L’istantanea dell’altro giorno. Vedere Scilipoti col telefonino in mano per ascoltare la voce del padrone e farla ascoltare alla pattuglia degli (ir)responsabili fa venire in mente, ma solo per un momento, l’abiezione.
Subito dopo prevale la pena. Penserà davvero di essere protagonista? O verrà sfiorato dal dubbio di apparire come inserviente del cellulare? Ma no, dall’espressione intenta sembra che voglia dire: vedi Capo come sto attento? (E gli altri intorno, compreso il grande industriale scelto da Veltroni: vedi Capo come stiamo attenti? Che cosa non si fa per un ministero…)
Dopo essere stato per dieci anni nel partito che più di tutti ha lottato contro l’anomalia italiana, che sensazione darà al portatore di telefonino approdare allo stuolo degli adoratori appagati, o a pagamento, dell’anomalo in persona?
Avrà la percezione fuggevole che, arrivato alla corte tra gli ultimi, potrebbe essere rapidamente destinato al sottoscala della casa delle libertà e sostituito dal prossimo signor nessuno? Oppure, preda di illusione machiavellica, conterà sul successo del proprio cinismo?
E che dire di Misiti? A non più di un anno da un convegno pubblico in cui si sperticava in lodi per Di Pietro ministro delle infrastrutture ora conta di diventare viceministro delle infrastrutture nel governo della coalizione opposta, alle dipendenze dell’avversario principale di quello che fino a pochi mesi fa era il suo partito. Cammino laborioso: dal sindacato scuola della Cgil alla corte del puttaniere di palazzo chigi.
Certo il padrone è munifico. Misiti, per fare lo spiritoso, nell’intervista telefonica rilasciata a Repubblica buttava là: voglio venti milioni di euro per le Grandi Opere, e fare il ministro, o il vicemistro, o il sottosegretario.
Quanto al ruolo, la seconda che hai detto, Misiti. Ma i venti milioni arriveranno? Con quali riti? In quali siti, Misiti?