Il PD e l'abbraccio mortale con B.

di Pancho Pardi - 14/07/2013
Cronaca dei nostri giorni. Il PD si impegna a non andare mai al governo con Berlusconi e poi accetta di fare esattamente il contrario.

Bastava votare Rodotà al Quirinale (e non era mica un sacrificio!) e si sarebbero aperti altri orizzonti. Ma in realtà si ha un bell’illudersi e magari attribuire tutte le responsabilità delle larghe intese a Napolitano. Quelle del PD non sono inferiori a quelle del Presidente. E la votazione su Prodi lo dimostra: una robusta forza interna al PD ha preferito Berlusconi a Prodi. Di fatto, alla fine, il PD nel suo complesso ha preferito Berlusconi a Prodi.

Tutto ciò che accade è conseguenza di questo orientamento.

I cui vantaggi sono solo di Berlusconi. Con prevedibile cinismo gioca la più smaccata doppiezza: fa minacciare sfracelli dai suoi fantaccini e indossa la maschera della più pensosa responsabilità. Sostiene il governo Letta solo per il proprio comodo e perché non è sicuro di vincere future elezioni. Il PD è incartato e impotente. Costretto a sostenere il governo con assai maggiore energia di quanto faccia lo scomodo alleato, ha scarse possibilità di ricavare consensi crescenti e recuperare i milioni di voti perduti.

Gli ultimi avvenimenti confermano il senso di impotenza, anche di tutti coloro che vorrebbero tutta un’altra atmosfera ma non hanno gli strumenti e le forze per produrla. La sospensione dell’attività parlamentare richiesta era di tre giorni e alla fine il PdL ha dovuto accontentarsi di un giorno, si dice addirittura di tre ore. Ma non si può banalizzare la cosa e ridurla alla pausa di riflessione che una forza politica chiede di svolgere. E’ vero che le forze politiche si concedono reciprocamente questa possibilità in presenza di congressi, convegni, occasioni speciali. Ma qui si era di fronte a una minaccia: non solo la cretinata di occupare le autostrade ma una pressione preventiva contro la Cassazione e una complementare offensiva contro il Parlamento. Se poi il PD vuole minimizzare ci provi pure ma non si aspetti che i cittadini di centrosinistra se la bevano.

L’ultima è la proposta PD di porre un’alternativa secca tra proprietà televisiva e ruolo politico. E’ un’intempestiva novità il fatto che il partito prenda in considerazione l’argomento. Ma era esattamente venti anni fa che questa distinzione doveva diventare legge. Perché il Parlamento non volle assumere una decisione di qualità europea e si adattò a un costume da “repubblica delle banane”? E perché nel 2001 invece di scrivere una legge europea sul conflitto d’interessi il centrosinistra preferì dilapidare le sue ultime energie parlamentari nella discutibilissima riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione?

Certo separare in modo netto proprietà di mezzi di comunicazione e ruolo politico è elementare norma di civiltà. Ma poiché il PD non può farlo contro la volontà del PdL l’iniziativa suona come proposta-manifesto. Anzi, fa sorgere il dubbio che serva ad attenuare il disgusto degli elettori quando il PD si acconcerà tra breve ad accettare in Giunta per le elezioni l’eleggibilità di Berlusconi. Ma è un gioco triste: il PD propone nel futuro l’incompatibilità di Berlusconi con ruoli politici ma per il momento ingoia il rospo della sua eleggibilità.

La vicenda ha interrotto per breve tempo il cammino, anche questo anomalo, della riforma costituzionale. Ma prima o poi riprenderà. Come si possa fare la riforma della Costituzione con un soggetto che si ritiene incompatibile con ruoli parlamentari non sarà facile giustificarlo davanti ai cittadini di centrosinistra.

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