Sergio Cofferati può diventare lo Tsipras italiano. Ne è convinto
Maurizio Landini, leader della Fiom, che in una intervista al Corriere della Sera ha benedetto l'ex sindacalista e la sua decisione di strappare col Pd
dopo la denuncia di brogli alle primarie liguri. Da questo, però, a
ipotizzare la nascita di un nuovo partito di sinistra alternativo al
Partito di Matteo Renzi ce ne passa.
«Non penso a un nuovo partito, io penso invece a nuove forme di
aggregazione», ha spiegato Landini, «penso a tante persone che possono
finalmente tornare a partecipare, organizzandosi nella forme che più
ritengono opportune».
L'ERRORE DEL 2002. Così facendo, però, si rischia di
commettere nuovamente l'errore del 2002. «Quando Cofferati, al massimo
del suo successo, sbagliando, non prese le redini di un'azione di
massa». A ricordare la stagione del movimentismo di sinistra è Francesco
Pancho Pardi, ex senatore Idv e anima di quelli che furono i Girotondi.
«Ci siamo auto-bloccati in una logica indebolita. Ripetevamo che non
volevamo sostituirci ai partiti, ma essere solo uno stimolo alla
politica, una forza di pressione perché i partiti cambiassero». Oggi, a
distanza di 13 anni, a Lettera43.it Pardi ammette: «Col senno di poi, era meglio porsi da protagonisti sulla scena politica. Dovevamo avere più coraggio».
UN TRENO GIÀ PASSATO. Ora che Cofferati torna a dare
speranza a sindacati, ai reduci dei movimenti, e alla sinistra dem,
però, il treno potrebbe essere già passato.
«Sergio aveva avuto una grande occasione dopo il Circo Massimo e la
nostra Piazza San Giovanni», continua Pardi. «Aveva la possibilità di
imprimere una sterzata all'allora Pds. Rappresentare un'alternativa alla
linea dalemiana che ora, e mi fa ridere, è alla sinistra di Renzi. Ci
rinunciò andando a fare, con esiti non particolarmente convincenti, il
sindaco di Bologna. Sarebbe meglio che non ci fosse questo antecedente,
ma così non è...».
- Francesco Pancho Pardi.
DOMANDA. Adesso è troppo tardi per Cofferati?
RISPOSTA. Davanti alla sua decisione di uscire dal Pd ho una sensazione duplice e contraddittoria...
D. Quale?
R. Da un lato credo che lo scatto di Cofferati possa
contribuire a mettere in discussione il sistema Renzi. Ed è un bene
perché il premier non sta facendo altro che realizzare con gli interessi
il programma di Berlusconi e dei suoi uomini più fidati come Verdini.
D. Cofferati dunque come disturbatore?
R. Se c'è una possibilità di sparigliare le carte e Cofferati lavora per questo lo considero un bene.
D. Ma?
R. Ma dubito che si possa ricostruire una sinistra a
partire dall'appiccicatura di elementi della vecchia sinistra sconfitta.
Pezzetti di Sel, di Comunisti italiani, di sindacati e di movimenti. In
più con leader stagionati. Pure Vendola lo è...
D. Ma è ancora possibile ricostruire una sinistra?
R. Sono pessimista. Anche se continuo a considerare
vitale la necessità che i cittadini si facciano sentire e che i
movimenti riprendano fiato, al momento attuale non riesco a vedere
questa possibilità.
D. Però non è impossibile tout court.
R. Mi auguro che si faccia strada un'alternativa. Sono
contrario all'idea di un centrosinistra rappresentato da un partito con
una fortissima e spudorata vocazione centrista. Spero che si creino le
condizioni per sconquassare questa tendenza. Al momento però non c'è.
D. E Cofferati può aiutare almeno in questo?
R. Può anche accadere. Non sono però soluzioni
risolutive. Ma, ripeto, è positiva la contestazione alla linea renziana,
che è la più terribile di tutte.
D. Non crede che Cofferati abbia alzato la testa solo perché aveva perso le primarie?
R. Non penso proprio. Aveva sollevato, come lui stesso
ha raccontato, l'allarme al partito da molto tempo. Ma non ha ricevuto
nessun segno di ascolto. Poi quando ha visto il patatrack allora si è
arrabbiato. La sua decisione non è strumentale.
D. Però così è stata vista da molti esponenti del Pd e non solo.
R. Cofferati si è trovato a fronteggiare il peggiore renzismo a livello regionale.
D. La Liguria...
R. Sì, la vena affaristica del partito burlandiano e la sua vocazione di abbracciare il centrodestra non stupiscono.
D. E le primarie non si sono rivelate uno strumento efficace a portare un vero rinnovamento.
R. Le primarie rispecchiano una contraddizione del Pd:
o è il partito degli elettori o degli iscritti. Nel primo caso, il
partito perde la sua funzione e diventa una creatura nelle mani del
leader. Possono votare anche i nemici per falsare e orientare il
risultato.
D. Si è fatto il nome della candidatura alternativa di Carlo Freccero. È necessario un papa straniero?
R. Mi incuriosisce. Freccero è una persona di grandi
qualità intellettuali ma francamente mi pare poco adatto a rivestire un
ruolo di gestione politica. Se però è vero che la funzione fa l'organo
allora chissà: potrebbe pure uscire un politico di tipo nuovo.
D. Quanto a sconquassare il sistema, il Movimento 5 stelle ne ha fatto la sua ragione d'essere. Cosa ne pensa?
R. Sono autistici, troppo preoccupati della
contemplazione di se stessi. Con le elezioni hanno conseguito un
risultato colossale. E invece di agire, hanno cominciato a frantumarsi, a
scindersi.
D. Responsabilità anche del ticket Grillo-Casaleggio.
R. I diktat dei due sono nefasti per la libertà di
manovra del movimento. Una volta che si è in parlamento si deve fare
valere il fatto che si sta lì e non essere specchi di chi comanda da
Genova.
D. Insomma li boccia?
R. Ogni tanto ci provano a cambiare le cose, ma sono
impacciati. Per questo lo sconquasso del centrismo non può venire dal
M5s. Non sono attivi, sono contemplatori.
D. Anche la minoranza Pd pare navigare a vista, tra eterni
annunci di scissioni. Pippo Civati, per esempio, ha detto che «il caso
di Cofferati non è un caso».
R. Civati è un giovane e bravo parlamentare e confessa
di fare parte di una minoranza esigua. Ma perché il Pd si è consegnato
incaprettato a Renzi?
D. Ce lo dica.
R. Io mi sono fatto una idea brutale....
D. Siamo qui apposta.
R. Quando è comparso l'astro di Renzi, molti
parlamentari del Pd hanno pensato che con Enrico Letta non avrebbero
finito la legislatura. Con Renzi sì. E quindi si sono consegnati al
leader perdendo l'autonomia di pensiero.
D. Quindi Civati è in minoranza perché i suoi colleghi sono saltati sul carro del vincitore?
R. Sì. In più un sacco di persone sono finite in
parlamento grazie a una legge elettorale mostruosa, che ha eroso la
rappresentanza politica trasformandola nel diritto di nomina delle
segreterie. Normale che si comportino in modo servile.
«I girotondi? Dovevamo avere più coraggio»
D. Escludendo la politica di palazzo, la sinistra per rinascere deve ritrovare la piazza?
R. I movimenti devono tornare a farsi sentire.
D. Però i girotondi si sono estinti. Perché?
R. Ci siamo bloccati in una logica indebolita. Non
volevamo sostituirci ai partiti, ma essere una forza di pressione.
Invece sarebbe stato meglio porsi da protagonisti. E avere più coraggio.
D. È un mea culpa?
R. A quel tempo il movimento era troppo impacciato.
C'era voglia di fare ma al momento di incidere veramente sulle decisioni
politiche, cioè farsi eleggere, ci si bloccava.
D. Cioè?
R. I movimenti avevano infiniti distinguo al loro
interno, si diceva che nessuno doveva comandare e chi solo aspirava a
farlo veniva guardato con sospetto. Non abbiamo saputo esprimere una
direzione politica. È stato un errore. Forse non eravamo all'altezza del
compito.
D. Se non è Cofferati, Landini potrebbe diventare leader di questo universo?
R. È una persona di grande energia. Ma non credo che
si darà alla politica. Lo ha detto chiaramente più volte: non vuole
diventare capo politico.
D. E se cambiasse idea?
R. Temo che in Italia per i leader sindacali
trasformarsi in leader politici sia difficile. Forse questo non è uno
degli ultimi motivi per cui Cofferati rifiutò nel 2002.
D. Una futura sinistra quali priorità dovrebbe darsi?
R. Dovrebbe riuscire a mettere sabbia negli ingranaggi
della trasformazione delle istituzioni italiane. La combinazione della
riforma del Senato e della legge elettorale rischia di trasformare
l'Italia in una repubblica sgangherata dove il capo del governo ha un
potere senza limiti né controllo.
D. Anche lei grida al golpe?
R. Bè, il Senato sarebbe esautorato dal potere
legislativo. Resterebbe la Camera dove c'è un premio di maggioranza che
trasforma la minoranza, e cioè un partito, nella maggioranza. In più con
la legge elettorale a cui stanno lavorando, gli eletti saranno per due
terzi nominati dai vertici. Il parlamento sarebbe imboittito di gente lì
per obbedire.
D. Quindi l'obiettivo è fare fallire questo progetto.
R. Sì, il progetto renzian-berlusconiano. E non perché siamo nostalgici del vecchio Senato. La mia non è una difesa retrograda.
D. E cos'è?
R. Vorrei sottolineare che questi mentitori parlano di
Senato delle Regioni. Basta vedere l'attuale trasformazione del Titolo V
della Costituzione per capire che siamo davanti a una centralizzazione
totale dei poteri e a una vanificazione del poter elegislativo delle
Regioni.
D. Cosa intende esattamente?
R. Sottraggono molte materie al governo del territorio
e le passano nelle mani del governo. Sarà sufficiente organizzare le
Olimpiadi o un altro evento per dare l'ok a un'urbanistica d'accatto.
D. Quindi la sinistra deve difendere le autonomie?
R. Il nostro compito è opporsi alla riforma
costituzionale e lottare perché le autonomie possano rappresentare un
campo di esercizio della volontà popolare.
D. Altrimenti cosa si rischia?
R. Se sono strangolate allora tutto tornerà nelle mani del principe.
D. Il suo progetto è chiaro. Solo un dubbio: ci sono i numeri alle Camere per inceppare l'iter?
R. Tra l'elezione del presidente della Repubblica, la
legge elettorale e la riforma del Senato spero che l'ingranaggio ora
così oleato si inceppi. E il prestigio di Renzi venga intaccato.
D. Che fa gufa?
R. Dico solo che se questo accadesse allora lo
strapotere del governo sarebbe limitato. I numeri si vedranno. Ma la
china discendente che abbiamo imboccato deve essere interrotta. E non
escludo che possa uscire una personalità giovane finora oscurata
dall'astro di Renzi.