Le immagini dei corpi allineati su una spiaggia del crotonese, a seguito del naufragio avvenuto nella notte fra il 25 e 26 febbraio, e adesso quello delle bare allineate nel Palamilone a Crotone, hanno suscitato una profonda emozione nell’opinione pubblica, come a suo tempo avvenne dinanzi alla foto del piccolo Alan Kurdi, che sembrava dormisse, riverso su una spiaggia turca. Ormai tutti sanno che il Mediterraneo è diventato un cimitero liquido, che continua a mietere vittime. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) i morti negli ultimi dieci anni hanno toccato quota 26 mila. Però, lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Le tragedie che si consumano lontano da una nostra percezione diretta, senza testimoni, non ci turbano, né ci interessano. Le persone e i loro drammi umani, scompaiono annegate nei numeri della statistica. E anche la compassione o l’indignazione che ci agitano di fronte a fatti di questo genere è destinata a evaporare in breve tempo. La comunicazione politica attraverso i media distribuisce anestetici potenti che ci aiutano a dimenticare velocemente l’aspetto umano delle tragedie provocate da una politica disumana. Una politica, non solo italiana ma europea, che ha trasformato il Mediterraneo in una specie di “vallo atlantico”, una muraglia liquida per impedire lo sbarco dei profughi che fuggono dall’Africa o dal Medio Oriente.
Oggi si discute delle eventuali responsabilità per il mancato soccorso del barcone naufragato a Crotone, però non possiamo ignorare, al di là di questa tragedia, che è in atto una politica che ha organizzato l’omissione di soccorso per lasciare al caso la selezione fra i sommersi (in senso effettivo) e i salvati. Non a caso l’Italia ha posto fine alla missione Mare nostrum che in un anno (18 ottobre 2013 – 31 ottobre 2014) aveva tratto in salvo 101.000 profughi. Erano troppi! Dopo sono subentrate delle missioni europee, Triton, Themis e Eunavformed, gestite da Frontex. Anche queste missioni sono state smantellate perché, anche se non rivolte a questo scopo, hanno tratto in salvo troppi profughi. Quindi nel 2019 Frontex ha ritirato tutti gli assetti navali e continua la sorveglianza sui flussi migratori che attraversano il Mediterraneo soltanto con mezzi aerei, evitando il rischio di dover effettuare dei salvataggi in mare. L’Italia ci ha messo del suo criminalizzando l’attività di soccorso in mare effettuata dalle navi delle ONG. Anche i politici italiani, attualmente al Governo hanno partecipato con zelo a questa campagna.
Ricordiamo un tweet dell’On. Meloni che, il 26 giugno 2019 inveiva contro la Sea Watch, chiedendo che l’equipaggio venisse arrestato e la nave venisse affondata per il grave delitto di aver salvato dei profughi che rischiavano di annegare. Solo pochi giorni fa è stato approvato con la fiducia il decreto legge 1/2023, che reca disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, il cui scopo non è quello di agevolare, bensì di ostacolare l’attività di soccorso in mare. Non a caso pochi giorni fa è stato disposto il fermo amministrativo della nave Geo Barents, mentre era pronta a salpare e che, forse, avrebbe potuto trovarsi proprio nel luogo ove è avvenuta questa terribile e annunciata strage. In applicazione delle norme introdotte con il decreto-legge n. 1 del 2023, la nave era stata dirottata dal Canale di Sicilia al “porto sicuro” di La Spezia e poi “fermata”, con l’effetto di bloccarne l’attività di soccorso.
Per questo la Meloni avrebbe fatto bene a restare in silenzio di fronte a questa tragedia e a risparmiarci le sue lacrime di coccodrillo. Ancora più surreali sono le parole del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha incolpato i naufraghi della morte dei loro figli: “la disperazione non può giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. Quello che colpisce è la protervia con la quale ci si scarica di ogni responsabilità e si rivendicano scelte insensate, illegali ed inattuabili, come il blocco navale, che la Meloni aveva promesso ai suoi elettori nella scorsa campagna elettorale, usate come alibi per giustificare l’omissione di soccorso e l’ostracismo alle navi delle ONG. Quella di Crotone è l’ennesima e purtroppo non sarà l’ultima tragedia provocata da una politica disumana, impostata dall’UE, di cui l’Italia si è fatta zelante interprete, sostituendo all’ipocrisia dominante, un franco e selvaggio spirito di disumanità.