Non c’è nulla di ciò che è accaduto negli ultimi anni, mesi, giorni sul fronte dell’anomalia italiana che non fosse prevedibile fin dall’inizio.
Quando noi movimentisti e girotondini scrivevamo che alla fine dell’avventura di B. avremmo dovuto passare anni a rimediare le macerie sociali e soprattutto istituzionali lasciate dal campione dell’interesse privato siamo stati indicati come allarmisti dai partiti e dagli organi di stampa democratici e di centrosinistra. Facevano a gara nell’irridere le nostre analisi e previsioni.
Ora fa piacere vedere come ciò che noi dicevamo stia diventando patrimonio comune anche tra i più moderati. Almeno in apparenza.
Vediamo esponenti della classe dirigente di centrosinistra -che non solo non hanno fatto nulla per fermare B. ma in vari momenti chiave (la sciagurata Bicamerale, la caduta dei due governi Prodi, l’unico che abbia battuto due volte il monopolista televisivo) hanno scelto le vie che più lo favorivano- parlare ora finalmente di pericolo per la democrazia.
Faranno sul serio? Ne trarranno le conseguenze obbligate?
D’Alema riscopre buon ultimo la necessità di un patto di tutte le forze impegnate a liberarci dall’anomalia italiana. Va bene: era l’ora. Ma preoccupa assai il primo dei suoi tre punti: un patto costituzionale per la riforma delle istituzioni. Che poi sarebbe il rafforzamento dell’esecutivo. Per il cui fine prospetta addirittura la possibilità di un referendum popolare per scegliere tra repubblica presidenziale e repubblica parlamentare.
Avremmo lottato allo spasimo per liberarci di chi ha inquinato in profondità la vita sociale e politica italiana per poi applicare il suo programma?