Il 5 ottobre u.s. , il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità ha accolto il ricorso di una signora caregiver familiare italiana, riscontrando nelle normativa legislativa italiana, la mancanza del riconoscimento e di tutele adeguate per i familiari “caregiver” del nostro Paese . Riconoscendo come si sia verificata una forma di discriminazione per la quale una persona è trattata in modo meno favorevole a causa del suo legame con un’altra persona con disabilità.
La Decisione del Comitato ONU ha quindi stabilito l’obbligo per lo Stato italiano di assicurare alla ricorrente e ai suoi familiari con disabilità una compensazione adeguata e l’accesso a servizi individualizzati di supporto, nonché quello di adottare misure per prevenire simili violazioni in futuro.
E’ la prima volta che il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità riconosce che la mancanza di precise leggi di sostegno ai caregiver familiari e ciò comporta una violazione dei diritti umani sia della persona diversamente abile che di quella che l’assiste.
Il nostro Paese, ha ratificato il trattato Onu già con la legge 18/2009 e lo Stato Italiano è tenuto a rispettare tale trattato, ma il Comitato ONU nell’accogliere il ricorso , ha riscontrato che in Italia nonostante la legge 104 del 1992, vige l’incapacità dello Stato di fornire servizi di sostegno individualizzati alle famiglie (sono molte) di persone con disabilità e quindi vengono violati i loro diritti, sia nella vita familiare, che a vivere in modo indipendente e ad avere un tenore di vita adeguato.
l’Italia ha cercato di convincere il Comitato ONU dicendo che per i/le caregiver, la legislazione nazionale prevede diverse forme di protezione, citando i tre giorni di “permesso mensile” retribuito ai sensi dell’articolo 33 della legge 104/92, previsto per i dipendenti pubblici o privati che assistono familiari con gravi disabilità; le ferie straordinarie retribuite di assenza dal lavoro come previsto dall’articolo 42 del DL 151 del 2001, che viene concesso per un periodo di due anni per un dipendente che assiste una persona con disabilità; il “Fondo per la non autosufficienza” che fornisce sostegno ai familiari delle persone con disabilità; il il congedo parentale più lungo, fino a tre anni, è offerto ai genitori di un bambino con disabilità (Decreto Legislativo 151/2001). Come a dire: la richiesta è infondata perché le tutele per i/le caregiver in Italia ci sono… ma tali argomentazioni non hanno convinto il Comitato ONU.
Si tratta di una pronuncia molto importante perché come da tempo denuncia il Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, la mancanza di un riconoscimento giuridico e di sostegno ai/alle caregiver familiari , ha come conseguenza una violazione dei diritti sia del diversamente abile che di chi lo assiste
Chi scrive sa per certo di cosa si tratta, avendo in famiglia un nipote di 14 anni affetto dalla sindrome di Asperger ed una figlia (sua madre) che è insegnante, ma che dopo aver usufruito di tutti i permessi contrattuali e in base alla legge italiana esistente, da due anni è in aspettativa non retribuita e senza alcun contributo valido ai fini pensionistici.
La mancanza di riconoscimento e di sostegno legale espone i caregiver familiari, a rischio di sperimentare conseguenze negative e pesanti non solo per il lavoro, ma anche per la loro salute, le finanze, la situazione socio-economica, quella personale e la vita sociale.
Con il rischio di un impoverimento e la compromissione dei diritti pensionistici. Questo perché nel nostro ordinamento non è prevista nessuna forma di protezione sociale per quelle situazioni nelle quali un/a caregiver familiare perde il lavoro a causa dei suoi impegni di cura.
Esiste un collegamento fondamentale tra il prestatore di assistenza e la persona con disabilità e l’assistenza con carattere di continuità è un diritto umano sostanziale. Ma le leggi dello Stato Italiano sono del tutto insufficienti. Ora con il pronunciamento dell’ONU vedremo cosa il nuovo governo saprà e vorrà fare, ma dubito molto sulle sue capacità e volontà del governo di spendere risorse a favore dei ceti più deboli.
Umberto Franchi