Flaubert ci regalò, tra le opere della sua bibliografia sempre d'alto livello, un libro per i suoi tempi innovativo :"Lo sciocchezzaio" ( ottima la traduzione di Gioia Angiolillo per Mondadori ) . L'autore dell’incompiuto e postumo Bouvard e Pécuchet , raccolse in quelle pagine una dotta sequenza di puttanate cosmiche tra le quali spiccano alcune perle, ancora oggi, irresistibili. Ne pesco una al volo come esempio "Il Francese, se varca la propria frontiera entra in territorio straniero " ovviamente Lapalisse . Il libro va letto di fila con il Dizionario dei Luoghi Comuni, perché solo così si può cogliere dopo le prime divertite risate il sentimento rabbioso che ne pervade ogni riga ed ogni scelta. “Medito una cosa in cui sfogherò la mia collera. Sì, mi libererò infine di ciò che mi soffoca. Vomiterò sui contemporanei il disgusto che essi mi ispirano, dovessi spaccarmi il petto. Sarà una cosa immensa e violenta». Così Gustave descrive la sua creazione alla nipote Caroline. E’ preda di una rabbia feroce che lo aggredisce a morsi. La rabbia per la tremenda stupidità umana che vede montare giorno per giorno come un gigantesco ‘soufflé’ . Da quella più spicciola delle insopportabili chiacchiere da strada fino alla peggiore, quella contrabbandata per verità dai ‘ colti ‘ dai ‘politici’ dai ‘sapienti’. Una rabbia che diventa disgusto e poi sgomento quando infine comprende che è proprio ciò in cui spera - cioè la democrazia liberale e positivista ( la vede come unico antidoto alla violenza di massa od alla dittatura avendo assistito ai moti del ’48 e poi nuovo nel ’70 a Parigi) - è in realtà il brodo di coltura in cui il virus dell’imbecillità , liberamente circolante nella libera stampa, si diffonde e si amplifica.
E non conosceva Di Maio.
Se utilizzo il filtro dello ‘Sciocchezzaio’ per guardare la gigantesca colata di bubbole che costui ha scaricato sulle nostre teste, ne posso anche, qui e là, ridere ( basterebbe #mandatozero) ma per farlo devo dimenticare che lui e Salvini, ci costano miliardi di euro ( ogni volta che parlano sale lo spread ) e che gestiscono con ampio mandato e totale incompetenza la seconda potenza industriale d’Europa, la settima universale, il secondo risparmio al mondo per ammontare- il primo per qualità e stabilità, la terza riserva aurea internazionale e l’unico ponte tra Europa ed Africa. Bouvard e Pécuchet sono giganti di sapienza e saggezza messi di fronte a questi due incapaci, salvati da certa miseria e spintonati sul palco della politica da un’altra impagabile coppia di furbacchioni Bossi e Grillo che sull’esplosione della prima Repubblica hanno costruito fortune, ville e barche. Per dirla con antico adagio “ se scoppiano i tombini anche i topi volano”
Non succede solo in Italia.
In queste ore nella culla della democrazia liberale, il Regno Unito, viene eletto premier un tipo curioso: Boris Johnson ex giornalista, noto bugiardo, gran puttaniere, smentito politico e cittadino condannato per mendacio ( il profilo viene da un articolo , forse appena meno greve, del ‘Sole 24 Ore ). Riconoscerlo non è difficile, sembra il fratello provinciale di Trump. Anche lui ha in testa un gatto morto, presumibilmente Garfield visto il colore, anche lui la spara sempre più grossa, anche lui amato dai suoi elettori. La sterlina alla notizia ha perso alcuni pezzi ( vale sempre meno dalla vittoria del No Ue) ma Alexander Boris de Pfeffel Johnson se ne catafotte. Mi sono fatto persuaso – per dirla con Montalbano – che stia finalmente coronando un sogno: affogare l’Isola nel mare del nord per vendetta. Suo bisnonno era ministro dell’interno dell’Impero Turco.
Però non è questo il dramma.
L’universo della politica da tempo - e più o meno dappertutto - è costellato di imbecilli vanagloriosi, che per emergere e diventare indispensabili si circondano di intellettuali, giornalisti, cortigiani, pronti a starnazzare lodi ed afferrare qualche avanzo ( “ sorge il sole canta il gallo / Mussolini monta a cavallo “ l’ha scritto Curzio Malaparte ). L’abbiamo visto nel ventennio e poi nella prima Repubblica ed ora lo vediamo nella seconda. Ma il tempo è mutato, le tecnologie hanno aperto nuove strade e così il codazzo di ‘corte’ s’è fatto folla. Non più solo intellettuali a libro paga, ma sconosciuti e gratuiti eroi da tastiera che intasano i social. Sono comodi, lavorano gratis ore ed ore per rendere più amato il Ducetto di turno e rendono collateralmente servigi all’astuto Zuckemberg l’unico editore che ha progettato un contenitore vuoto a costo zero e resa miliardaria. Così si compie fino all’ultimo dettaglio il quadro preconizzato da Flaubert: la stupidità dilaga , la banalizzazione governa, il luogo comune diventa Verbo. L’elettore, un tempo innocente marionetta, ormai intronato di chiacchiere e manipolato sapientemente diventa il ‘puparo’ di sé stesso. I costosi capi frusta dei partiti non servono più, le sezioni sono inutili affitti, perché ognuno di noi, perso nella canea di talk show, telegiornali, flash, fake news, si imbroglia ormai da solo.
Il dramma è la fine della Democrazia.
Se il sonno della ragione genera mostri siamo in pieno film horror. Con stupore crescente vedo come evolve l’Occidente, vedo l’Europa sfracellarsi da sola grazie ai giochetti della Onesta Germania, che dà lezioni di buon governo a tutti mentre produce un surplus mai sanzionato e dannoso per ogni altra nazione, grazie al balbettare della Francia dove il giovane Macron - salutato come una promessa liberaldemocratica - si è rivelato un ipocrita nella gestione dei Migranti ed un incapace nel confronto col dissenso, grazie alla miopia della Spagna che nasconde sotto il tappeto la richiesta di indipendenza di sette milioni di Catalani. Si deve a loro e naturalmente alla sequenza di incapaci che noi elettori abbiamo proiettato, per trent’anni di fila, al governo dell’Italia se una sottospecie di fascismo risorge dalla palude di Bruxelles e dalla spazzatura di Roma per provare a prendere il timone. A vent’anni ci domandavamo “ moriremo democristiani?” Come sembra positiva la questione alla luce di quel che poi si è visto. Pertini diceva “è meglio la peggiore delle democrazie alla migliore delle dittature “ , ma Sandro è morto.
Che fare?
Antica domanda leninista. Ci fosse una cura veloce ad una malattia degenerativa l’applicheremmo. Non c’è. Così noi – abitanti di quella che chiamavamo area progressista – abbiamo scelto in tutta Europa, in tutto l’Occidente opulento e imbolsito, il farmaco omeopatico della tolleranza. Si, è vero, ci indigniamo, ci lamentiamo ma poi al lamento facciamo assuefazione e diventa litania indistinta. A poco a poco quello che ci faceva orrore diventa familiare, ci si dialoga pure. Ma su dài, abbiamo tutti il salumiere , il farmacista , il sindaco leghista ed in fondo sono brava gente, dicono cose accettabili… Ma di che ti lamenti, guarda che anche Gaber aveva una moglie di Forza Italia. E su! E che sarà mai! E poi quella Carola a momenti speronava i nostri Finanzieri! Via diciamola tutta chi non ne ha abbastanza dei Musulmani, e nelle stazioni non si riesce più ad andare soli di notte l’è pien de negher . E caro Ingegnere ce li volevano portare anche a Capalbio, meno male che il Chicco Testa gliene ha dette quattro. Che fare, dunque? Guy Debord insegnava che mettere la società di fronte allo spettacolo della propria contraddizione aiuta l’esplodere della contraddizione stessa. Ma lo diceva a Parigi.
Forse a Roma avrebbe scritto cose diverse perché l’intollerabile diventa abitudine in un Paese senza redenzione.
“La speranza è una trappola inventata dai padroni. Bisogna solo avere il coraggio di ribellarsi... e cercare il riscatto che nel nostro Paese non c’è mai stato.”
Non è una frase di un qualche rivoluzionario cubano . L’ha detto Mario Monicelli. Regista. Artista. Anarchico.
Corrado Fois