UN "NO" E UN "SI" PER UNA SOLA BATTAGLIA

di Pancho pardi- Ilfattoquotidiano - 10/01/2016
DUE REFERENDUM Con uno si blocca il nuovo SEnato nel 2016, con l'altro si abroga l'Italicum nel 2017. RIUNIONE DEI COMITATI LUNEDI 11 ALLA CAMERA

"Se nel prossimo referendum d'autunno la riforma del Senato non viene approvata vado a casa". Così continua a ripetere Renzi. Così la riforma costituzionale, che dovrebbe essere materia riservata al dibattito parlamentare, non solo è stata scritta, male, sotto dettatura del governo ma diventa addirittura condizione obbligata per la sua sopravvivenza.
Ma cos'ha di speciale questa cosiddetta riforma? Toglie al Senato l'attività legislativa principale e la facoltà di votare la fiducia al governo, entrambe riservate solo alla Camera, e lo trasforma nell'Assemblea delle Regioni e delle autonomie locali. 
In realtà siamo di fronte a una riforma col trucco. Se si voleva superare il bicameralismo la soluzione più limpida era eliminare del tutto il Senato. Quanto all'assemblea delle regioni il modello già sperimentato con successo era quello tedesco, il Bundesrat, dove sono rappresentati i governi regionali. Invece è stato inventato un Senato ibrido, formato da 74 consiglieri regionali, eletti nei consigli regionali, 21 sindaci eletti dai loro colleghi e 5 nominati, per 7 anni, dal Presidente della Repubblica: un dopolavoro per una casta politica di dubbia qualità. Non solo: un'assemblea di scarsa legittimità, perché non eletta dai cittadini, investita al tempo stesso di pochi e troppi poteri. Pochi perché il suo specifico terreno di competenza, la dimensione territoriale, è sovrastato dal potere della Camera di legiferare anche su quello: il governo del territorio non spetta alle regioni ma al governo centrale! Troppi perché questo Senato, sottratto alla sovranità popolare, interviene addirittura sulle future riforme costituzionali.
Se poi si voleva davvero ridurre i costi della politica non si capisce perché di fronte a un Senato ridotto a 100 componenti la Camera sia stata lasciata nella pienezza della sua composizione originaria: 630 deputati.
Ma alla fine il confronto delle cifre esprime una sua secca verità: il Senato conta poco, la Camera è tutto. Resta allora da vedere se la Camera sia fondata sul rispetto della rappresentanza politica. E qui c'è l'altro trucco. Il modo di formazione della Camera non sta in questa riforma costituzionale, ancora da approvare, ma nella legge elettorale già approvata dal Parlamento. Questa, detta Italicum, è perfino peggio del precedente Porcellum, già sanzionata dalla Consulta come parzialmente incostituzionale. Due terzi circa dei membri della Camera sono nominati dalle segreterie dei partiti prima del voto; la più grossa delle minoranze ottiene 340 seggi su 630 grazie al premio di maggioranza. In nome della governabilità la rappresentanza politica è gravemente distorta; la sovranità popolare è sottomessa al potere di un solo partito dominato dal suo leader. O il premierato assoluto o vado a casa: Renzi va preso in parola e l'Italia può benissimo fare a meno di lui.
Ma è necessario non sottovalutare che la lotta contro questo disegno antidemocratico è per forza di cose  distinta in due azioni separate. Nell'autunno 2016 ci sarà il referendum confermativo sulla sola modifica del Senato e chi non sarà d'accordo esprimerà un NO. Ma solo nell'anno successivo potrà esserci il referendum abrogativo sull' Italicum e chi non sarà d'accordo esprimerà un SI. C'è una logica unitaria da tener viva nell'opinione pubblica: sia il Senato sia la Camera sono sottratti alla sovranità popolare e questa viene sottomessa al premierato assoluto. Il Comitato per il NO nel referendum del 2016 e il Comitato per il SI del 2017 sostengono una battaglia civile e culturale unitaria a salvaguardia della sovranità popolare.

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