Nominati tutti i vertici della Rai meno quelli della Rete 3. Tutte le nomine, comprese quelle degli inutili nuovi vicedirettori, sono l’espressione diretta del centrodestra. Tanto che Berlusconi ai giornalisti Rai ha chiesto: vi trovate bene con i direttori che vi ho appena nominato? Non gli è stato fatto rilevare che almeno secondo le leggi dell’apparenza le nomine erano opera del CdA Rai e del suo direttore generale Masi, catapultato dalla segreteria di Palazzo Chigi al vertice delle reti pubbliche. Nemmeno Masi ha ritenuto di commentare l’amabile battuta del padrone.
Nomine dosate all’interno del centrodestra in preciso rapporto al peso degli alleati da accontentare: dose maggiore al padrone e dosi conformi alla Lega e alla componente AN del PdL; qualche briciola agli alleati minori.
In questo contesto adeguato al Fattore B, Aldo Grasso, esperto di TV per il Corriere della Sera, ha pensato bene di fare la lezione all’opposizione e in particolare al PD. Voi dite di continuo che l’informazione in Italia è tutta nelle mani di Berlusconi (e detto così si capisce che per Grasso è un’esagerazione); allora non sarebbe bene che rinunciaste all’esercizio della lottizzazione che criticate nella maggioranza?
Dato che la Rete 3 spetta a voi, invece di aspettare l’esito del congresso PD e indicare le nomine per Rete e TG a seconda di chi lo vincerà, non sarebbe bello se agiste per far nominare professionisti di assoluta capacità e indipendenza? Dimostrereste così che vi sta a cuore la validità dell’azienda pubblica e che non avete intenzioni lottizzatorie.
Il ragionamento suonerebbe più convincente se Grasso lo avesse fatto prima di tutte le nomine già fatte e se ne avesse messo in rilievo la totale partigianeria. Di più, per rispetto della verità avrebbe dovuto partire dalla condizione originaria delle nomine Rai. Che è molto semplice: quando il centrodestra è all’opposizione ha quattro reti e quattro TG, perché gli tocca un terzo della Rai che si somma al pieno possesso delle reti Mediaset, mentre al vincente centrosinistra toccano due reti e due TG Rai. Quando al contrario il centrosinistra è all’opposizione può sperare al massimo in una sola rete e in un solo TG. Insomma la legge della lottizzazione Rai è fin dall’inizio asimmetrica e il centrodestra vince anche quando perde. Quando vince la lottizzazione si esercita quasi per intero al suo interno e sconfina nell’appropriazione privata del bene pubblico. Da qui l’inevitabile ascesa di chi per servilismo perfetto si impegna, come Minzolini, a negare la sua stessa professione eliminando le notizie sul giro di donne a pagamento nelle abitazioni del presidente del consiglio.
Ma Grasso vola troppo alto per preoccuparsi di simili trivialità. Colpisce però che di fatto l’aspirazione a un’informazione non soggetta alla politica debba essere confinata solo nella Rete 3.
Resta sempre aperto il problema delle cariche in questa rete. Ma non ci sono gradi di libertà. O davvero si attende il congresso PD per aspettare l’indicazione delle nomine gradite, o si fa finta che Masi decida in piena autonomia oppure sappia divinare in anticipo le risultanze del congresso. Necessita un aruspice a viale Mazzini?
Un ultima nota. Stupisce che nessuno rilevi come la lottizzazione sia, oltre che asimmetrica, largamente imperfetta: identificare l’opposizione con il solo PD lascia fuori dai giochi IdV, un partito salito nelle ultime europee all’8%. Se ne ricava che la Rai non si lottizza in rapporto proporzionale alla rappresentanza politica ma in base alle regole non scritte del riconoscimento reciproco di affidabilità tra maggioranza e opposizione, anche questo naturalmente asimmetrico. Ma piuttosto che da uno strapuntino in portineria del TG 3 le voci libere sapranno farsi sentire nel rapporto diretto con la cittadinanza.