I sostenitori della Pace a tutti i costi lo ammettano: Trump è il perfetto esecutore della loro linea “Niente armi all’Ucraina!”. I severi critici del capitalismo guerrafondaio devono riconoscere che lo smisurato capitalista della Casa Bianca è l’interprete più accurato dei loro desideri: lascia il paese invaso, distrutto e ora disarmato in preda all’offensiva russa. E’ andato per la via breve: invece di togliere le armi all’aggressore le ha tolte all’aggredito. Non solo, ha mostrato acida ostilità verso chi si aspettava di essere difeso e si è sperticato in complimenti verso il nemico. L’Ucraina sperimenta il vecchio detto: con amici così non c’è bisogno di nemici. Un altro tabù caduto: gli USA guerrafondai affondano la guerra “per procura” alla Russia in un confortante abbraccio di prossime relazioni affaristiche. Altro che guerra, Business! E infatti il vicepresidente Vance afferma: “il modo migliore per impedire una nuova invasione russa è permettere agli americani di fare soldi in Ucraina”. Più chiaro di così…
Poche righe per il colore. Nella stampa sale il coro delle giustificazioni, dal comportamento personale alla geopolitica. Nel litigio dello studio ovale non ha maramaldeggiato Trump, ha sbagliato Zelensky! Doveva profondersi in ringraziamenti, doveva parlare ucraino, non doveva ribattere in inglese, doveva vestirsi elegante…Geopolitica: Trump abbraccia Putin per staccarlo dalla Cina, e se l’Ucraina ci rimette pazienza. Un piccolo stato va in briciole, ma il mondo ne guadagna una nuova armonia tra grandi potenze…
Torniamo alle cose serie. Molti ragionamenti sulla pace sono basati su una revisione di comodo del passato. Spicca qui il mito del negoziato di Istanbul nel 2022, di poco successivo all’invasione dell’Ucraina. Da voce incerta e poco documentata è diventato certezza storica di riferimento. In cambio della rinuncia alla Nato e alla garanzia di completa e durevole neutralità dell’Ucraina, la pace era lì a portata di mano: mancava solo la firma. Poi Boris Johnson si mise di mezzo e la guerra non finì più. Questo è un punto che sfida la ricerca e l’accuratezza filologica. Sarebbe interessante un dibattito tra i sostenitori di questa tesi e i giornalisti, storici, diplomatici che la ritengono priva di fondamento se non addirittura mezzo propagandistico a favore dell’inesistente disponibilità della Russia. Questa in realtà era allora disponibile solo per altre cose: aveva appena invaso la sua vittima, aveva appena fatto la strage di Bucha e si sarebbe accontentata di promesse verbali? C’è qualcosa che non torna. Intanto ci si dimentica che nelle condizioni di Istanbul c’era anche lo stato di fatto sul campo. La Russia non avrebbe mai rinunciato a ciò che aveva già sottratto: le parti acquisite del Donbass e la Crimea in cui aveva celebrato la farsa del referendum. Il fantomatico accordo di Istanbul sanciva soltanto e con clamore il successo russo nella violazione del diritto internazionale e l’assoluta mancanza di sicurezza futura dell’Ucraina. Si poteva fare finta di nulla? Ma c’è una contraddizione ancora più plateale: come si può sostenere la disponibilità al negoziato in quel momento se ancora oggi, dopo tre anni che hanno fiaccato l’Ucraina, il suo abbandono brutale da parte degli USA non è ancora in grado di portare Putin a al tavolo della trattativa?
Nella posizione di chi vuole la pace a tutti costi c’è un’altra aporia logica. Si vorrebbe una nuova iniziativa di Europa-Ucraina per un negoziato con la Russia. Come si può pensare che mentre il capitalismo postdemocratico USA attende che Zelensky capitoli di fronte alle sue smisurate pretese, il capitalismo senza democrazia della Russia folgorato da improvvisa bontà acceda alla richiesta di negoziato avanzata dall’Europa priva dell’appoggio USA? Si vuole sognare un patto per il disarmo paritetico tra Europa e Russia perché si teorizza che la Russia non può essere nemica all’Europa, quando la realtà smentisce questa attitudine smodatamente fiduciosa. E poiché il disarmo paritetico è del tutto impossibile allora l’unica reale prospettiva è la trasformazione dell’intera Europa in una gigantesca Svizzera neutrale. Dovremmo affidarci alla speranza che la neutralità impietosisca l’impero asiatico neosovietico di Putin?