Col consueto opportunismo non ha esitato a rinnegare le sue posizioni di qualche giorno prima (Gheddafi bombardava il suo popolo e lui diceva: non posso disturbarlo). Ora costretto a cambiare opinione spera che ci si dimentichi del suo servile baciamano al dittatore libico.
Ma quell’inchino resterà per sempre accanto al gesto della mitraglietta mimato contro la giovane cronista russa che aveva osato chiedere a Putin chiarimenti sulla morte di Anna Politkoskaia.
Berlusconi ammira e invidia i dittatori. Invidia il loro dominio incontrollato, la loro libertà dagli impacci delle assemblee elettive.
Ora deve ingoiare il rospo della critica di Napolitano sul Milleproroghe e ne approfitta per lamentare la scarsità dei suoi poteri: il suo decreto era uscito come un cavallo purosangue e l’aula l’ha fatto diventare un ippopotamo. A parte l’arbitrarietà denigratoria a danno dell’innocente ippopotamo, come al solito mente: gli emendamenti dell’opposizione sono stati quasi tutti bocciati e il decreto è stato riscritto dagli emendamenti affaristici della sua maggioranza. La stessa che alla Camera non si è vergognata di approvare la balla sulla nipote di Mubarak. Con l’aiuto dei trasformisti (ir)responsabili: oggi in aula il transfuga Misiti ha cercato e ottenuto la sua stretta di mano; per conservarne l’impronta stasera sarà capace di non lavarsela?
Con la menzogna sui suoi poteri inesistenti il monopolista minaccia stravolgimenti costituzionali e la riduzione all’obbedienza della Corte Costituzionale. Così il finto liberale rivela una volta di più la sua natura. E al tempo stesso le sue pretese spropositate. A chi dubita della serietà della situazione italiana è bene ricordare che tanto più il personaggio è ridicolo tanto più è pericoloso che resista al vertice del potere politico. Il mondo ci osserva con sempre più malcelato compatimento. Ma anche senza avvertire il disprezzo della comunità internazionale, cresce la necessità di liberarsi dall’anomalia italiana.