Per molti anni, tutti noi, abbiamo coltivato la speranza. Bene, male ..discontinuamente, o con tenacia. Sperare è l’essenza prima di chi vuole trasformare, cambiare od almeno evolvere.
Abbiamo sperato che dal cambiamento della nostra parte nascesse qualcosa di nuovo e di poter ribaltare, per davvero, lo stato delle cose. Quelle concrete e più dolorose: la sicurezza sui luoghi di lavoro, la salvaguardia dell’ambiente, la povertà, l’accoglienza. L’inclusione.
Abbiamo coltivato la speranza di crescere in noi – come sinistra - la capacità di fare senza smettere di sognare, come diceva Pepe Mujica, e da questa coniugazione creare una società aperta, capace di contenere in sé le opportunità collettive ed i diritti individuali.
La nostra parte, dialettica e composita, ha sperato con comune volontà di mantenere vivi i principi di fondo della Costituzione Repubblicana cambiando ciò che vi è da cambiare per renderla sempre viva e vitale nello scorrere del tempo ed il mutare della realtà.
Abbiamo per lungo tempo sperato. Tutti noi. Forse, col senno di poi, dovevamo fare di più.
Ma non possiamo attribuirci sempre tutte le colpe per non aver realizzato le nostre speranze.
Come dice Barbara, il bene/male della sinistra sta in quell’essere comunque pronta a lacerare sé stessa seguendo il principio dell’autocritica. Principio sano come le diete vegetariane, e come queste incompleto. Specie se resta un esercizio intellettuale. Le vere colpe del fallimento sono di chi, avendo il potere in mano, ha sciaguratamente imposto la fine del progetto socialista. Nomi e cognomi scritti nella storia della sinistra.
E non dobbiamo nemmeno coprirci di cenere per avere fallito in quello che ritenevamo il nostro dovere di Cittadini: l’impegno politico. Privati di ogni strumento – propositivo o di controllo- abbiamo fatto quello che sapevamo fare. A nessuno si può chiedere altro.
La prossima domenica, che in molti vivremo in modo diverso da ogni altra elezione, si gioca una partita irrinunciabile. Ed ogni scelta individuale ha un peso collettivo.
Relativamente alla scelta di voto Pardi ha scritto un pezzo sul dovere di coscienza che sarebbe l’essenza di queste elezioni. Data la sciagurata legge rosatellum siamo in un qualche modo forzati a votare la Coalizione. Come ho scritto in disqus ho trovato molto difficile accettarne le conclusioni, perché sono asimmetriche rispetto ai valori che fanno parte di me da sempre, da quando ho ricordi. E tuttavia ne ho colto la ragionevolezza, il realismo.
Per contro, sullo stesso tema ma in una logica diametralmente opposta, si è espresso Umberto Franchi che ha dichiarato la sua posizione politica, giorni fa. Ha detto cose che personalmente capisco e condivido. Unione Popolare è la sua scelta.
Cito queste due interpretazioni, così difformi, perché in esse si esprime plasticamente la crisi di chi – come noi - nella sinistra ha sperato e vissuto, ha lottato od ha comunque partecipato. Insomma: ci ha provato.
Ed è proprio a noi che tocca, in una situazione complessiva di profonda drammaticità, operare una scelta combattuti dall’insorgere opposto delle due migliori componenti umane, la speranza e la coscienza.
Un grande dilemma che trova sintesi in questo voto allo stesso tempo semplice e molto complesso, tanto fluido .. quanto importante.
Ed a proposito di questo voto Alfiero Grandi annotava .. lo scontro è tra le destre e le non destre. La sinistra non c’è. Chi ha sperato in passato, ha quindi già perso. Comunque.
Appare evidente che l’attuale dirigenza del PD non abbia la statura, la visione e la capacità necessaria per costruire un progetto alternativo. Per mesi ha vissuto all’ombra dell’agenda Draghi ed adesso dichiara, come programma, vaghezze che anderebbero bene anche all’Azione Cattolica. I 5Stelle sono ancora in mezzo al guado di un cambiamento davvero faticoso. La sinistra di classe, incapace di trovare una sintesi, è sminuzzata e marginale
Per questa evidenza dobbiamo comprendere che la partita elettorale ha cambiato natura e che i nostri schemi mentali, legati alle esperienze pregresse, vanno rivisti.
Non si tratta di far vincere una parte che non esiste più, ma di evitare l’espansione dell’altra. Votare diventa quindi un fatto esiziale, non una scelta ideale. Chi ha sperato in passato, ha comunque già perso.
Tuttavia a quest’ultima convinzione – che porterebbe verso l’astensione o verso scelte minoritarie- si affianca l’evidente necessità di impedire che la peggiore destra d’Europa stravinca, aggiungendo anche questo allo sfascio che già abbiamo dovuto subire.
Parliamoci chiaro, domenica si tratta di scegliere se prendersela in testa da una mucca o da un piccione. La materia non cambia, ma il peso specifico sì. Accontentiamoci di questo.
Voterò dunque questa bizzarra coalizione che include il PD e non mi turerò nemmeno il naso perché faccio l’unica cosa che trovo ragionevole in coscienza, assunto che, come scriveva la Morante, la speranza talvolta è un vizio.