1970 ed il 74 , furono ben 12 i ricorsi al Giudice del lavoro, che ho effettuato denunciando i proprietari dei calzaturifici di Segromigno per attività antisindacale e contro i diritti dei lavoratori, in quanto i titolari delle aziende impedivano di farmi svolgere le assemblee che fissavo in qualità di Dirigente della CGIL di Lucca.
Spesso entravo comunque nel luogo di lavoro e chiamavo fuori gli operai, arrivando a fare scontri fisici con i Padroni ed i “Capetti”.Venivano chiamati così quelli che svolgevano un ruolo di direzione e di comando su gli operai .
Un giorno mi trovavo davanti una fabbrica e con l’altoparlante sulla mia auto ed invitavo gli operai a scioperare il giorno dopo. Vennero fuori due “Capetti”ed iniziarono a spingere e dondolare la mia auto dicendo che se non andavo via mi avrebbero rovesciato la macchina con me dentro. Io scesi dall’auto ed appena fuori detti un grosso pugno ad uno di loro stendendolo per terra, ripresi l’auto ed andai via. Quel giorno ero molto “incazzato” in quanto la sera precedente, mia moglie mi riferì che il titolare dello stabilimento ed un capo reparto dell’azienda dove lavorava, la chiamarono in ufficio per dirgli che avevano saputo che io facevo il sindacalista e che quindi doveva stare molto attenta a come si muoveva perché l’avrebbero licenziata.
Un altro giorno ero assieme a degli studenti davanti una fabbrica dove gli operai non avevano scioperato. Venne fuori il titolare, un omaccione molto grosso ed urlando ci diceva di andare via di non rompere i coglioni ai suoi operai… allora un compagno del PSIUP che ara vicino a me molto alto e grosso di nome Gildo Tognetti, si mise davanti a lui dicendo: dillo a me di andare via, ma non fece in tempo ad aprire bocca che con un pugno lo aveva già steso a terrà. Un’altra volta, io assieme al Segretario della CGIL Alfredo Bianchi, dovevamo effettuare un’assemblea in un’azienda chiamata calzaturiera chiamata “Fepa”, ma il titolare sbarrò il cancello, noi lo scavalcammo ed entrammo in fabbrica invitando tutti i lavoratori ad uscire per l’assemblea… ci fu una gran rissa tra noi due ed i “capetti” della fabbrica.
A mio parere a Segromigno c’erano le condizioni storiche per modificare una realtà arretrata a partire dalla richiesta dell’applicazione del CCNL.
Come avevo previsto , la battaglia fatta due anni prima nel 69, non era servita a niente, tutto era rientrato nella logica padronale del supersfruttamento dei lavoratori.
Un giorno verso la fine del mese di gennaio del 1971, feci una riunione del comitato d lotta operai e studenti, decidendo di riprendere con forza la battaglia per l’applicazione del Contratto di Lavoro Nazionale. Organizzai come CGIL uno sciopero di otto ore a Segromigno agli inizi del mese di febbraio 71 distribuendo volantini per richiedere di scioperare per l’applicazione del Contratto Nazionale di lavoro. Ma mi misi anche d’accordo con gli studenti per farli a protestare nella zona di Segromigno. Il Comitato di Lotta Studentesco decise una sciopero lo stesso giorno di quello fissato a Segromigno in solidarietà con la classe operaia delle aziende calzatriere.
Erano le 7,00 del mattino del giorno dello sciopero, ed io assieme ad altri Compagni della CGIL mi recai davanti le fabbriche più significative con l’altoparlante, invitando a scioperare e dicendo che a sostegno della loro lotta sarebbero intervenuti anche gli studenti di Lucca.
Contemporaneamente , gli studenti di diverse scuole lucchesi scioperarono come non si era mai visto in precedenza ed iniziò una lunga marcia degli studenti che provenivano da Lucca a piedi ed andavano a Segromigno, coprendo circa 12 km di strada
. Erano circa 2.000 studenti, preceduti da molte automobili che con altoparlanti mettevano la musica “Contessa” ed invitavano gli operai ad uscire dalle fabbriche per scioperare. Non c’era solo la CGIL ad invitare a scioperare ma anche il movimento Studentesco, i partiti ufficiali di sinistra e molti “gruppi” extra-parlamentari.
Questo era il tipo di invito che facevano i vari gruppi straparlamentari: “Stella Rossa” Fronte Rivoluzionario Proletario per il Comunismo, vi invita ad uscire dalle fabbriche ed ad unirvi agli studenti che manifestano, per fare applicare il contratto nazionale di lavoro. I padroni di Segromigno appresero della marcia ed appena vedevano gli studenti davanti una delle loro fabbriche, ebbero paura, ed aprivano i cancelli facendo scioperare i lavoratori che in grandissima parte si univano al corteo guidandoci nelle altre fabbriche. Tutte le aziende (circa un centinaio) fecero scioperare i propri dipendenti ad eccezione di una, la più grande di nome “Claudia”.
Il titolare di quell’azienda, che chiamavano Dantone, prese il fucile e si piazzò sul tetto dello stabile puntando il suo fucile sulla folla.
Come avevo previsto , la battaglia fatta due anni prima nel 69, non era servita a niente, tutto era rientrato nella logica padronale del supersfruttamento dei lavoratori.
Un giorno verso la fine del mese di gennaio del 1971, feci una riunione del comitato d lotta operai e studenti, decidendo di riprendere con forza la battaglia per l’applicazione del Contratto di Lavoro Nazionale. Organizzai come CGIL uno sciopero di otto ore a Segromigno agli inizi del mese di febbraio 71 distribuendo volantini per richiedere di scioperare per l’applicazione del Contratto Nazionale di lavoro. Ma mi misi anche d’accordo con gli studenti per farli a protestare nella zona di Segromigno. Il Comitato di Lotta Studentesco decise una sciopero lo stesso giorno di quello fissato a Segromigno in solidarietà con la classe operaia delle aziende calzatriere.
Erano le 7,00 del mattino del giorno dello sciopero, ed io assieme ad altri Compagni della CGIL mi recai davanti le fabbriche più significative con l’altoparlante, invitando a scioperare e dicendo che a sostegno della loro lotta sarebbero intervenuti anche gli studenti di Lucca.
Contemporaneamente , gli studenti di diverse scuole lucchesi scioperarono come non si era mai visto in precedenza ed iniziò una lunga marcia degli studenti che provenivano da Lucca a piedi ed andavano a Segromigno, coprendo circa 12 km di strada
. Erano circa 2.000 studenti, preceduti da molte automobili che con altoparlanti mettevano la musica “Contessa” ed invitavano gli operai ad uscire dalle fabbriche per scioperare. Non c’era solo la CGIL ad invitare a scioperare ma anche il movimento Studentesco, i partiti ufficiali di sinistra e molti “gruppi” extra-parlamentari.
Questo era il tipo di invito che facevano i vari gruppi straparlamentari: “Stella Rossa” Fronte Rivoluzionario Proletario per il Comunismo, vi invita ad uscire dalle fabbriche ed ad unirvi agli studenti che manifestano, per fare applicare il contratto nazionale di lavoro. I padroni di Segromigno appresero della marcia ed appena vedevano gli studenti davanti una delle loro fabbriche, ebbero paura, ed aprivano i cancelli facendo scioperare i lavoratori che in grandissima parte si univano al corteo guidandoci nelle altre fabbriche. Tutte le aziende (circa un centinaio) fecero scioperare i propri dipendenti ad eccezione di una, la più grande di nome “Claudia”.
Il titolare di quell’azienda, che chiamavano Dantone, prese il fucile e si piazzò sul tetto dello stabile puntando il suo fucile sulla folla.
Erano presenti i Carabinieri e la Digos che disarmarono il proprietario ma anziché arrestare il titolare del fucile, invitavano gli scioperanti e gli studenti ad andare via dicendo che c’era anche il diritto di non scioperare.
Io dall’interno della mia auto con l’altoparlante continuavo ad invitare i lavoratori ad uscire. Ad un certo punto, una decina di studenti ed operai provenienti da altre aziende, presero un grosso tronco d’albero e cominciarono a sbatterlo contro un portone di ferro cercando di sfondarlo. Fu solo allora che l’azienda intimorita da quello che poteva succedere decise di fare uscire i quasi 200 lavoratori occupati.
Quella giornata di lotta terminò nel tardo pomeriggio, fu memorabile e decisiva per le sorti della vertenza sindacale.
Infatti il giorno dopo i titolari delle otto aziende più grandi di Segromigno accettarono di incontrarsi con me ed altri sindacalisti Presso l’ufficio Provinciale del Lavoro di Lucca . Fu una resa senza condizioni. Facemmo sottoscrivere un accordo dove le otto aziende più grandi a nome anche degli altri titolari, si impegnavano ad applicare integralmente il Contratto di Lavoro a partire dal mese successivo. Così ogni lavoratore avrebbe avuto la normativa del contratto integralmente : (orari, ferie, malattia, gratifica, inquadramento ecc…) nonché l’applicazione della parte economica con un incremento medio orario di circa 120 lire. Anche i contributi assicurativi versai all’Inps utili per la pensione , non sarebbero più stati versati per sole 20 ore settimanali ma su tutte le ore di lavoro effettivamente svolte. Fù una vittoria veramente storica.
Dopo circa due mesi dalla firma dell’accordo della Zona Calzaturiera di Segromigno, arrivò una denuncia a me ed ad altre 12 persone, per i fatti avvenuti davanti al Calzaturificio Claudia.
Nello specifico mi si accusava di avere istigato gli altri a sfondare il portone, di essere entrato nella fabbrica e di avere distrutto e dato fuoco ad alcuni scatoloni di scarpe. Le accuse erano del tutto infondate, io mi ero limitato a cercare di governare la situazione e nessuno era mai entrato dentro l’azienda.
La denuncia si concluse quattro anni dopo con una condanna di 12 persone presenti ai fatti. Io fui condanno ad un mese di reclusione senza condizionale pena che però mi fu amnistiata.
Io dall’interno della mia auto con l’altoparlante continuavo ad invitare i lavoratori ad uscire. Ad un certo punto, una decina di studenti ed operai provenienti da altre aziende, presero un grosso tronco d’albero e cominciarono a sbatterlo contro un portone di ferro cercando di sfondarlo. Fu solo allora che l’azienda intimorita da quello che poteva succedere decise di fare uscire i quasi 200 lavoratori occupati.
Quella giornata di lotta terminò nel tardo pomeriggio, fu memorabile e decisiva per le sorti della vertenza sindacale.
Infatti il giorno dopo i titolari delle otto aziende più grandi di Segromigno accettarono di incontrarsi con me ed altri sindacalisti Presso l’ufficio Provinciale del Lavoro di Lucca . Fu una resa senza condizioni. Facemmo sottoscrivere un accordo dove le otto aziende più grandi a nome anche degli altri titolari, si impegnavano ad applicare integralmente il Contratto di Lavoro a partire dal mese successivo. Così ogni lavoratore avrebbe avuto la normativa del contratto integralmente : (orari, ferie, malattia, gratifica, inquadramento ecc…) nonché l’applicazione della parte economica con un incremento medio orario di circa 120 lire. Anche i contributi assicurativi versai all’Inps utili per la pensione , non sarebbero più stati versati per sole 20 ore settimanali ma su tutte le ore di lavoro effettivamente svolte. Fù una vittoria veramente storica.
Dopo circa due mesi dalla firma dell’accordo della Zona Calzaturiera di Segromigno, arrivò una denuncia a me ed ad altre 12 persone, per i fatti avvenuti davanti al Calzaturificio Claudia.
Nello specifico mi si accusava di avere istigato gli altri a sfondare il portone, di essere entrato nella fabbrica e di avere distrutto e dato fuoco ad alcuni scatoloni di scarpe. Le accuse erano del tutto infondate, io mi ero limitato a cercare di governare la situazione e nessuno era mai entrato dentro l’azienda.
La denuncia si concluse quattro anni dopo con una condanna di 12 persone presenti ai fatti. Io fui condanno ad un mese di reclusione senza condizionale pena che però mi fu amnistiata.
TERZA FASE : La lotta non finì lì , andò avanti e per estendere il CCNL a tutte le altre aziende, ci volsero ancora due anni.
Si aprì una fase nuova ed iniziai a costruire i Consigli di fabbrica molte aziende nonché ad organizzare sindacalmente gli operai con l’iscrizione alla CGIL.
Dopo la lotta per l’applicazione del contratto, iniziai a proporre rivendicazioni aziendali per ottenere ulteriori conquiste in materia di ammortizzatori sociali, premio ferie, prevenzione della salute. Tornai a fare l’assemblea sindacale all’interno della mia ex fabbrica (Chelini Olando) accolto bene ma con molti timori dai miei ex compagni di lavoro. Proposi loro di continuare a lotta per ottenere anche la 14° mensilità, interventi sull’ambiente di lavoro e le visite mediche, ma scarsi risultati , non c’èra molta unità e ci avrebbero comunque riflettuto.
Il “mio vecchio padrone” fu comunque intimorito, tanto che il giorno dopo venne nel mio Ufficio un certo Rag. Toanelli, il quale mi disse <<: Franchi ti parlo a nome del Titolare del Calzaturificio Chelini Olando, esso mi ha detto che se tu non vieni più a romperci i coglioni con le assemblee, è disposto a darti qualsiasi cifra, chiedi quello che vuoi !>> Dopo un attimo di sbalordimento, gli risposi: di al tuo padrone che non tutte le persone sono vermi disposi a farsi comprare, perché ci sono dei valori in cui credere tra cui quello della necessità di abolire lo sfruttamento. Quindi si metta l’anima in pace non solo non mi comprerà mai ma anzi fisso subito un’altra assemblea dei lavoratori. Così feci. La settimana successiva andai in assemblea e questa volta nella stanza dell’assemblea, trovai anche il ragioniere che mi aveva fatto l’offerta ed il padrone.
Invitai i medesimi ad andarsene , ma essi si rifiutarono di farlo sostenuti dalla maggioranza dei lavoratori, allora minacciai di fare una denuncia per attività antisindacale e solo allora il titolare andò via , lasciando però il ragioniere in quanto era comunque dipendente dell’azienda.
Nell’assemblea riferii, le cose che il ragioniere mi aveva detto chiedendo di eleggere il Consiglio di Fabbrica e di scendere in lotta per ottenere la 14° mensilità. Ne uscì un battibecco con il ragioniere il quale negava ciò che mi aveva detto e l’assemblea non ebbe il coraggio di scendere in lotta e nemmeno di eleggere il Consiglio di Fabbrica. Le cose cambiarono solo alcuni anni dopo.
Negli anni successivi fino al 1976, anno in cui divenni Segretario dei Chimici CGIL, riuscii a sviluppare una forte contrattazione integrativa aziendale agendo su ulteriori incrementi salariali, la 14° mensilità, il sistema dell’avanzamento professionale e soprattutto agendo sull’organizzazione del lavoro per modificare le pessime condizioni ambientali. Inoltre con lo sviluppo della contrattazione aziendale organizzai sindacalmente circa 60 aziende con il Consiglio di fabbrica ed oltre 700 scritti alla CGIL.
Sull’ambiente di lavoro esisteva anche allora la logica perversa della ricerca del risparmio di tutti i costi con ambienti fatali per chi vi lavorava , ciò non solo a Segromigno ma in Italia , dove le morti sul lavoro superavano le 3.000 annue. In sostanza si è affermava un modello di sviluppo economico profondamente distorto che si basa sulla centralità del profitto a danno della qualità del lavoro, dei prodotti e soprattutto della vita.
Quello che serviva quindi era cecare di governare i processi produttivi ed organizzativi , con un Sindacato che assieme ai lavoratori si prefiggeva di contrattare nel profondo le necessarie modifiche organizzative (compresi gli orari di lavoro) nei processi lavorativi, gli investimenti di prevenzione alla fonte sugli impianti.
Di fronte al suddetto scenario , nelle assemblee ci rendevamo conto che non servivano più le denunce e gli interventi ispettivi, (che facevo spesso).
Iniziammo allora Fare assemblee dei lavoratori assieme al servizio di medicina del lavoro con medici e tecnici presenti nelle assemblee. dove nella discussione e anche tramite questionari, si individuano i rischi esistenti negli impianti, nell’ambiente, nei processi produttivi ed organizzativi... valorizzando la partecipazione e la soggettività dei lavoratori;
Successivamente il servizio di medicina del lavoro della ASL, procedeva all’indagine tecnica e medica , a partire da quelle che sono le indicazioni pervenute soggettivamente dai lavoratori;
Svolta l’indagine e scritta la relazione tecnica e medica , apriva il confronto con la direzione aziendale, per contrattare con l’azienda tutti gli interventi di prevenzione e sicurezza previsti nella relazione, da effettuare senza limitare i costi, sviluppando il conflitto necessario;
Inizialmente il padronato locale diceva che avrebbe chiuso. Dicevano perché non c’è la facevano con i costi, soprattutto quelli che lavorava “Per conto terzi” , ma dopo contemporaneamente a miglioramento dell’ambiente e le condizioni dei lavoratori, le rivendicazione economiche, normative e gli investimenti sugli impianti per eliminare i rischi , furono funzionali anche a migliorare i prodotti e la competitività delle stesse aziende.
C’era una cultura nuova in me ed in tanti come me. Negli anni 70, tutto si faceva in considerazione del fatto che la società capitalista doveva cambiare attraverso trasformazioni economiche, sociali, strutturali, culturali e di potere, per definire un nuovo mondo senza più sfruttati ne sfruttatori. Per questo fine, la politica era sempre al primo posto, ed io da sindacalista comunista, ero orgoglioso della lotta fatta in modo vittorioso per cambiare la realtà sciale del Segromignese .
Umberto Franchi : una storia vera tratta dal mio libro “LA VITA E IL SOGNO”
24 giugno 2025
24 giugno 2025