E’ morto Claudio Lazzaro, il 29 luglio scorso in ospedale a Cagliari, assistito dalle figlie Diana e Gaia. La notizia, trovata su Dagospia insieme a un suo bel ritratto, ci ha fulminato. Quando l’abbiamo conosciuto nei primi anni del 2000 aveva già alle spalle una lunga carriera giornalistica, svolta soprattutto all’Europeo e poi al Corriere della Sera, da cui alla fine era stato anche inviato in Kossovo e Iraq. Era il tempo dei Girotondi contro le leggi vergogna di Berlusconi e fu lui a cercarci. Si stabilì subito un rapporto di grande simpatia. Aveva lasciato il Corriere e lavorava come free lance cimentandosi in ricerche per realizzare documentari. Attività impegnativa che dette poi i suoi frutti con Camice verdi (sulla Lega secessionista) e Nazirock. Tra di noi era l’unico giornalista ed era di grande aiuto nel farci tenere a mente i non sempre evidenti risvolti mediatici del nostro ruolo e delle nostre azioni.
La sua presenza nelle riunioni di Liberacittadinanza si rivelava preziosa. L’impressione istantanea fin dall’inizio era data dalla sua voce. Profonda, calma, cordiale era il perfetto strumento per esprimere la sua vocazione di ragionatore analitico capace di formulare domande originali e trovare sintesi. Ispirava fiducia, si poteva contare su di lui. Poi è venuta l’amicizia, anche con sua moglie Elena. Quando nelle successive metamorfosi dei movimenti emerse il Popolo Viola i due insieme realizzarono un vivace documentario sulla grande manifestazione che attraversò Roma. Nel frattempo Claudio doveva lottare contro le conseguenze prodotte dal carattere scomodo dei suoi documentari, accolti con successo dai movimenti e attaccati con viva ostilità da leghisti e fascisti. In particolare Nazirock lo costrinse in una lunga causa con vari contrastanti esiti, gravi anche sotto il profilo economico. Alla fine ne usci vincitore, anche grazie a un bravo avvocato che aveva sostenuto con vigore la sua scelta di non arrendersi dopo i primi gradi di giudizio a lui sfavorevoli. Di questa vicenda ci dava sobri riassunti, senza mai indugiare in vittimismo. Anche in questa storia, al tempo stesso privata e pubblica, Claudio ha con fermezza rappresentato la fiducia nella lotta.
Purtroppo in seguito è stato costretto a impegnarsi in una ben diversa lotta contro il male. E qui nonostante tutta la sua voglia di vivere ha dovuto soccombere. Abbiamo perduto un compagno e un amico insostituibile, venuto meno all’improvviso quando ancora si pensava a prossimi necessari appuntamenti. Questa sottrazione imprevista e brutale acuisce il dolore. Lo conserveremo vivo e affettuoso. così com’era, nel ricordo.