Comincia, col voto sugli emendamenti,l’ultima fase del percorso legislativo della riforma del Senato.
Con essa il Parlamento invece di dedicare le sue migliori energie alle difficoltà più pressanti del paese (lavoro, economia, gestione del territorio) si impegna a cambiare la sua ossatura istituzionale. Non lo chiede affatto l’Europa, preoccupata invece per la nostra salute economica.
Lo chiede il patto Renzi-Berlusconi.
Il punto di partenza è il più ferreo principio berlusconiano: non dà a chi governa gli strumenti per farlo. Sapete bene che non è vero. La prova l’avete in casa: i due governi Prodi sono forse caduti per colpa della Costituzione? La prova è anche fuori casa: l’enorme maggioranza berlusconiana della XVI legislatura è fallita per colpa della Costituzione?
Il corollario è: i governi non possono essere ostaggio di partiti piccoli o piccolissimi. Anche qui sapete bene che non è vero. Nelle crisi dei governi i killer sono forse i partiti piccoli ma i loro mandanti stanno proprio nelle maggioranze di governo.
In realtà chi non sa governare non vuole ammettere la propria inettitudine e rovescia le sue responsabilità sulla Costituzione.
Che il bicameralismo perfetto sia responsabile della difficoltà di governare è luogo comune in dimostrato. Causerebbe lentezze, ma si sono viste leggi vergogna approvate in pochi giorni. Renderebbe barocco il processo legislativo, ma non è responsabilità di una Camera se l’altra le invia leggi mal scritte. Cosa succederà quando l’unica Camera scoprirà di aver scritto male una legge ormai promulgata?
Avevate la possibilità di disegnare un Senato delle regioni, oppure un Senato delle garanzie. Non avete preso né l’una né l’altra via. All’elezione diretta avete preferito la nomina di un ristretto ceto politico nazionale da parte del largo ceto politico regionale. Vi siete impegnati ad attribuirgli una varietà eterogenea di poteri ma li avete resi vani di fronte al risolutivo voto della Camera.
In realtà il vero motivo per cui dovete declassare il Senato è la difficoltà di formarvi maggioranze certe. Ma ciò è il prodotto non della natura intrinseca del Senato bensì della peggiore legge elettorale mai concepita. Basterebbe cambiare in meglio la legge elettorale, ma vi apprestate invece a peggiorarla.
Con l’espediente della riforma del Senato sottraete a ogni vincolo e ogni controllo la restante unica Camera legislativa. La formate con liste bloccate di nominati dai vostri capi e l’elettore può solo decidere se votare o no, ma la scelta degli eletti sfugge alla sua volontà. La minoranza più grossa uscita dal voto diventa maggioranza artificiale con un enorme premio che solo con involontaria ironia può essere chiamato di maggioranza. E’ in realtà un vero e proprio premio alla minoranza.
E con esso una maggioranza artefatta può eleggersi il Presidente della Repubblica e, anche tramite i nuovi senatori di sua nomina (il 5% della futura assemblea, control’1,85 di quella attuale), determinare la composizione della Corte Costituzionale.
Espellete i partiti piccoli, e neanche troppo piccoli (fino al 7,9% dei suffragi!), dalla rappresentanza politica e vi appropriate del contributo dei partiti piccoli con voi coalizzati, che vi aiutano a raggiungere il premio, ma li tenete fuori dell’assemblea se si fermano al 4,4% dei suffragi. Così il voto di milioni di cittadini viene privato del diritto di rappresentanza.
Impedite la partecipazione civile con l’innalzamento da 250 mila firme per la presentazione di leggi d’iniziativa popolare e da 800 mila firme per i referendum abrogativi. Evidentemente il successo strabiliante dei referendum su acqua, nucleare e leggi vergogna, vi brucia ancora.
Dimenticate che l’assetto costituzionale, confermato dalla sovranità popolare col referendum del 2006, sta per definizione a difesa e garanzia del cittadino e a limitazione del potere. Adottate invece una visione secondo la quale la democrazia si realizza soprattutto nella capacità di formare un governo, riducendo la rappresentanza politica a elemento di sfondo.
Col declassamento del Senato producete una dittatura della maggioranza a sua volta sottoposta alla volontà del suo capo. Disegnate una democrazia ridotta alla scelta di un capo ogni cinque anni.
Avete deciso di sostenere il vostro segretario nazionale al ruolo di capo del governo con la speranza che con lui a avreste potuto concludere la legislatura. Prima della decisione eravate ancora padroni del vostro destino. Ora non lo siete più. Avete un capo che vi impone la sua volontà prima ancora di essere eletto. Si comporta come se fosse già eletto direttamente dal popolo e vi ricatta: o votate la riforma o salta la legislatura.
Poniamo che votando la peggiore deformazione costituzionale dell’età repubblicana riusciate a guadagnarvi la fine regolare della legislatura. Ma il futuro si prospetta più difficile: l’elementare legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi scoraggia le speranze. Quanti degli attuali senatori potranno spodestare qualcuno tra i 630 deputati che sperano a loro volta, con la loro fedeltà blindata, nella conferma alla Camera? E’ dura: gli attuali 315 senatori e 630 deputati devono pigiarsi per occupare i soli 630 seggi della Camera. Qualcuno di loro potrà tentare di divenire consigliere regionale o sindaco per aspirare a entrare nei 100 del nuovo Senato, ma non sarà facile.
Vale la pena sottoporsi a un’avvilente umiliazione per l’obbiettivo finale di realizzare la deformazione costituzionale sempre voluta da Berlusconi?
Pensate che il vostro elettorato vi ricompensi per questa scelta?
Non capite che la vostra fretta per strozzare la discussione in aula degli emendamenti vi fa uguali in tutto e per tutto a Berlusconi?
Non vi viene il dubbio che l’elenco dei vostri nomi potrebbe essere scolpito nell’albo nero dei decostituenti?
Ricordate che la vostra elezione-nomina è avvenuta grazie a una legge che è gravata da pesanti profili di incostituzionalità.
Vi auguro di sapervi fermare prima di stravolgere una Costituzione che non avete il diritto di toccare.
Pancho Pardi