Il carcere e la Persona umana

di Rosario Patanè - 12/08/2024
Sessantacinque suicidi più sei dei poliziotti carcerari nei primi otto mesi dell’anno interrogano la nostra Coscienza di Cittadini laici, credenti, agnostici che siano ed esigono una risposta.

Sta per aprirsi la settimana più attesa dopo il Natale, quel Ferragosto che la nostra società del consumo e della superficialità ha del tutto privato della sua alta valenza simbolica spirituale e sacra preparandosi a quella sorta di sfogo sociale che è stato creato nei decenni.

Sessantacinque suicidi più sei dei poliziotti carcerari nei primi otto mesi dell’anno interrogano la nostra Coscienza di Cittadini laici, credenti, agnostici che siano ed esigono una risposta.

Non posso eludere di testimoniare il mio sentire di figlio della Costituzione Repubblicana e della sublime Nuova Novella di una antico Ebreo Palestinese al pensiero di quelle carceri italiane quintessenza della negazione di qualsiasi umanità, di qualsiasi diritto naturale, di qualsiasi fede che non sia ipocrita e sedativa del nostro più profondo dovere di Cristiani e di Democratici .

Assistiamo alla devastazione di ogni pensiero giuridico, filosofico, positivo, storico sorvolando bellamente sull’estrema inammissibile sofferenza dei fratelli che, pur colpevoli di qualsivoglia delitto, restano proprio per questo figli “privilegiati” della Misericordia e della civiltà giuridica.

Il Magistero civile della Costituzione non contempla la parola “ carcere” e circa il debito da pagare non parla di “pena” ma declina al suo plurale proprio perché affida ad esse un contenuto possibile e vario derivante dal principio ineludibile del divieto di trattamenti inumani e l’obbligo ( “ devono “ ) tensione rigorosa alla rieducazione e alla riparazione .

Il Magistero della Chiesa per bocca del Pontefice Francesco esprime un severo memento alla “cautela in poenam“ e al principio sacro che tutta la Giustizia non è tale se non concepita e attuata “pro homine“

Le due grandi direttrici civili e morali che reggono la nostra società convergono sul primato della Persona umana.

“..nessuna pena può mai estinguere un peccato, solo il perdono che viene da Cristo può portare la pace alle coscienze…” ( Papa Francesco discorso alla delegazione dell'associazione internazionale di diritto penale il 23 ottobre 2014 ).

Non può bastare l’adempimento dell‘opera di misericordia corporale verso i carcerati ; non è solo, nel migliore dei casi, pietà; non è affatto oblio del delitto causato. Ma la pena che coincide con la detenzione non può essere una retribuzione né morale né civile ma solo una considerazione sbagliata di “giustizia” diciamolo pure chiaramente, è la forma di ”vendetta” affidata allo Stato.

Ma sulla vendetta non si costruisce nessuna Società umana. Ce lo ha insegnato già l’illuminismo con il pensiero profondo di Cesare Beccaria: “..Il fine delle pene non è di fomentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Le strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già consumate? Ma non è altro che d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. .dunque quel metodo d’infliggerle deve essere prescelto che, serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sulle anime degli uomini, la meno tormentosa sul corpo del reo ( Beccaria ”Dei delitti e delle pene” cap.12 )



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