Tolto il risarcimento ai figli della vittima di femminicidio

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 24/03/2019
Con una ennesima sentenza scandalosa

Si chiamava Marianna Manduca, aveva 32 anni,tre figli piccoli e viveva a Palagonia, vicino a Catania. Fu accoltellata dall’ex marito, Saverio Nolfo, che lei aveva denunciato ben 12 volte per violenze e intimidazioni. Lui era arrivato a minacciarla con un coltello dicendole che prima o poi l’avrebbe uccisa con quello. Nonostante le reiterate richieste d’aiuto e le denunce fatte, Marianna fu lasciata sola, nessuno fece niente per tutelarla e lui la uccise a coltellate, esattamente come aveva minacciato di fare. Non solo: preparò un agguato, lanciando la sua macchina contro quella della moglie, lei uscì ferita dall’auto sfasciata e si mise a correre, lui la raggiunse e l’accoltellò. Lei morì dissanguata. Era il 3 ottobre del 2007. Nolfo fu condannato a soli 21 anni di carcere, nonostante il pm avesse chiesto l’ergastolo, anche per il fatto che era chiaramente un omicidio volontario e addirittura premeditato, minacciato e preparato da tempo.

Dopo l'uxoricidio, il Tribunale di Caltagirone affidò i tre bambini ad un cugino della donna, Carmelo Calì, imprenditore edile residente a Senigallia, che aveva incaricato un legale di chiedere al ministro della Giustizia un'ispezione negli uffici giudiziari di Caltagirone, per capire come mai quelle dodici denunce fossero rimaste senza conseguenze.

Davanti alla Corte d’Appello di Messina, 9 anni dopo il femminicidio di Palagonia, ha inizio il processo che si concluderà con la condanna dei magistrati. E' toccato ai togati messinesi stabilire se i colleghi di Caltagirone avessero agito con “negligenza inescusabile” nei confronti di Marianna e dei figli, che avevano chiesto alla Procura di fermare l’uomo.
E due anni fa la sentenza di primo grado: la Procura di Caltagirone si comportò con «negligenza inescusabile», scrissero i magistrati messinesi, «non disponendo atti d’indagine» e «non adottando misure per neutralizzare l’uomo». «Ci accordarono 259 mila euro più gli interessi di dieci anni. In totale circa 300 mila euro», spiega il cugino di Marianna, Carmelo Calì, padre adottivo dei tre orfani. «E invece adesso la Corte d’appello ha ribaltato tutto e dice che dobbiamo restituire ogni centesimo più gli interessi maturati in questi due anni...».

Già E’ proprio successo questo. Che il risarcimento assegnato ai figli della vittima è stato annullato da un’altra sentenza, che scusa i giudici negligenti, sostenendo che tanto lui l’avrebbe ammazzata lo stesso e dunque non si deve attribuire all’ignavia dei giudici quel che è successo. Incredibilmente è davvero questo il succo della sentenza.

Lui, il Nolfo, era un uomo pericoloso e le aveva promesso di ammazzarla: e allora? «ritiene la Corte» che a nulla sarebbe valso sequestrargli il coltello con cui l’ha uccisa «dato il radicamento del proposito criminoso e la facile reperibilità di un’arma simile». Nemmeno «l’interrogatorio dell’uomo avrebbe impedito l’omicidio della giovane donna», scrivono i giudici. Tutt’al più lui avrebbe capito «di essere attenzionato dagli inquirenti». Men che meno avrebbe avuto effetto una perquisizione a casa sua per scovare il coltello mostrato a lei minacciosamente. In pratica, «ritiene la Corte», che «l’epilogo mortale della vicenda sarebbe rimasto immutato».

Insomma, visto che sarebbe stato lo stesso che i magistrati negligenti facessero qualcosa o non facessero nulla, perché tanto lui l’avrebbe ammazzata comunque, dunque gli orfani non hanno diritto a un risarcimento e debbono restituire i soldi che gli sono stati assegnati e con gli interessi anche. Una beffa, quindi, che si aggiunge al danno subito da questi tre poveri ragazzi, ancora minorenni, che dopo essere stati privati della propria madre dal proprio padre, come se questo non fosse abbastanza, ora vengono anche derubati della possibilità economica di costruirsi un futuro.

Una sentenza ignobile come questa io la ricordo solo contro i familiari delle vittime della Banca dell’agricoltura di Milano, che furono condannate a pagare le spese processuali. Sentenza ignobile nelle sue motivazioni, ma in questo caso anche pericolosa: pensate che deterrente può essere per tante donne abusate leggere che tutto è inutile, che nessuno le può aiutare e che tanto vincerà comunque il marito o l’ex violento e che la loro fine è segnata e si debbono rassegnare. Allora chiudiamo anche i centri di supporto psicologico, il telefono rosa, le case rifugio e smettiamola di consolarle e di invitarle a reagire: lasciamole al loro destino, tanto lo Stato non è in grado di aiutarle. E’ sconvolgente! Che lo Stato ammetta di non essere in grado di proteggere i propri cittadini, fa il paio con lo Stato che si accorda con la Mafia o anche – come diceva il ministro Pietro Lunardi – che dovevamo rassegnarci e abituarci a convivere con la Mafia e con la Camorra. E le ultime sentenze che riguardano i femminicidi - ne abbiamo scritto di recente - sono davvero scioccanti, ma si inquadrano bene nella totale mancanza di etica, di civiltà, di cultura che la politica di questi anni perduti si trascina dietro. Dagli stessi recessi bui e inquietanti ch mente disturbata possa creare vien fuori il ddl 735 di Simone Pillon, che è riuscito a coagulare contro di sè tutte le forze dell’arco parlamentare, ovunque. Un ddl che tutti vogliono venga ritirato e che contiene cose devastanti come il considerare “mamme e bambini bugiardi a prescindere, nel momento in cui denunciano un uomo violento».

Non è questo il paese in cui voglio vivere. In cui nessuno dovrebbe avere la sventura di vivere.

 

Barbara Fois

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