Fa una certa impressione leggere nel resoconto parlamentare la severa requisitoria del Presidente emerito Napolitano nella seduta inaugurale del Senato. Gli ultimi tre governi guidati dal PD vengono ritratti come incapaci di cogliere la sofferenza delle componenti deboli della società, intenti a una vana celebrazione dei propri meriti, inerti di fronte ai comportamenti corruttivi e clientelari diffusi durante la legislatura.
Una sintesi impietosa che pone la classe dirigente PD davanti ai suoi tragici limiti, costretta ad ammettere a denti stretti la verità della critica. Il risvolto ironico è evidente: un Presidente che aveva sempre ragione, qualsiasi cosa dicesse o facesse, non può non averla adesso.
Senza mancare di rispetto a Napolitano si potrebbe plaudire al suo ravvedimento operoso: non è stato soprattutto grazie a lui che i tre governi hanno vissuto e sopravvissuto? La sua critica non è in fondo anche un'ammissione autocritica? Si potrà dire: sempre meglio del PD che l'autocritica proprio non riesce a farla, o se la fa la limita al solo riconoscimento della innegabile sconfitta.
Ma nella requisitoria presidenziale manca l'elemento principale: la riforma costituzionale che anche lui ha fortemente voluto e, più in particolare, la legge elettorale Italicum, imposta dalla maggioranza col suo consenso. Legge elettorale che da Presidente non avrebbe dovuto ammettere perché stabiliva che gli italiani non avrebbero più eletto il Senato, prima ancora che la modifica costituzionale lo cancellasse. Ovvero un'eresia costituzionale: la riforma della Costituzione realizzata tramite legge ordinaria.
Di questa grave assenza nel ragionamento del Presidente emerito prendiamo atto: nessuno è perfetto. E del resto il popolo ha spazzato via tutto il 4 dicembre 2016.
Non stupisce invece che durante la requisitoria presidenziale il neo senatore Matteo Renzi facesse di tutto per non ascoltare, dedicandosi a lazzi, frizzi, lepidezze e futilità. Siamo umani: poveretto, deve ancora far dimenticare che in quella stessa aula si era presentato anni fa con le mani in tasca a dichiarare che sarebbe stata l'ultima volta che un presidente del consiglio sarebbe arrivato a chiedere la fiducia del Senato al suo governo. Ora, il solo stare seduto nel suo scranno è una genuflessione. Stia pure allegro: non si può pretendere che si cosparga il capo di cenere.