Non accenna a esaurirsi la polemica nata da un’infelice frase pronunciata dalla vicepreside del Liceo Socrate di Roma, e si sta estendendo non solo ad altre scuole della capitale, ma anche a quelle di Milano e di altre città italiane. La vicepreside, davanti alla disinvolta e audace minigonna di una studentessa avrebbe detto: “Niente minigonne, sennò ai prof gli cade l’occhio!”.
Di tutte le motivazioni che potevano essere avanzate, questa è davvero la più sconfortante e inadeguata che si potesse offrire. Si poteva ricordare che a scuola è d’obbligo un minimo di decoro e questo tanto per le ragazze che per i ragazzi, ma non era certo il caso di tirare in ballo gli sguardi lascivi di professori, come minimo, inadeguati al proprio ruolo! Che tristezza!!
Perché dietro a una frase come questa si intravvede un mondo di degrado morale, di comportamenti indecenti, di mancanza di rispetto da parte delle Istituzioni, ma anche un’inaccettabile vecchia mentalità che vuole che se succede qualcosa a una ragazza la colpa sarà sempre sua!! E che lo dica una donna è ancora più grave e demoralizzante.
Ma poi c’è davvero qualcuno che crede che sia una minigonna la causa di comportamenti indecenti da parte di un insegnante? Io no di certo: quando frequentavo il liceo classico, mille anni fa, noi ragazze portavamo un asettico e lungo grembiule nero col collettino bianco, eppure ci fu ugualmente un insegnante che non solo faceva discorsi lubrichi in classe, ma mise le mani sul seno di una delle alunne, sfacciatamente, davanti a tutte. La ragazza gli diede un ceffone e scappò in presidenza. L’insegnante fu rimosso subito (era la metà del secondo trimestre) e spostato in un altro liceo, in una classe maschile. Ma la cosa più triste fu che quella ragazza andò anch’essa via dal liceo, addirittura cambiando ordine di studi. La conoscevo bene, la mia casse era affianco alla sua, e quando le chiesi perché andava via per trasferirsi alle Magistrali, mi rispose fra le lacrime che lui l’aveva minacciata di ritorsioni e che non le avrebbe mai permesso di diplomarsi al classico e dato che la sua era una famiglia modesta, non avrebbe mai potuto spuntarla su di lui. Capito? Avevamo 14 anni (di allora non di oggi!) ed eravamo impreparate ad affrontare una simile enormità. La cosa terribile è che lui non fu espulso da tutte le scuole del Paese, come avrebbe meritato, ma solo spostato di sede. E oggi, a quasi sessant’anni di distanza, mi trovo davanti a una frase del genere, che mi riporta intollerabilmente indietro e davvero non posso stare zitta. A parte che ero convinta che la mia generazione, una volta all’Università, nel ’68, avesse sdoganato per sempre la minigonna! E che diamine!
Questo non vuol dire, anche per una questione di semplice buongusto e di opportunità, che a scuola sia giusto andare con le natiche al vento, ma questo vale anche per un pantalone maschile a vita vertiginosamente bassa: il rispetto di sé e dell’Istituzione che si frequenta dovrebbero sconsigliarlo. Ma infine: quando chi sta al potere non è in grado di offrire un modello etico credibile e non disprezzabile e un livello anche minimo di rispetto di Istituzioni e regole, non si può chiedere che questo non si rifletta nella scadente qualità dei comportamenti sociali della gente.
Tuttavia la scuola è pubblica e non privata, non ha dunque divise da esibire, quindi ognuno può vestirsi secondo il proprio gusto, qualunque sia, e naturalmente secondo le regole e i limiti stabiliti dal Codice Penale all’articolo 527, sul reato di oltraggio al pudore e oscenità in luogo pubblico.
Quindi hanno assolutamente ragione le ragazze delle scuole italiane a protestare, perché in realtà non si tratta soltanto di minigonne.
Barbara Fois