Sahel

di Corrado Fois - liberacittadinanza.it - 27/07/2023
Quando sono arrivati i bianchi avevano soltanto la Bibbia. Noi le nostre terre. Ci hanno insegnato a pregare ad occhi chiusi, quando li abbiamo riaperti loro avevano le terre noi la Bibbia – Jomo Kenyatta

Con quello in corso nel Niger si contano circa 220 colpi di stato in Africa dal secondo dopoguerra ad oggi. In tutto il mondo nello stesso arco temporale si contano circa 490 golpe. Da sola l’Africa sfiora la metà. Se contiamo le guerre civili e le guerre interregionali durante lo stesso arco temporale l’Africa ha fatto presumibilmente tra i 30 e i 50 milioni di morti. Nel solo Rwanda sono censiti più di un milione di morti in un solo anno. Fonti francesi sostengono che il 70% fossero donne e bambini. La pulizia etnica Hutu, strumenti della politica coloniale di alcuni paesi e multinazionali, fatta a colpi di machete. I Tutsi, prima soccombenti poi vincenti, furono più puliti. Si limitarono alle fucilazioni. Centinaia di migliaia. Avevano, presumo, più soldi per comprare proiettili. Gentilmente forniti da altre multinazionali.

Nelle guerre congolesi dal 1960 ad oggi – legate a diamanti, minerali pregiati, terre rare - ballano cifre impressionanti che vanno da un minimo di 8 milioni di morti ad un massimo di 20. E’ davvero impossibile essere credibili con questi numeri tanto angosciosi quanto differenti, stimati in assenza di fonti libere ed autorevoli sulla base di moderni censimenti. Quando in Sierra Leone il governo tentò un censimento utilizzando l’impronta delle mani, i miliziani del Ruf andarono in giro per villaggi a tagliarle. Un orrore che non hanno inventato gli africani. Fu re Leopoldo del Belgio ad imporre la cosiddetta manica corta. L’Occidente sa sempre essere innovativo.

Per dare uno sguardo di insieme alle infinite crisi africane suggerisco un libro interessante e chiaro; Giovanni Carbone- l’Africa, stati politica conflitti.Il Mulino ed.

Il Sahel

Basta guardare la cartina dell’Africa per capire quanto sia importante questa striscia orizzontale che taglia l’africa del nord dal centro africa. I nomi dei paesi che compongono il Sahel sono ben noti. In ognuno di questi tormentati paesi, dall’epoca post-coloniale ad oggi, si sono susseguite guerre, colpi di stato, invasioni sempre finanziate dall’esterno. Francia tra i primi, poi Russia ed America, ma anche l’Inghilterra ci ha messo le mani. Il Sudan ha avuto 17 colpi di stato ed ora lavorano al 18° se non altro per scaramanzia. Il Burkina Faso ne conta 8, di cui 4 nei soli anni 80.. In uno di questi venne ucciso Thomas Sankara. Nel corno d’Africa si contano le guerre somale, e gli scontri etiopici ed eritrei tra le componenti etniche nel tempo legate alla Russia e quelle storicamente fedeli all’Inghilterra ed all’Occidente. Una distruzione senza fine.

Nell’area subsahariana la presenza della Francia - che continua ad agire senza alcun coordinamento strategico con la UE - è oggi indebolita. La Russia ha inviato in Africa da più di un lustro la Wagner che agisce per conto di Putin ed oggi come sappiamo anche per tornaconti propri. E’ molto probabile che la marcia su Mosca della Wagner fosse connessa non solo all’Ucraina, come si è detto, ma anche agli interessi ed alla spartizione dei bottini rivenienti dalle guerre opache in corso in Africa. Un ricatto a cui Mosca non ha potuto sottrarsi.

Nella regione così tormentata si è inserito da tempo anche l’accrocchio di interessi delle potenze mediorientali che si stanno scannando in Yemen. I sunniti dell’area Emirati e affini – prossimi agli interessi americani - e gli sciiti dell’Iran, entro certi limiti connessi alla Russia. La presenza delle milizie Jihadiste lo testimonia. Gli assassini in pigiama nero sono i burattini di Teheran.

Oltre a questo intreccio di interessi geopolitici ed economici - che costa alle popolazioni locali sofferenze umiliazioni stupri e mattanze- abbiamo un nuovo player. La Cina che si era tenuta a debita distanza dal Sahel, interessata allo sviluppo dell’asse ferroviario centro africano destinato ad unire la costa orientale a quella atlantica, sembrerebbe oggi orientata ad infilarsi in quel ginepraio sanguinoso. Per far cosa non si sa. I cinesi hanno piani sempre molto complessi.

Sulle implicazioni tra colonialismo e crisi africane e l’emergere di una cultura anti occidentale foriera di nuove alleanze in quel continente, segnalo un libro: Matteo Giusti, la loro Africa le nuove potenze contro la vecchia Europa. Castelvecchi ed; con una interessantissima prefazione di Sergio Romano che a più di 90anni è una colonna nei processi di interpretazione geopolitica.

Il colpo di stato in Niger

I colonnelli che hanno arrestato il presidente Bazoum compaiono nei vari social – ormai Zuckemberg è il nuovo editore di tutti i paramilitari del mondo – con le facce rassicuranti sostenendo che il paese andava salvato dal pericoloso mix tra corruzione e insicurezza. Mentre lo show è in corso Josep Borrel ( diciamo il ministro degli esteri della UE) definiva il golpe un tentativo di destabilizzare il Niger e minarne la democrazia. Di quale democrazia parli lo sa solo lui. In realtà il golpe sembrerebbe un’azione congiunta tra forze alternative al governo Bazoum sostenuto dagli interessi occidentali. Queste forze – per contro - non rappresentano nessuna volontà popolare, sono l’espressione delle mire russe nella zona, se non direttamente di Putin certamente della Wagner presente con forze massicce.

Se cade il governo il blocco degli interessi occidentali e delle multinazionali viene minacciato. Tajani definisce il Niger paese indispensabile per la stabilità della zona. Cioè: utile al mantenimento dello status quo di sfruttamento colonialista. Per contro gli interessi degli oligarchi russi – i masterpuppets di Putin - su quei paesi sono noti da tempo. In due anni hanno influenzato 5 colpi di stato nella zona e nei paesi limitrofi ( Mali-2020/2021; Guinea-2021; Burkina Faso – 2 nel solo 2022). Dunque lo scontro in Niger ed il conseguente golpe non è altro che il proseguimento di questa linea di condotta.

Sono in corso mentre scrivo (27-7-23) manifestazioni di piazza in sostegno a Bazoum. Povera gente manovrata ora da uno ora dall’altro imperialismo che rischia la vita sotto il tiro dei militari golpisti. Si dice che le diplomazie siano al lavoro. Non so che diamine significhi in pieno golpe, chi tratti con chi e di cosa. Ma di certo tra servizi segreti, militari e miliziani le strade di Niamey – la capitale del Niger- sono popolate di tipi esotici.

Qualche osservatore sostiene che questo ennesimo golpe dimostra la fragilità della democrazia in Africa. Sono sorpreso. Non mi ero accorto che ci fossero governi democratici in quel continente. Si vede che invecchiando mi sono fatto distratto oppure è invecchiata la mia concezione di democrazia. Delle due, una.

L’ennesima assenza dell’Europa

Onestamente è invecchiata anche la mia idea di Europa, intesa come unione forte capace di creare equilibrio in un mondo post globalizzato che si è immerso in un gigantesco troiaio.

La UE si è squagliata come neve al sole durante l’invasione dell’Ucraina ed ancora di più oggi con una posizione schiacciata sull’America dove tutti, anche la meloncina, vanno in pellegrinaggio. Per contro l’innocua Schlein, che già balbetta sulla fecondazione e sull’immigrazione, non ha espresso uno straccio di posizione chiara sul sostegno militare italiano alla guerra. Conte, francamente, non lo capisco molto. Dice cose anche di buon senso, ma poi non fa nulla di concreto. Da avvocato potrebbe denunciare la costante violazione dell’articolo 11 (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali). Chissà perché non lo fa.

Pacta sunt servanda, dice il diritto internazionale. Non c’è dubbio che Putin abbia fatto carta straccia degli accordi e sia, nella sua modesta statura, un gigantesco farabutto e pur vero che i nostri governi da Draghi ad oggi se ne sono catafottuti dei dettati costituzionali ( hanno violato gli articoli 1,4,9,11 e oggi con la riforma Nordio anche 101). Conte potrebbe fare un gesto di opposizione e denunciare i governi passati e presenti, portarli in tribunale. Certo non vincerebbe ma sarebbe un vero atto oppositivo, una vera dimostrazione di antagonismo fatta con gli strumenti che meglio conosce. Certo non me lo vedo in piazza col caschetto da minatore in testa e una bandiera in mano. Però, diamine, in un’aula di tribunale lo vedo eccome.

Ma ad una causa difficile il nostro preferisce rotonde e ben scandite dichiarazioni, anch’esse innocue. Si vede che al motto latino succitato l’avvocato preferisce un altro: canis canem non est.

In Niger si consuma l’ennesima violenza perpetrata a quei popoli africani stremati da 70 anni di violento neo colonialismo. Quando questa gente massacrata scappa e rischia la vita per fuggire da un inferno creato dal potere capitalista, li prendiamo pure a calci in bocca appena varcano quelle assurde frontiere inventate dal nazionalismo.

La UE intomba questi migranti nei lager africani od inglesi od italiani o francesi. Li abbandona a morire nei deserti od affogare in mare. Redige accordi con le democrazie nordafricane per creare dei bei campi profughi come in Turchia. Ma non fa l’unica cosa veramente importante.

Prendere posizioni chiare e dure contro ogni guerra, madre di ogni disastro. Le guerre sono inutili atrocità, non si vincono più. Quindi le perdono tutti? No, le multinazionali no. Le guerre mantengono lo status quo ed alimentano l’industria pesante. Le perdono, come sempre, i Popoli straziati dalle opzioni militari sostenute dall’imperialismo, dalle multinazionali e dalle anime pie. La UE è contenitore di tutte tre queste cose. Alla faccia di Altiero Spinelli che sognava l’unità per la Pace. L’unità si è fatta. E’ servita a spostare le guerre fuori dal perimetro, sparpagliandole in tutto il pianeta.

Ogni tanto leggo che, guardando avanti, si possono scorgere le forme di un futuro mondo distopico. A me pare che non ci sia nulla da aspettare o preconizzare. Rispetto alle utopie del passato – pace, riequilibrio sociale, terzomondismo, anti imperialismo- questo è un presente distopico.

Siamo qui nelle fiamme e nelle alluvioni, nelle guerre e nel caos. Nel crescere dell’imperialismo. Nella perdita della speranza.

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