Occuparono il liceo Augusto: puniti con il sette in pagella. Così sul Messaggero del 21 gennaio. L'argomento è di tono minore ma ogni tanto vale pena occuparsi anche di queste cose. Se si legge l'articolo si viene a sapere che il sette in condotta è stato dato anche a chi aveva votato in assemblea l'occupazione e poi non vi aveva partecipato. E chi aveva votato per l'occupazione una seconda volta ha ricevuto il sei in condotta.
La voglia di repressione viene motivata con la necessità di far cessare i fenomeni di indisciplina e bullismo. Chi sostiene queste misure si accredita come difensore degli studenti deboli e indifesi di fronte alla prepotenza dei loro compagni prepotenti sopraffattori. E si appella alla solidarietà delle famiglie che dovrebbero appoggiare misure a vantaggio dei loro figli, prede di incontrollate violenze.
Ma la mistificazione si svela senza difficoltà. Le nuove "griglie di valutazione del comportamento" rivelano precisa intenzione di sottoporre a norma stringente il diritto al dissenso. Mettere sullo stesso piano bullismo e occupazione di scuole significa fin dall'inizio voler confondere invece di chiarire. Confondere la violenza individuale di un soggetto sulla sua vittima con la volontà corale di azione democratica. Certo, se l'occupazione genera distruzione della scuola abbiamo di fronte azioni che non possono essere né approvate né tollerate. Ma tutte le occupazioni degli ultimi anni seguivano un galateo ben diverso, che prevedeva perfino le pulizie collettive.
Una pedagogia intelligente dovrebbe riconoscere alle occupazioni funzioni di utilità didascalica e maturazione intellettuale, e magari anche sentimentale. Rifugiarsi dietro la formula "è reato bloccare le lezioni" significa rinunciare a capire le ragioni di lotta, che possono essere fondatissime, e il valore euristico dell'azione collettiva.
Sorvegliare e punire l'azione collettiva conferma e rafforza il costume dell'individualismo scemo, arroccato dentro la vuota presunzione di sé, circondato dall'idiozia della famiglia protettiva a tutti i costi. Famiglie, nonne e mamme, che aggrediscono a calci e pugni l'insegnante che ha osato rimproverare la loro unica, meravigliosa e irripetibile prole. Fatti che si accumulano in cronache grottesche dove spicca la pretesa della famiglia che il suo frutto non possa essere sottoposto a critica.
I collegi di professori che si apprestano a stilare le nuove "griglie di valutazione" allo scopo di bloccare l'azione collettive sappiano che l'individualismo li ringrazierà in modi molti diversi da quelli che si aspettano.