Ogni cambiamento epocale porta con sé anche antiche paure, sopite ma non domate: vi ricordate lo spauracchio del Millennium Bug? A pensarci adesso sembra eccessivo tutto quel panico, eppure quella paura costò più di un miliardo di dollari. La gente tirò fuori di nuovo la fine del mondo, il Giudizio Universale, Armaggedon e l’Apocalisse e tutto questo per quello stupido linguaggio Cobol di programmazione commerciale, inventato nel 1950 da Grace Hopper, per i computer. Oggi, con una pandemia in atto, le migliaia di morti e di infettati, le quarantene in clausura forzata, le mascherine obbligatorie e i guanti, in questa atmosfera allucinante da incubo, da fine del mondo, non è strano che certe paure si siano nuovamente risvegliate. E fra queste quella più subdola è quella che trae origine dall’Apocalisse di Giovanni di Pathmos.
L’Apocalisse (o rivelazione, in greco) è un testo escatologico che chiude il Vecchio Testamento ed è un testo di difficile lettura e interpretazione, ma vi sono alcune parti che sono state estrapolate e hanno vissuto di vita propria, caricandosi di simboli e di interpretazioni a volte davvero bizzarre. Mi riferisco ai famosi 4 cavalieri, liberati dalla rottura dei sette sigilli che chiudono il rotolo del libro che nasconde il futuro nelle sue spire.
L’argomento è stato oggetto di diversi film, fumetti, romanzi, giochi di ruolo e brani musicali, perché è affascinante e si presta a infinite interpretazioni e spiegazioni allegoriche. Si tratta di 4 cavalieri che, mandati da Dio, portano fra gli uomini il peso di punizioni catastrofiche in previsione della fine del mondo: il primo è tutto vestito di bianco, su un cavallo bianco e porta in testa una corona ed ha un arco in pugno, poi c’è un cavaliere con una spada che cavalca un cavallo rosso e il suo nome è guerra; il terzo cavaliere, su un cavallo nero, porta in mano una bilancia e il suo nome è carestia; infine su un cavallo verdastro, colore dei cadaveri, cavalca la pestilenza o morte.
Chi siano tre cavalieri su 4 è facile dirlo, ma chi è il cavaliere bianco, con la corona e l’arco? E qui tutti gli esegeti, i commentatori, gli studiosi di testi escatologici si sono sbizzarriti a dire ognuno la sua: hanno tirato in ballo perfino Gesù! Ma a voi non viene in mente nient’altro? Pensateci bene: ha una corona in testa e un arco, per scagliare lontano i suoi dardi…no? Ancora niente? Beh, io ho avuto come una folgorazione: e se fosse un coronavirus? Lo so, gli studiosi che mi dovessero leggere aggrotterebbero le sopracciglia con disapprovazione, epperò tutto coinciderebbe… ragioniamoci su. Il coronavirus è l’apripista di violenza, carestia, pestilenza e morte. Cosa c’è che non torna?
Dei cavalieri, poi, non solo parla Giovanni di Pathmos, ma ne aveva già parlato a suo tempo anche il Profeta Ezechiele (14,21) "Perciocchè così ha detto il signore Iddio: 'Quanto meno, se io mando i miei quattro giudici, la spada e la fame e le bestie nocive e la pestilenza, tutti insieme contro a Gerusalemme per sterminarne uomini e bestie!'".
Analizziamo bene la frase: i 4 giudizi sono la violenza (la spada), la fame (la carestia) la pestilenza e le bestie nocive. Dunque il cavaliere bianco rappresenta le bestie nocive! E io che ho detto?? Il coronavirus!
Dunque siamo al Giudizio Universale? Siamo arrivati alla fine? Ma no, non facciamoci intortare da antiche paure. Il mio era un mero, ironico esercizio dimostrativo di come si costruiscono bufale e false profezie. In realtà noi stiamo solo vivendo tempi pericolosi e insidiosi, che stanno mettendo in luce tutte le magagne del nostro mondo: della razzista ed egoista società americana, col suo sistema sanitario a dir poco ignobile; della comunità europea disgregata, disunita, dove alcuni paesi pretendono di dominare tutti gli altri, guadagnando sullo spread e negando lo spirito europeista…perché l’Europa non dovrebbe essere solo un mercato con una sola moneta. Non era questo a cui pensavano coloro che tanto lottarono per vederla unita.
E infine ha dimostrato all’orgogliosa Inghilterra che stare da soli non è questo gran guadagno. Non certo in tempi di pandemia. Dunque non è la fine del mondo di cui stiamo parlando, ma certamente è la fine di un mondo, quello di prima del virus, che per altro era già agonizzante. Quel tipo di capitalismo senza più idee e creatività, tutto rivolto al mero guadagno, all’uovo oggi, senza più nessuna prospettiva, raffinatezza, sottigliezza, competitività virtuosa e innovativa. Un mondo in cui la globalizzazione ha appiattito e volgarizzato ogni cosa e le macchine hanno sostituito l’uomo, stolidamente, banalmente, perché non esistono macchine intelligenti, ma solo stupidi meccanismi che risputano quello che tu gli hai messo dentro. Noi non siamo Dio, anche se ci proviamo sempre a scimmiottarlo e se qualche volta ci andiamo vicino.
Ed è questa mentalità legata al “guadagno sopra ogni cosa” che ha inquinato il mondo e che ha distrutto i sistemi sanitari pubblici e creato mille difficoltà nella gestione della pandemia. Vedi lo scandalo delle mascherine e dei respiratori, smascherato da Report, e in cui si trovano nomi eccellenti. E’ in onda questa sera su Rai 3: guardatevelo e poi chiediamo un po’ di dimissioni.
E così, come dicevo, il virus ha fatto da cartina di tornasole, evidenziando il meglio e il peggio di cose e persone, istituzioni e sistemi socio economici, gente perbene e profittatori, eroi e vigliacchi.
“Qui si parrà la nostra nobilitate” per parafrasare il Virgilio dantesco: vedremo come sapremo uscire da questa prova, ma certo nulla sarà più come prima, anche quando avremo tolto la mascherina e i guanti, quando ancora potremo circolare liberamente per le nostre strade. Resterà sempre dentro di noi la diffidenza nei confronti di chi ci avvicinerà, la distanza che ci verrà spontaneo tenere al cinema, a un concerto, a una conferenza. E comunque il momento di toglierci il bavaglio è ancora lontano, molto lontano, fino a quando più che un vaccino, che prevede tempi lunghissimi, si sarà trovato un farmaco, o una cura che possa liberarci, o almeno proteggerci dal virus.
A questo, per il momento, si sta ovviando lasciandoci a casa e facendoci uscire il meno possibile muniti di mascherine, ma la cosa non può durare troppo a lungo. Bisognerebbe fare migliaia e migliaia di tamponi e di analisi del sangue e far tornare al lavoro solo le persone immuni, mentre dovrebbero restare a casa solo quelle positive e gli asintomatici (serbatoi di infiniti contagi), finché la situazione cambi: o si sviluppi la malattia o diventino negativi. Ma per far questo ci vuole tempo e risorse, e tuttavia io non vedo che altro si possa fare, senza farmaci, né vaccini! E adesso torna Primavera, l’aria è pulita e tiepida, c’è un bel sole e abbiamo il permesso di uscire, sia pure con tutte le prudenze necessarie. Ma non facciamo come quegli stupidi milanesi ammucchiati sui Navigli, a infettarsi ancora.
Non perdiamo il vantaggio guadagnato stando a casa, ma soprattutto approfittiamo della natura ripulita dalle polvere sottili, dall’inquinamento, dalla nostra presenza ammorbante. Abbiamo tutto il tempo per cambiare rotta, per ripensare a delle linee economiche biosostenibili, a una finanza attenta alle persone, al bene comune e meno al profitto, a una politica meno corrotta e conflittuale e più ragionevole e libera da pastoie burocratiche. Magari il virus ci insegnasse a cooperare, a essere più umani e generosi! E se no qui i quattro cavalieri ce li abbiamo già in casa da un pezzo e scalpitanti: la regina dei coatti, il violentatore di rosari, il castoro rampante e la mummia demente: pensateci bene e scegliete con la testa.
Barbara Fois